Corte costituzionale, sent. 10 giugno 2014, n. 162, che dichiara l’illegittimità costituzionale del divieto di fecondazione eterologa stabilito dalla legge n. 40 del 2004

10.05.2014

Dichiarazione d’illegittimità costituzionale dell’art. 4, co. 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), nella parte in cui stabilisce per la coppia di cui all’art. 5, co. 1, della stessa legge, il divieto del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, qualora sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute e irreversibili. La disposizione censurata lede irragionevolmente la libertà fondamentale della coppia di formare una famiglia con figli.

Con la sentenza in esame la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale del divieto di ricorrere a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, sancito dall’art. 4, co. 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita). Tale divieto si pone in contrasto con una pluralità di parametri costituzionali, da considerare congiuntamente: gli artt. 2, 3, 29, 31 e 32 Cost.

Sul piano del diritto alla salute, la Corte chiarisce come «l’impossibilità di formare una famiglia con figli insieme al proprio partner, mediante il ricorso alla PMA di tipo eterologo, possa incidere negativamente, in misura anche rilevante, sulla salute della coppia», da intendersi anche come salute psichica, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale. La Consulta aggiunge poi che «Non si tratta di soggettivizzare la nozione di salute, né di assecondare il desiderio di autocompiacimento dei componenti di una coppia, piegando la tecnica a fini consumistici, bensì di tenere conto che la nozione di patologia, anche psichica, la sua incidenza sul diritto alla salute e l’esistenza di pratiche terapeutiche idonee a tutelarlo vanno accertate alla luce delle valutazioni riservate alla scienza medica, ferma la necessità di verificare che la relativa scelta non si ponga in contrasto con interessi di pari rango».

In ogni caso, la lesione del diritto alla salute non è di per sé sufficiente a determinare l’illegittimità costituzionale del divieto in esame. Secondo il Giudice delle leggi, essa deriva invece dall’assolutezza del divieto, frutto di un irragionevole bilanciamento degli interessi in gioco. In particolare, il divieto di ricorso alla fecondazione eterologa determina una limitazione della libertà fondamentale della coppia di formare una famiglia con figli, senza che la sua assolutezza sia giustificata da esigenze di tutela del nato, già adeguatamente considerate dalla legge n. 40 del 2004.

Dalla dichiarazione d’illegittimità costituzionale non deriva comunque una possibilità generale di ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo; vi si può infatti ricorrere solo nell’ipotesi in cui sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute e irreversibili e sussistano tutte le altre condizioni previste dalla legge n. 40 del 2004.

a cura di Giuliano Sereno


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