a cura di Cristina Fasone
Durante la seduta notturna del 29 gennaio 2014 della II Commissione permanente, Giustizia, della Camera, i deputati del gruppo M5S, non componenti della Commissione medesima (gli iscritti al gruppo che sono anche membri di take Commissione sono 8 su 106), hanno provato ad entrare nell’aula della Commissione per partecipare ai lavori della stessa.
Quando il tentativo di ingresso in aula è stato posto in essere, la Commissione Giustizia stava esaminando in sede referente il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 146 del 2013, “Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria” (C. 1920), poi approvato con modificazioni in prima lettura dalla Camera il 6 febbraio 2014 e quindi approvato in via definitiva dal Senato il 19 febbraio 2014. In particolare, la Commissione stava procedendo all’esame e all’approvazione di emendamenti all’art. 3 del decreto-legge per quanto concerne il diritto di reclamo dei detenuti, tema su cui la Commissione aveva svolto precedentemente audizioni che non avevano però fornito indicazioni univoche sulla opportunità della norma per come formulata.
Il deputato Bonafede (M5S) è quindi intervenuto sull’ordine dei lavori, rilevando come molti colleghi del suo gruppo intendevano prendere parte alla seduta, ma che il loro ingresso in aula era stato impedito. Chiedeva pertanto alla Presidente della Commissione, Ferranti (PD), di consentire a che “i colleghi interessati a seguire la seduta [fossero] fatti entrare nell’aula della Commissione giustizia” ovvero di disporre “che la Commissione [proseguisse] i propri lavori presso la Sala del Mappamondo”, essendo quest’ultima decisamente più capiente dell’aula dove si svolgevano i lavori. Egli, inoltre, collegava tale richiesta e l’elevato “livello di tensione” che si registrava tra i componenti del suo gruppo anche con la seduta antimeridiana dell’Assemblea e soprattutto con “l’atteggiamento tenuto dalla Presidente della Camera” durante l’esame in Aula del decreto-legge n. 133 del 2013, “Disposizioni urgenti concernenti l’IMU, l’alienazione di immobili pubblici e la Banca d’Italia” (C. 1941). Peraltro, l’invito alla Presidente della Commissione Giustizia a dare seguito alla richiesta veniva rafforzato, secondo l’on. Bonafede, in ragione della “particolarità della situazione e per non contribuire ad elevare ulteriormente lo stato di tensione”.
La Presidente Ferranti, in un primo momento, si è quindi limitata a constatare l’impossibilità di accogliere ulteriori deputati, non membri della Commissione, nell’aula della Commissione medesima, viste le sue dimensioni, e di trasferirne i lavori in altra sede con effetto immediato, per la necessità di verificare la disponibilità di altre aule. Inoltre, la Presidente ha affermato che “nella fase di dichiarazione di voto” – come quella in corso – “non è necessaria la partecipazione se non dei componenti la Commissione o dei loro sostituti”.
A seguito, poi, delle affermazioni dell’on. Molteni (LNA) a supporto della ragionevolezza della richiesta dell’on. Bonafede e che, ribadendo l’interesse per il tema, oltre che il diritto, di tutti i deputati di partecipare alla seduta, ha preannunciato l’ingresso in Commissione anche di componenti del proprio gruppo, la Presidente Ferranti ha dato lettura dell’art. 38 r.C. Tale articolo – a prescindere, dunque, dalla fase di esame del provvedimento in Commissione in cui ci si trova – vieta ai deputati che non sono membri della Commissione in questione (o loro sostituti) di partecipare ai lavori della stessa (comunque senza diritto di voto), a meno che ciò non sia stato previamente comunicato dal gruppo di appartenenza al Presidente di Commissione; comunicazione che nel caso in commento non era pervenuta, nel non nel corso della seduta.
Preso atto del diniego della Presidente Ferranti e avvertendo che in caso di mancato rispetto della strategia – “ostruzionistica, ma legittima” – del M5S il gruppo ne avrebbe tratto le inevitabili conseguenze, il deputato Bonafede ha chiesto infine la convocazione dell’Ufficio di presidenza della Commissione, integrato dai rappresentati dei gruppi, al fine di stabilire il trasferimento della seduta in una sede che consentisse la partecipazione di altri parlamentari.
La Presidente Ferranti, rilevando la condotta aggressiva dei deputati del M5S, ha sospeso la seduta “in attesa di completare la verifica sull’eventuale disponibilità di altre aule più capienti”.
L’indomani, 30 gennaio 2014, la seduta della Commissione Giustizia, convocata alle 8.30 presso l’aula della Commissione, è stata rinviata alle 10.15 presso la nuova Aula del Palazzo dei Gruppi parlamentari perché l’on. Ferraresi (M5S), pur non essendo un componente della Commissione, ha preso posto nel banco della presidenza, mentre altri membri del suo gruppo, componenti di altre Commissioni, tentavano l’ingresso in aula, impedendo pertanto all’organo di lavorare.
Una volta iniziata la seduta della Commissione, seppur in una sede diversa da quella ordinaria, per consentire una partecipazione “allargata” ai lavori, la Presidente Ferranti ha reso noto di aver informato la Presidente della Camera dell’accaduto e che l’impedimento opposto dai deputati del M5S allo svolgimento delle funzioni legislative da parte di un organo parlamentare “può avere profili di rilevanza penale”. Vista la condotta gravemente ostruzionistica dei deputati del M5S, da un lato, e la necessità di concludere prima possibile l’esame in Commissione del decreto-legge, da trasmettere ancora al Senato in prima lettura e il cui termine di conversione era previsto per il 21 febbraio, dall’altro, la Presidente di Commissione ha dichiarato di voler mettere immediatamente ai voti il conferimento del mandato al relatore a riferire in Assemblea in senso favorevole al provvedimento, così come modificato dagli emendamenti approvati sino a quel momento, considerandosi respinti tutti gli altri.