Dopo poco più di un anno dalla richiesta formulata dalla Commissione europea, la Corte di giustizia ha reso l’atteso parere sul progetto di accordo di adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea sui diritti dell’uomo (contenuto nell’ultimo rapporto del gruppo ad hoc formato dai 47 Stati membri del Consiglio d’Europa e dalla Commissione europea, c.d. “47+1″).
Come prevedibile, il parere della Corte è stato negativo (nonostante il “sì” condizionato che aveva espresso l’avvocato generale Kokott nella sua presa di posizione); meno prevedibile era, invece, che la Corte affossasse del tutto i risultati prodotti dai lunghi negoziati partiti ormai nell’estate del 2010.
I giudici di Lussemburgo, infatti, dopo una lunga premessa (paragrafi 153-177), volta a sottolineare la “particolarità” dell’ordinamento dell’Unione, hanno ritenuto che il progetto di accordo fosse incompatibile con il diritto primario dell’Unione sotto i profili relativi (1) alle caratteristiche specifiche e all’autonomia del diritto UE, (2) all’art. 344 TFUE, (3) al meccanismo del secondo convenuto, (4) al previo coinvolgimento della stessa Corte di giustizia e (5) al controllo giurisdizionale in ambito PESC.