Corte costituzionale, sentenza n. 17 del 2014, circa la mobilità del personale regionale

30.05.2014

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione, degli artt. 1, comma 1, e 2, commi 5, 6 e 7, della legge della Regione Abruzzo 28 dicembre 2012, n. 71 (Misure per il contenimento dei costi della selezione del personale nella Regione Abruzzo, modifica alla legge regionale n. 91/94 e disposizioni per il funzionamento della Struttura del Servizio di Cooperazione Territoriale – IPA).

 

Il ricorrente ha dedotto, in primo luogo, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della citata legge regionale, laddove si dispone la proroga dell’efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici fino al 31 dicembre 2014, previsione ritenuta in contrasto con l’art. 1, comma 388, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che fissa il predetto termine di scadenza al 30 giugno 2013, donde la denunciata violazione dell’articolo 117, terzo comma, Cost. Tuttavia, successivamente alla proposizione del ricorso, la disciplina contenuta nella norma interposta richiamata dal Governo è stata modificata, nel senso di prorogarne il termine (in un primo momento sino al 31 dicembre 2013, indi, sino al 31 dicembre 2016). Per questo, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge della Regione Abruzzo 28 dicembre 2012, n. 71, per difetto sopravvenuto d’interesse a ricorrere.

 

Il ricorrente ha, inoltre, sollevato questione di legittimità costituzionale nei confronti delle disposizioni di cui ai commi 5, 6 e 7 dell’art. 2 della legge reg. n. 71 del 2012, che ha sostituito l’art. 19 della legge della Regione Abruzzo 6 dicembre 1994, n. 91 (Norme sul diritto agli studi universitari in attuazione della legge 2 dicembre 1991, n. 390).

In particolare, il comma 5, perché stabilisce che, in caso di mancato rinnovo o mancato conferimento dell’incarico, il personale dirigente presente nei ruoli delle aziende per il diritto allo studio universitario è considerato in esubero e transita direttamente nei ruoli regionali. Tale previsione sarebbe difforme dalle procedure previste per le eccedenze di personale dall’art. 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Ne risulterebbe la lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva l’«ordinamento civile», e quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile e dai contratti collettivi, alla competenza esclusiva dello Stato.

Inoltre, il ricorrente dubita della legittimità costituzionale dei commi 6 e 7 dell’art. 2 della legge regionale in oggetto, laddove si prevede che, in caso di assenza o impedimento del dirigente, le funzioni di quest’ultimo siano svolte, per tutto il tempo dell’assenza o impedimento, dal funzionario con il grado più elevato che abbia i requisiti per l’accesso alla qualifica dirigenziale, con riconoscimento al sostituto, per il periodo di svolgimento delle predette funzioni, del trattamento economico spettante al dirigente.

 

Quanto alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 5, della legge reg. Abruzzo n. 71 del 2012, La Corte ne ha dichiarato la fondatezza, ritenuto che la norma regionale impugnata considera in esubero i dirigenti delle aziende per il diritto allo studio universitario, presenti nei ruoli di tali enti, ai quali l’incarico non sia stato rinnovato o conferito. Conseguentemente, essa regola, con una propria disciplina, il passaggio diretto di personale dall’anzidetta azienda regionale alla Regione. Realizza, cioè, una fattispecie che sarebbe, invece, da ascrivere alle eccedenze di personale delle pubbliche amministrazioni e alla mobilità collettiva regolate dal d.lgs. n. 165 del 2001. In particolare, dall’art. 33 – da ultimo novellato dall’art. 16, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012) – e dal successivo art. 34-bis, aggiunto dall’art. 7, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione).

Una tale ipotesi di trasferimento unilaterale del personale dirigente di ruolo dall’azienda regionale all’amministrazione regionale s’inquadra perfettamente nella dinamica del rapporto di lavoro e del relativo regime ed è, quindi, riconducibile in modo piano alla materia dell’«ordinamento civile», e invade, quindi, una sfera di competenza legislativa che l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. riserva esclusivamente allo Stato.

 

Per ragioni analoghe la Corte ritiene, altresì, fondata la questione di legittimità dei commi 6 e 7 dell’art. 2 della legge reg. n. 71 del 2012, che dispongono l’assunzione temporanea delle relative funzioni, in caso di assenza o impedimento del dirigente, da parte del funzionario di grado più elevato con i requisiti per l’accesso alla qualifica dirigenziale, con attribuzione a quest’ultimo del trattamento economico spettante al dirigente.

La normativa in oggetto regola una specifica ipotesi di assegnazione di personale ad altre mansioni (nella specie di rango dirigenziale), che tipicamente attiene allo svolgimento del rapporto di lavoro. Ne concreta, cioè, una modificazione temporanea con riguardo al contenuto della prestazione lavorativa. Trattandosi di un mutamento provvisorio di mansioni, la relativa disciplina rientra, dunque, nella materia del rapporto di lavoro e, per esso, dell’ordinamento civile. Neppure in questo caso, peraltro, la normativa regionale si conforma a quella statale, quale risulta dalle disposizioni dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dalle corrispondenti previsioni della contrattazione collettiva di riferimento.

In conclusione, le disposizioni regionali in oggetto, regolando un aspetto specifico del mutamento di mansioni che interviene nel corso del rapporto di lavoro, e facendolo oltretutto in contrasto con l’anzidetta disciplina della legge statale e della contrattazione collettiva di comparto, sconfinano in un ambito, quello dell’«ordinamento civile», che è di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

Pertanto la Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dei commi 5, 6 e 7 dell’art. 2 della legge reg. n. 71 del 2012.

A cura di Giovanna Perniciaro

 

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