Roma, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Auditorium, via Monteverdi, 35).
Il 7 marzo 2013 si è svolto, presso l’Auditorium dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, un convegno intitolato “I Servizi di Interesse Economico Generale in Italia- Architettura delle gare- Regolazione dei mercati- Incentivi e controlli”. L’incontro è stato strutturato in quattro parti, un’introduzione su “Cosa ci si può aspettare dalle aste?”, e tre sessioni denominate rispettivamente, “Il trasporto pubblico locale: efficienza della gestione e qualità del servizio”, “Il partenariato pubblico-privato e la realizzazione delle infrastrutture” e “Informazioni al pubblico su gare e condizioni di aggiudicazione: come assicurare la trasparenza?”.
Il convegno è stato aperto dall’indirizzo di saluto del Presidente dell’AGCM, Giovanni Pitruzzella, il quale, dopo aver ringraziato i relatori, Salvatore Rebecchini (Commissario AGCM) e il Professor Alberto Heimler (Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione), introduce i temi trattati nel corso dell’incontro, tra cui la necessità della formulazione di una nuova disciplina dei servizi pubblici locali, il rapporto esistente tra liberalizzazione e strumento dell’In-house Providing e il partenariato pubblico-privato, sottolineando altresì il grande interesse ed impegno che materie di questo tipo hanno costantemente rivestito per l’Autorità, da sempre favorevole all’attuazione del principio di liberalizzazione delle modalità di gestione dei servizi pubblici. In seguito il Presidente Pitruzella cede il ruolo di coordinatore al Commissario AGCM Salvatore Rebecchini.
Il Professor Alberto Heimler e il Professor Gian Luigi Albano (Consip) con i loro interventi hanno introdotto il tema del convegno, ponendo l’attenzione non tanto sulla questione “gara si gara no”, quanto su come le gare possano effettivamente condurre a benefici per utenti e contribuenti. A tal fine il Professor Heimler ha intitolato tale introduzione “Cosa ci si può aspettare dalle gare e anche cosa non ci si può aspettare dalle gare?” e, dopo una digressione sulla definizione di concorrenza per il mercato, illustrata citando il pensiero di due autori classici, Harold Demsetz e Oliver Williamson, concentra il suo intervento su due punti fondamentali, sulla relazione tra gare e mercato e su cosa deve essere oggetto della gara, su cosa devono competere i diversi fornitori di servizi. A conclusione del suo contributo, si sofferma sui concetti di gara e qualità del servizio e sulle rinegoziazioni, affermando, in riferimento alla prima questione, che c’è un fortissimo incentivo a ridurre la qualità di un servizio quando questa è difficilmente verificabile, e un tale incentivo si verifica specialmente negli anni finali della concessione, tuttavia, vi si può porre rimedio attraverso la realizzazione di controlli da parte dell’utente e di indagini continue e costanti sul soddisfacimento dei consumatori, le cui risultanze devono condurre a sanzioni o a premi. Mentre, in merito alle rinegoziazioni, problema molto generalizzato e tanto maggiore quanto numerosi sono gli obblighi a carico del concessionario, egli sostiene che è un segnale di cattura del regolatore o del governo della città o del paese da parte dell’impresa e, per questo motivo, le informazioni sulle rinegoziazioni dovrebbero essere disponibili a tutti.
Viceversa, il Professor Gian Luigi Albano si sofferma sull’importanza del disegno della gara, il quale è appunto importante non tanto per l’assegnazione di un’eventuale concessione, quanto piuttosto perché l’attività successiva venga svolta a vantaggio sia dell’utente che del contribuente. Nell’introdurre il suo intervento, egli riprende il concetto di asimmetria informativa già citato dal Professor Heimler, ossia il fatto che esistono forti asimmetrie informative tra coloro che sono già presenti sul mercato, e che forniscono un dato servizio, e coloro che invece vogliono entrare nel mercato, asimmetrie conducenti a ridurre inesorabilmente il numero di potenziali competitori nelle gare, sostenendo, più specificamente, che spesso è il disegno di gara che può acuire questa asimmetria, determinando anche il rischio di avere gare deserte. Oltre a ciò egli sostiene che, a suo avviso, la gara serve a disegnare la struttura di mercato a valle, ma serve anche a regolare in qualche maniera il grado di competizione, la natura della competizione a valle, motivo per cui è sempre difficile parlare di un disegno di gara puro. In conclusione, egli ritiene che non si può quindi separare il disegno della gara dalla struttura di mercato, i due concetti sono interdipendenti, in quanto la gara è uno strumento per disegnare il mercato, dunque non vanno affrontati separatamente ma congiuntamente.
