Viola l’art. 117, terzo comma, Cost. la norma regionale che riduce il novero delle prestazioni chirurgiche per le quali gli studi medici ed odontoiatrici sono tenuti a munirsi di autorizzazione obbligatoria, in contrasto con i principi fondamentali posti dal legislatore statale.
È fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge della Regione Abruzzo 17 aprile 2014, n. 21 (Modifica alla legge regionale 31 luglio 2007, n. 32, recante “Norme regionali in materia di autorizzazione, accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private” e modifica della legge regionale 18 dicembre 2012, n. 64), nella parte in cui, modificando l’art. 2, comma 1, lettera e), della precedente legge regionale n. 32 del 2007, sostituisce la lista delle procedure chirurgiche eseguibili in regime ambulatoriale, di cui all’”Allegato B4″ della legge della Regione Abruzzo 23 giugno 2006, n. 20 (Misure per il settore sanità relative al funzionamento delle strutture sanitarie ed all’utilizzo appropriato dei regimi assistenziali del macrolivello ospedaliero e territoriale e per la loro regolazione), con il nuovo elenco di cui all’”allegato A”.
La disposizione regionale, infatti, esonerando dall’autorizzazione gli studi professionali eroganti le prestazioni non più comprese nel nuovo elenco, si pone in contrasto con i principi fondamentali in materia di tutela della salute di cui all’art. 8-ter, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).
Più nel dettaglio, la norma censurata modifica l’art. 2, comma 1, lettera e), della l.r. n. 32/2007, il quale detta il regime autorizzatorio per l’esercizio di attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private, nel quadro della disciplina statale di riordino della materia sanitaria di cui al d.lgs. n. 502 del 1992.
A propria volta, l’art. 8-ter del d.lgs. n. 502 del 1992, inserito dall’art. 8, comma 4, del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell’articolo 1 della L. 30 novembre 1998, n. 419) e successivamene modificato dall’art. 8 del d.lgs. 28 luglio 2000, n. 254 (Disposizioni correttive ed integrative del D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, per il potenziamento delle strutture per l’attività libero-professionale dei dirigenti sanitari), assoggetta ad autorizzazione la realizzazione di strutture e l’esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie, ivi inclusi gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie “ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un concreto rischio per la sicurezza del paziente”.
Conformemente alla disciplina di principio statale, la normativa abruzzese previgente alla impugnata l.r. n. 21/2014, dettata dall’art. 2, comma 1, lettera e) della l.r. n. 32 del 2007, richiedeva l’autorizzazione con riferimento alle diverse attività sanitarie elencate nell’”Allegato B4″ della l.r. n. 20/2006, riconducibili alle categorie previste dall’art. 8-ter, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, come modificato dal d.lgs. n. 229 del 1999.
Con la novella contestata, invece, è stata espunta dall’ambito di applicazione dell’autorizzazione obbligatoria una serie di prestazioni eseguibili in regime ambulatoriale, tra cui gli interventi di chirurgia plastica della palpebra, numerosi interventi dentali e ortodontici, e la gengivoplastica.
Nel ridurre il novero delle prestazioni chirurgiche per le quali gli studi medici ed odontoiatrici sono tenuti a munirsi di autorizzazione obbligatoria, la disciplina regionale censurata si pone quindi in contrasto con gli artt. 8 e 8-ter del d.lgs. n. 502 del 1992, quali principi fondamentali in materia di “tutela della salute”, come peraltro già precedentemente affermato dalla Corte relazione ad analoghe disposizioni della medesima Regione Abruzzo (Corte cost., sent. n. 245 del 2010).