Il Tribunale Ue, settima sezione, è intervenuto, con sentenza del 14 marzo 2014, nelle cause riunite T-292/11, T-293/11, T-296/11, T-297/11, T-302/11, T-305/11 e T-306/11, sui confini del potere riconosciuto alla Commissione dall’art. 18 del regolamento n° 1/2003 concernente l’applicazione delle regole sulla concorrenza in materia di intese ed abusi di posizione dominante.
La controversia prende le mosse dal procedimento avviato dalla Commissione europea il 6 dicembre 2010 nei confronti di alcuni imprenditori del mercato del cemento e dei calcestruzzi a seguito di alcune ispezioni effettuate presso i locali aziendali nei mesi del novembre 2008 e settembre 2009, ed a seguito del quale il regolatore europeo ha contestato la restrizione dei flussi commerciali nello Spazio economico europeo (SEE), includendo restrizioni delle importazioni verso il SEE provenienti da paesi non SEE, ripartizione del mercato, coordinamento dei prezzi e connesse pratiche anticompetitive nel mercato del cemento e dei prodotti ad esso correlati.
Ebbene, il 30 marzo 2011, la Commissione adottava diverse decisioni ai sensi dell’art. 18 del regolamento n° 1/2003 chiedendo agli imprenditori interessati di rispondere ad un questionario sulle presunte infrazioni commesse, utilizzando un formato vincolante.
Avverso tali decisioni ricorrevano gli imprenditori interessati, dinanzi al Tribunale UE, evidenziando, tra i più disparati motivi di doglianza, la circostanza che la Commissione non avesse specificamente indicato i motivi per i quali stesse richiedendo dette informazioni, lamentando delle modalità esplorative, arbitrarie e sproporzionate.
Ebbene, su questo specifico aspetto, il Tribunale ha ritenuto di dover rigettare le eccezioni dei ricorrenti rilevando come, nella fase di istruzione preliminare, destinata fisiologicamente alla raccolta degli elementi pertinenti ed idonei a confermare o meno l’esistenza di un’infrazione alle regole della concorrenza e di prendere una prima posizione sull’orientamento e sul prosieguo del procedimento, la Commissione non fosse tenuta ad avere in possesso elementi che dimostrassero l’esistenza di un’infrazione, essendo sufficiente che gli indizi fossero atti a generare un ragionevole sospetto circa il verificarsi della stessa.
Nondimeno, alcuni ricorrenti lamentavano l’eccessiva onerosità del lavoro da svolgersi per la compilazione dei formulari inoltrati dalla Commissione, evidenziando che la mole di informazioni da comunicare non fossero, per buona parte, di immediata formulazione, ma imponessero specifiche valutazioni derivanti da dati quantitativi e qualitativi.
Sul punto, il Tribunale ha evidenziato che una simile censura non potesse esser considerata rilevante dovendosi riconoscere, quale unico limite all’esercizio di tale potere da parte della Commissione, il divieto di richieste sproporzionate ovvero di concessione di termini per il riscontro insufficienti per fornire materialmente una risposta.
In tal modo, il Tribunale ha, dunque, individuato limiti particolarmente ampi del potere di richiedere informazioni riconosciuto alla Commissione europea dall’art. 18 del regolamento n° 1/2003, rafforzando, di fatto, il potere investigativo di detta istituzione nel settore della concorrenza.
Le sentenze del Tribunale UE sono consultabili sul sito
http://curia.europa.eu/jcms/jcms/j_6/ .
Per leggere il comunicato stampa del Tribunale UE, si consulti il seguente link: http://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2014-03/cp140035it.pdf