Nel corso della prima sessione, il primo a intervenire è il Professor Marco Ponti (Politecnico di Milano) che, nello svolgimento del suo intervento, si sofferma su molteplici questioni. Innanzitutto sul fenomeno di cattura del regolatore, affermando che ha dovuto constatare che esiste anche una forma di cattura inversa, quella del regolato da parte del regolatore per ragioni di voto di scambio, per il fenomeno del cosiddetto revolving doors, ma c’è anche una forma di cattura dell’elettore/contribuente il quale deve rimanere all’oscuro dei costi del servizio. Prosegue affrontando il tema dei sussidi in Italia (estremamente elevati), che si ricollega all’aspetto ambientale e tariffario, riportando un’indagine del CENSIS sull’uso del trasporto pubblico; in seguito passa ad analizzare i diversi ordini di problemi che possono emergere per le gare, individuandoli nel Residual Claimant nazionale e locale, nei sussidi in nero, nei lotti minimi, nelle leggi regionali peggiorative per il costo del lavoro, nel macroscopico conflitto di interessi “consentito” dalla legge (i giudici coincidono con i concorrenti), nell’integrazione verticale dell’impresa dominante e nella finanza derivata preferita dagli enti locali (le regioni non vogliono l’autonomia finanziaria). Nella parte conclusiva del suo intervento, invece, spiega come andrebbero fatte le gare, sostenendo che sarebbe necessario modificare il quadro nazionale, ricorrere a trasferimenti non earmarking o incentivanti (premiare coloro che fanno gare serie), adottare le buone pratiche, lotti piccoli ma riaggregabili, rendere pubblici i depositi (public facilities per aumentare la contendibilità) e raccomandare il modello gross cost più incentivo (lasciare il rischio traffico al gestore).
Prosegue il Professor Andrea Boitani (Università Cattolica di Milano) che, nel suo contributo, decide di mettere in evidenza due questioni fondamentali. La prima riguarda l’influenza che la concorrenza e la proprietà possono avere sulla performance delle imprese di servizio pubblico locale, questione da lui affrontata in un paper uscito sulla rivista Applied Economics dal titolo “Do competition and ownership matter? An evidence from Local Public Transport in Europe”, nel quale l’analisi svolta si concentrava su un campione di imprese provenienti da vari paesi europei, le quali si dividono in completamente private, pubbliche e imprese la cui proprietà è mista, composizione utilizzata per verificare l’influenza della proprietà su un parametro di performance, la produttività totale dei fattori. La seconda questione concerne il modo in cui vengono fatte le gare e se il monitoraggio della correttezza con cui esse vengono realizzate ha un effetto sulla partecipazione e sulla probabilità di successo dei soggetti che vi partecipano e, nell’illustrarla, il Professor Boitani, riporta le analisi condotte da Yvrande-Billon e altri coautori in Francia sul sistema della gara per l’affidamento dei servizi fuori dalla regione di Parigi-Ile de France.
Conclude questa prima sessione il Professor Marco Dugato (Università di Bologna), il quale cerca di spiegare i profili giuridici ed economici delle società a partecipazione pubblica applicati alle gare, all’idea di gare, mercato e trasporti pubblici, soffermandosi principalmente su tre problemi rilevanti. Il primo riguarda la titolarità dei servizi pubblici locali e dei trasporti pubblici locali, la quale è fondamentalmente considerata da tutti, anche in osservanza al principio di sussidiarietà verticale, servizio a titolarità comunale, attribuzione nei confronti della quale esprime delle riserve in quanto se si assume che la titolarità sia comunale allora, a suo parere, si determina un conflitto tra utenza e residenza. Successivamente ritorna sul concetto di “gara si gara no”, sottolineando il fatto che, da giurista, non si può porre il problema del se le gare servono o non servono, ma che è molto più opportuno domandarsi a cosa serve fare una gara e a cosa non serve, suggerendo, inoltre, di usare la gara per aumentare la capacità propositiva dei privati, facendoli gareggiare sulla capacità propositiva del servizio. Infine egli esprime la sua opinione sulla questione regolatore/regolato, affermando che pur essendo numerosi i casi di cattura inversa, a suo giudizio, sono molto più frequenti i casi in cui non c’è alcuna cattura, in quanto regolatore e regolato sono lo stesso soggetto e i loro interessi legittimi sono coincidenti.
