Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5423, depositata il 4 novembre u. s., ha riformato la decisione di primo grado, con la quale il Tar Lazio[1] aveva accolto i ricorsi proposti da Linea Distribuzione s.r.l. (“Linea Distribuzione”) e Enel Rete Gas s.p.a. (ora, a seguito di mutamenti societari, “E. On Rete”), operanti nel settore della distribuzione del gas naturale, avverso gli atti del procedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (in seguito, anche “AGCM” o “l’Autorità”) relativo all’accertamento e alla sanzione[2] di un comportamento restrittivo della concorrenza, in violazione dell’art. 2 della legge n. 287/1990.
La segnalazione, pervenuta dal Comune di Casalmaggiore, che aveva indetto una gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas per sé e per altri sette comuni limitrofi[3], riguardava il diniego di accesso posto da E. On Rete con riferimento all’impianto di cui era gestore uscente nei confronti dei soggetti invitati alla procedura di gara[4]. In data 2 marzo 2011, l’Autorità ha avviato un procedimento onde verificare la liceità della condotta di E. On Rete e Linea Distribuzione, gestori uscenti del servizio nei territori interessati dalla gara, consistente, in sostanza, nella partecipazione congiunta alla suddetta gara in associazione temporanea di imprese (ATI), con l’intento di spartirsi il mercato, sebbene disponessero entrambe dei requisiti per parteciparvi autonomamente alla stessa.
Sulla base delle evidenze probatorie ottenute dall’Autorità, il rifiuto opposto da E. On Rete all’accesso all’impianto poteva, infatti, rientrare in una strategia restrittiva della concorrenza, posto che la scelta operata dalle due Società di partecipare in ATI alla gara in questione sembrava rappresentare l’esito di un coordinamento per la ripartizione del mercato, essendo le stesse gestori uscenti del servizio nei territori interessati dalla nuova gara, la quale, a sua volta, non sembrava presentare alcuna particolarità o specificità che potesse giustificare il raggruppamento in ATI.
Il Consiglio di Stato affronta le questioni principali emerse nel giudizio di primo grado; in primis, quella relativa alla definizione del mercato rilevante. Tale definizione non è – né può essere – connotata soltanto “in senso meramente geografico o spaziale, ma è relativa anche e soprattutto all’ambito nel quale l’intento concorrenziale ha, o avrebbe, capacità di incidere e attitudine allo stravolgimento della corretta dinamica concorrenziale, sicché, nelle ipotesi di intese restrittive della concorrenza […] la definizione del mercato rilevante è direttamente correlata al contesto in cui si inquadra il comportamento collusivo tra le imprese coinvolte”.
Nel caso di specie, secondo quanto accertato dall’Autorità, “l’unica forma di concorrenza possibile è quella relativa alla partecipazione alle gare per l’affidamento delle concessioni venute a scadenza”, ragion per cui il mercato rilevante coincide con la singola gara, poiché è in tale ambito che va valutato il comportamento dei concorrenti.
La seconda questione meritevole di interesse riguarda l’individuazione dello scopo del raggruppamento “nell’intenzione di ripartirsi il mercato”.
Infatti, secondo quanto puntualmente rilevato dal Consiglio di Stato, se è vero che l’ordinamento, in generale, non vieta i raggruppamenti sovrabbondanti (ossia, composti da più operatori individualmente4 già in possesso dei requisiti di partecipazione alla gara), “è anche vero che l’uso di strumenti consentiti in via generale non è di per sé neutro, ben potendo esserne apprezzato il concreto esito, anche e soprattutto alla luce del principio della tutela della concorrenza”.
Osserva ancora, sul punto, il Consiglio di Stato che “i comportamenti lesivi della concorrenza ben possono essere posti in essere attraverso un uso di facoltà e/o diritti riconosciuti dall’ordinamento, dei quali si faccia un uso strumentale, non coerente con il fine per il quale sono attribuiti: fine che, nel caso di specie, si è concretizzato nella restrizione della concorrenza per la partecipazione alla gara”.
Orbene, nella fattispecie in esame, appare dirimente “che le due società raggruppate erano i precedenti gestori, in esclusiva, del servizio per i Comuni destinati a confluire nel medesimo, più ampio, ambito territoriale, e che l’ATI, non necessaria per la partecipazione alla gara, assicurava il mantenimento della medesima ripartizione del bacino di azione”. Inoltre, alcuni documenti acquisiti dall’Autorità in sede ispettiva (in particolare, l’atto costitutivo dell’ATI), confermano l’esistenza di un accordo volto a fare sì che “ognuna delle due società avrebbe continuato a gestire in maniera autonoma il servizio di distribuzione del gas esattamente nei Comuni nei quali aveva in precedenza la concessione”.
Da ultimo, circa la modalità di quantificazione delle sanzioni irrogate, il Consiglio di Stato ha confermato il corretto operato dell’Autorità nell’avere preso in considerazione il “volume annuale del fatturato relativo alle concessioni di cui trattasi, moltiplicato per gli anni di durata della nuova concessione”[5].
[1] Tar Lazio, Sez. I, n. 4478/2013.
[2] Con Provvedimento n. 2794 del 2 agosto 2012, l’Autorità ha irrogato complessivamente a E. On una sanzione di 1.205.308 euro e a Linea Distribuzione una sanzione di 129.675 euro. Le capogruppo delle due società coinvolte (Eon Italia s.p.a. e Linea Group Holding s.r.l.) sono state ritenute responsabili in solido con le proprie controllate.
[3] Sulla concessione del servizio di distribuzione del gas, si richiamano il D.ls. n. 164/2000, il D. l. n. 159/2007 (convertito in legge n. 222/2007), il D. l. n. 135/2009 (convertito in legge n. 166/2009), nonché il decreto del Ministro dello Sviluppo Economico 19 gennaio 2011 che determina gli ambiti territoriali minimi per la distribuzione del gas (ATEM).
[4] Ciò In ragione di un preteso diritto di ritenzione del gestore uscente fino alla definizione dell’indennizzo da riconoscere allo stesso e alla relativa liquidazione. Il Comune, non essendo in condizione di permettere alle imprese interessate alla gara di accedere all’impianto di E. On Rete, anche onde evitare azioni di responsabilità, aveva predisposto una dichiarazione, sottoscritta dalle stesse imprese, in cui si attestava l’irrilevanza del sopralluogo per la predisposizione dell’offerta, alla luce della documentazione fornita che consentiva, comunque, un’adeguata valutazione dello stato dei luoghi e degli impianti.
[5] Le modalità di quantificazione dell’importo delle sanzioni in esame appare in linea anche con le recenti Linee Guida in materia di cui l’Autorità si è voluta dotare (Cfr. Provvedimento AGCM del 22 ottobre 2014 “Linee Guida sulla modalità di applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità in applicazione dell’articolo 15, comma 1, della legge n. 287/90”).