Seminario di studio “Nuove prospettive nella definizione dei mercati: free e pay TV”- Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano 9 febbraio 2015i
L’incontro, organizzato dall’Università Bocconi di Milano, ha riguardato la tematica della nuova definizione dei mercati rilevanti nel settore dei media secondo l’analisi antitrust, alla luce dei mutamenti che hanno investito questo ambito, anche a seguito dell’ingresso dei nuovi player.
Il seminario è stato così bipartito: nella prima parte, presieduta da Federico Ghezzi (Università Bocconi), le relazioni dei proff. Michele Polo e Augusto Pretta, e gli interventi del Presidente AGCM Pitruzzella, del Presidente Agcom Cardani, e dei proff. Filippo Donati e Lapo Filistrucchi dell’Università di Firenze; nella seconda parte, è stata prevista una Tavola Rotonda, presieduta e moderata da Oreste Pollicino (Università Bocconi), alla quale hanno partecipato Marcello Dolores (Discovery), Gina Nieri (Mediaset), Francesco Nonno (Telecom), Stefano Parisi (Chili), Luca Sanfilippo (Sky) e Andrea Stazi (Google).
Le conclusioni sono state ad opera del Prof. Giuseppe Franco Ferrari dell’Università Bocconi di Milano.
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Lo scorso 9 febbraio, presso l’Università Bocconi di Milano, si è tenuto il Seminario di studio ”Nuove prospettive nella definizione dei mercati: free e pay TV”.
Dopo i saluti iniziali di Federico Ghezzi, la relazione iniziale, svolta congiuntamente dai proff. Augusto Pretta e Michele Polo, ha messo in luce i cambiamenti del mercato audiovisivo, verificatisi non solo a seguito della merger Newscorporation/Telepiù (M. 2876/2003), ma anche dell’avvento del consumo della televisione “via internet”. L’evoluzione del settore dei media ha riguardato numerosi aspetti (dai contenuti ai ricavi pubblicitari), che hanno portato operatori ed esperti a non ritenere più il predetto mercato come unitario.
Il Presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) Pitruzzella ha tracciato la linea di confine dell’attività svolta dall’Autorità di concorrenza rispetto alle competenze attribuite a quella di regolazione (la quale, più che la concorrenza, persegue la tutela del pluralismo). L’AGCM ha riconosciuto l’esistenza di alcune differenze, rispetto all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (“Agcom”), nella definizione del mercato; in particolare, quest’ultima contempla tra le fonti di finanziamento del mercato televisivo il canone Rai, che l’AGCM, invece, ritiene fonte “non contendibile”.
Inoltre, l’Agcom distingue a seconda che la raccolta pubblicitaria sia effettuata da operatori free o pay; l’AGCM, per contro, formula una valutazione di tipo “oggettivo”. Ciononostante, Pitruzzella propone di realizzare una base di studio comune tra le due Autorità interessate per la definizione del mercato televisivo, così come già accaduto, recentemente, in occasione dell’Indagine Conoscitiva sulla banda larga (IC 48 del novembre 2014).
Il Presidente Agcom Cardani ha, a sua volta, messo in evidenza la diversa qualificazione del mercato rispetto all’AGCM: l’Agcom, infatti, si basa su un mercato definito artificialmente (Sistema integrato sulle comunicazioni), mentre l’AGCM identifica il mercato attraverso uno studio di tipo empirico – economico del gioco concorrenziale.
Aldilà della diversa qualificazione del mercato, l’intervento di Cardani ha proseguito nel solco di quanto affermato da Pitruzzella sostenendo che, effettivamente, l’AGCM ha come fine ultimo il mantenimento della concorrenza nel settore, mentre per l’Agcom ciò rappresenta uno strumento per garantire il pluralismo. D’altro canto, l’AGCM è chiamata a valutare la condotta abusiva di un operatore che agisce in posizione dominante su un determinato mercato; l’Agcom, invece, “combatte” la stessa creazione della dominanza, a prescindere dal carattere di abusività della stessa. Per fronteggiare il cambiamento in atto, Cardani è intenzionato a segnalare al Parlamento le norme che necessitano di un aggiornamento in modo da tenere adeguatamente conto dei recenti sviluppi; per la medesima ragione, ha avanzato l’ipotesi di addivenire ad una nuova definizione dei mercati rilevanti (in sostituzione dei cinque individuati nella Delibera Agcom n. 555/10/CONS).
Queste tematiche sono state riprese dal prof. Filippo Donati, che ha fatto anche un interessante – seppure sintetico – accenno ad un’altra problematica di rilievo, ossia quella concernente la net neutrality, la cui disciplina di matrice comunitaria presenta molteplici differenze rispetto al modello statunitense (come rilevato, successivamente, anche da Francesco Nonno).