Nel corso della seconda sessione, prendono la parola, in ordine, il Professor Pier Angelo Mori (Università di Firenze), il Professor Mario Chiti (Università di Firenze) e il Professor Luciano Greco (Università di Padova). Il primo, dopo una parentesi sul concetto di concorrenza e sullo strumento dell’In-house, concentra il suo intervento sul Project Financing in Italia, in particolare sulle sue caratteristiche rilevanti (piccole dimensioni, predilezione per la realizzazione di opere fredde e a bassissimo rischio per il concessionario e principali interlocutori individuati nella categoria costruttori). Conclude con un’analisi dei principali elementi di criticità generati dal ricorso a tale strumento, individuandoli prevalentemente nei costi più elevanti di realizzazione rispetto al sistema tradizionale dell’appalto più il finanziamento tramite un mutuo, nell’elevata inefficienza procedurale con alti costi di transazione e nei costi occulti che si insinuano nelle procedure. Questi ultimi determinano, a loro volta, altri tre ordini di complicazioni: lunghezza e bassi tassi di completamento dei procedimenti e il contenzioso, ossia il ricorso del perdente contro il vincitore.
Il Professor Mario Chiti, invece, si interroga sulle ragioni per le quali il partenariato pubblico-privato, e di conseguenza anche lo strumento del Project Financing, in Italia sia così debolmente strutturato rispetto al resto d’Europa, individuando almeno quattro ordini di fattori rilevanti: un legislatore indeciso che ha mal disciplinato tale settore; un ruolo dei privati che non ha corrisposto alle aspettative, ossia un privato debole nella progettualità, nel proporre alle pubbliche amministrazioni soluzioni che queste ultime in proprio avrebbero avuto difficoltà a definire; l’incapacità della pubblica amministrazione, abituata per esperienza a gestire appalti e concessioni tradizionali, di organizzarsi per gestire questo fenomeno e, infine, nell’interpretazione, a volte restrittiva, che è stata data alla portata di tale fenomeno da parte dei giudici, in particolare dal giudice penale e dal giudice contabile, la Corte de Conti.
Al termine di questa seconda sessione interviene il Professor Luciano Greco che riprende alcuni dei temi trattati nei due precedenti contributi aggiungendone degli altri, in particolar modo si sofferma sul problema della struttura industriale in questo settore, la quale è, a suo giudizio, molto sbilanciata sui costruttori; sulla stabilità della finanza pubblica, ossia sul fatto che molti di questi contratti contengono al loro interno delle garanzie pubbliche, delle clausole di garanzia, le quali determinano una forma di indebitamento che sfugge al controllo della finanza pubblica; sulla distorsione della programmazione pubblica e sulla necessità di poter disporre di dati pubblici e di buona qualità su tutti i contratti. Infine conclude con una riflessione sui problemi del partenariato pubblico-privato in Italia e sui possibili rimedi agli stessi, individuando, i primi, nella estrema polverizzazione delle stazioni appaltanti italiane, nell’eccessiva frammentazione del mercato nazionale, nella mancanza di programmazione e controllo pubblico, e i secondi, nel rafforzamento dell’apparato pubblico, nell’eliminazione dell’illusorio vantaggio finanziario e nell’armonizzazione di un mercato nazionale.
