Quando va dichiarata l’improponibilità di un ordine del giorno?

14.05.2013

A cura di Giovanni Piccirilli

Nel corso della seduta antimeridiana dell’Assemblea del Senato del 14 marzo 2012, al momento della votazione sugli ordini del giorno riferiti all’A.S. 850, recante “Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno”, la Presidenza ha informato il presentatore dell’ordine del giorno G1, sen. Calderoli (LNP), della disponibilità del Governo ad accoglierlo come raccomandazione. Il sen. Calderoli, dopo aver ricordato il contenuto dell’atto – che invitava il Governo ad identificare forme idonee a rinforzare il procedimento di approvazione di atti internazionali che comportassero limitazioni della sovranità nazionale – ha insistito nel chiederne la votazione dell’Assemblea.

Successivamente, anche a seguito dell’intervento della sen. Finocchiaro (PD), la quale ha chiesto alla Presidenza di ritornare sulla decisione di ammissibilità, sottolineando l’estraneità di materia dell’ordine del giorno rispetto al disegno di legge in discussione, e di ulteriori senatori, che hanno invece opposto l’impossibilità di addivenire a rafforzamenti dell’iter procedurale di ratifica di trattati internazionali se non per mezzo di una modifica costituzionale, il sen. Calderoli ha proposto una riformulazione, alla luce della quale l’impegno richiesto al Governo era circoscritto “nei limiti della propria competenza e nelle sedi in cui è chiamato ad esprimere il proprio orientamento, a non ostacolare iniziative finalizzate a rafforzare il procedimento di approvazione di atti internazionali che comportino limitazioni della sovranità nazionale”.

L’ordine del giorno così riformulato, che per altro incontrava il consenso di rappresentanti di ulteriori gruppi parlamentari, veniva dichiarato improponibile dalla Presidenza, in ragione della estraneità dell’oggetto trattato al procedimento in corso, riferendosi dunque all’art. 97 del Regolamento del Senato. In aggiunta, la Presidenza ne sottolineava altresì la sua irrilevanza rispetto al procedimento cui era riferito, stante l’impossibilità di incidere in alcun modo sul procedimento internazionale già avviato con la firma della Convenzione di Strasburgo da parte del Governo.

All’obiezione dei rappresentanti del gruppo Lega nord Padania, secondo cui la decisione di inammissibilità non può avvenire successivamente alla stampa e alla distribuzione del documento, la Presidenza opponeva la possibilità di intervenire “fino all’ultimo, melius re perpensa” nelle dichiarazioni di inammissibilità, anche in considerazione dell’orientamento generale adottato dal Senato al fine di assicurare la coerenza materiale tra gli oggetti di votazione e gli atti cui sono riferiti, orientamento adottato a partire dall’invito rivolto alle Camere dal Presidente della Repubblica a seguito della sentenza n. 22 del 2012 della Corte costituzionale, relativamente alla illegittimità costituzionale degli emendamenti estranei alla materia del decreto-legge cui sono riferiti.

Alessandroa.baroni