Il prof. Lapo Filistrucchi, al termine della prima parte del Seminario, ha rilevato come, quanto agli investimenti pubblicitari, non si possa sempre delineare una netta sostituibilità tra operatori solamente in virtù della loro natura soggettiva (free, pay, incaricati di servizio pubblico, ecc.), ma occorra espletare una valutazione caso per caso (a suo avviso, sarebbe opportuno riflettere su cosa accadrebbe includendo, ad esempio, i soggetti che operano attraverso internet).
Marcello Dolores (Discovery) ha aperto la Tavola Rotonda (che ha costituito la seconda parte dell’Incontro), ribadendo la oramai evidente distinzione tra i due mercati, che sembra essere confermata dalla nozione di ‘multipiattaforma’ che ha sostituito quasi completamente il concetto di ‘multicanalità’. Ha, altresì, auspicato una “light e common regulation” per ridurre le asimmetrie normative, un maggiore ricorso allo strumento della co – regolazione, oltre ad una lotta decisa al fenomeno della pirateria (su questo ultimo punto, si è espresso negli stessi termini anche Stefano Parisi).
Gina Nieri (Mediaset) ha insistito sulla necessità di modificare l’attuale apparato regolatorio, non più in linea con i cambiamenti avvenuti. Con riferimento al mercato (la cui incertezza, quanto alla sua definizione, ha generato l’adozione di provvedimenti spesso avviati sulla base di presupposti inconferenti rispetto alla fattispecie esaminata), appare, pertanto, fondamentale identificarne uno unico (che riguardi contenuti, pubblicità e audience), al cui interno ricomprendere anche gli operatori over the top (OTT), allentando la regolazione e definendo regole chiare, certe e applicabili a tutti (non come attualmente accade, ad esempio, per la direttiva sui contenuti audiovisivi che, come noto, ad oggi non riguarda gli OTT).
In tal senso si sono anche espressi Francesco Nonno (Telecom) e Stefano Parisi (Chili). In particolare, Parisi sostiene che la digitalizzazione sia ormai fenomeno concreto e consolidato e che le normative esistenti siano sproporzionate (il riferimento è ad alcune disposizioni apparentemente più favorevoli agli operatori verticalmente integrati, come ad esempio, Telecom) e del tutto inadeguate a garantire un fisiologico e auspicabile sviluppo dei nuovi player, che dovranno essere ricompresi nella nuova definizione del mercato, senza, tuttavia, subire la presenza di ostacoli di carattere regolatorio – normativo (come nel caso dell’acquisizione dei contenuti, con particolare riferimento ai film “nuovi” o da poco usciti nelle sale cinematografiche).
Luca Sanfilippo (Sky), attraverso alcuni esempi concreti (riguardanti, in particolare, gli obblighi normativi in materia di pubblicità)[1], dimostra l’esistenza di una palese contraddizione circa la definizione del mercato in questione come unitario, tale da costituire un ostacolo alla predisposizione delle scelte di business da parte delle aziende interessate, nonché allo sviluppo dell’intero settore.
Infine, Andrea Stazi (Google) ha sottolineato come la diffusione di contenuti via web abbia effettivamente incrementato il livello di pluralismo (concetto ancora recentemente ribadito dal documento della Commissione europea “Media Pluralism Monitor”).
Le conclusioni sono state affidate al Prof. Giuseppe Franco Ferrari.
[1] Tra le diverse e numerose “anomalie del sistema” (dovute, per l’appunto, ad una quantomeno incerta qualificazione del mercato come unitario), il relatore ha ricordato: 1) l’auto-oscuramento sul satellite da parte di Rai della propria programmazione con finalità meramente ostruzionistiche nei confronti di Sky; 2) la sostanziale uguaglianza tra il volume di pubblicità mandata in onda durante una partita di Coppa Italia (tradizionalmente trasmessa sui canali free) e una di campionato (diffusa sui canali pay); 3) con riferimento agli obblighi in materia di affollamento pubblicitario, la gestione di alcuni canali o programmi passati dalla trasmissione sui canali free a quelli pay (e viceversa) o, come nel caso di SkyTG24, diffusi indifferentemente attraverso entrambe le tipologie di canali; 4) la richiesta di informazioni, inoltrata dall’AGCM a Sky, in materia di pubblicità ingannevole circa, tra l’altro, la mancata informazione da parte della stessa Sky al consumatore della diffusione sui canali free di alcune partite di Champion’s League.