Nel corso della terza ed ultima sessione si affronta il tema della trasparenza nelle gare. Il Professor Bernardo Mattarella introduce il tema soffermandosi in particolar modo sul concetto di trasparenza amministrativa e sulla disciplina italiana in materia, facendo in particolare riferimento al Codice degli Appalti, alla Legge 190/2012 e al Testo Unico sulla Trasparenza amministrativa (recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri). Dopo aver spiegato i due modelli di trasparenza previsti dal nostro ordinamento (il diritto di accesso e la pubblicità), le modalità con le quali quest’ultima viene assicurata e i casi in cui la trasparenza amministrativa risulta essere utile o dannosa, si concentra sul tema principale, la trasparenza nelle gare, sostenendo che occorre distinguere tra un prima, un durante e un dopo. Prima delle gare, la trasparenza, a suo avviso, è fondamentale, è importante che ci sia informazione pubblica sulle scelte di allocazione delle risorse, sulla programmazione delle gare, sulle scelte di esternalizzazione, sulla scelta del tipo di gara, sulla decisione di contrattare, sul procedimento del bando. In tale fase iniziale, la trasparenza sarebbe indispensabile, in quanto si riscontra un’amplissima discrezionalità della pubblica amministrazione e, non essendoci controinteressati, non c’è di conseguenza nessun soggetto interessato a compiere alcun tipo di controllo in merito. Durante la gara la trasparenza c’è e ha ad oggetto il bando, le condizioni di gara, la definizione dei criteri di valutazione delle offerte, la valutazione dei requisiti etc. In questa fase la discrezionalità è limitata, sia perché ci sono controinteressati, sia per la presenza di un sistema normativo e giurisprudenziale che impone alle commissioni di limitare se stesse. Infine, dopo la gara, i controinteressati scompaiono e la discrezionalità della pubblica amministrazione ritorna ad essere molto elevata. In quest’ultima fase ci sarebbe moltissimo bisogno della trasparenza amministrativa in quanto ci sono numerosi aspetti che andrebbero valutati, tra cui i contratti di servizio, nel caso di servizi pubblici, la puntualità e la qualità dell’esecuzione.
Il Professor Antonio Nicita (Università la Sapienza di Roma),invece, analizza principalmente la relazione intercorrente tra trasparenza e concorrenza nelle gare, affermando che, contrariamente alla convinzione comune, non esiste una relazione né necessaria né sufficiente tra gara e concorrenza, in quanto non è detto che una gara produca necessariamente concorrenza, così come non è detto che l’assenza di gara non possa produrre concorrenza. Dopo aver spiegato il nesso esistente tra gara, concorrenza e trasparenza, citando un’indagine svolta, in collaborazione con alcuni studiosi francesi, sulle gare che i soggetti privati svolgono nel settore della telefonia fissa in Italia e in Francia (studio fatto allo scopo di evidenziare quanto il disegno di gara cambi a seconda che il soggetto che fa la gara sia pubblico o privato, proprio in termini dei costi di transazione del numero di adempimenti che i soggetti devono svolgere per partecipare alla gare) e, in seguito, i concetti di concorrenza ed efficienza e di gara e mercato, termina il suo intervento affermando che la trasparenza è importante, ma non sempre produce necessariamente efficienza, anzi ci sono casi in cui essa produce punti di collusione, in cui essa conduce a delle scelte opportunistiche, le quali possono essere risolte utilizzando la trasparenza dove è necessario, ma senza imporne l’uso.
Il Professor Giuliano Fonderico (Università LUISS Guido Carli) riprende il discorso sull’accessibilità delle informazioni da parte di tutti i soggetti interessati e sulle disposizioni previste dal nostro ordinamento in materia. A suo parere le pubbliche amministrazioni dovrebbero essere tenute non solo a pubblicare certe informazioni sui loro siti internet, ma anche a renderle liberamente scaricabili in formati digitali standard aperti, che consentano di analizzare, anche a fini statistici, dati informatici, quindi renderle scaricabili in un formato che sia immediatamente rielaborabile. Dal punto di vista normativo, sembrerebbe che ci sia muovendo in tale direzione, ma la concreta realizzazione di un simile progetto dipenderà molto da quanto i provvedimenti che verranno adottati in materia saranno in grado di mettere a disposizione delle pubbliche amministrazioni un strumento effettivamente utilizzabile.
Al termine della terza ed ultima sessione prende la parola il Commissario Salvatore Rebecchini il quale conclude l’incontro con tre brevi considerazioni. La prima è che, a suo giudizio, il grado di concorrenza nel mercato delle gare è endogeno, è lo nel modo in cui viene disegnata la gara, nel modo in cui viene strutturata l’attribuzione del servizio e su come si intende monitorare il servizio. La seconda questione concerne il fatto che molti dei problemi che sono stati affrontati nel corso del convegno derivano dal conflitto di interessi che c’è sull’Ente Locale, il quale è, al contempo, il titolare, l’aggiudicatario del servizio, il controllore, il proprietario se non il diretto gestore del servizio. La terza considerazione riguarda la circostanza che, nel corso del convegno, molti dei relatori spesso hanno ricordato che la qualità della pubblica amministrazione è fondamentale nel gestire processi di questo tipo.