Cons. Stato, Sez. III, 9 maggio 2013, n. 2522, sulla remunerazione delle prestazioni erogate al di là dei tetti spesa sanitaria e sulla tutela del legittimo affidamento in caso di determinazione retroattiva di tali tetti.

09.05.2013

Con l’applicazione, a decorrere dal 2009, della legge 133/2008 (mediante la novellazione degli articoli 8-quater, 8-quinquies e 8-sexies, del d.lgs. 502/1992), tutti gli operatori sanitari, comprese le aziende ospedaliere pubbliche, sono sottoposti ai tetti di spesa, e la remunerazione delle prestazioni extra tetto non è dovuta neanche alle aziende ospedaliere, se non qualora e nella misura in cui (con applicazione di tagli e regressione tariffaria) lo prevedano i criteri stabiliti dalla Regione, a titolo legale ed al di fuori degli accordi contrattuali. In materia di fissazione retroattiva dei tetti spesa sanitaria la giurisprudenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ritiene che, nelle more dell’adozione dei provvedimenti di aggiornamento o comunque di modifica, necessari o comunque richiesti, l’operatore accreditato deve orientare la propria attività facendo affidamento sui tetti di spesa in precedenza stabiliti; ed è con riferimento alla differenza rispetto ad essi, che l’affidamento riceve tutela, attraverso un onere di istruttoria e di motivazione, anche in chiave di valutazione comparativa degli interessi contrapposti, direttamente proporzionale all’entità dello scostamento in senso peggiorativo.

La sentenza in esame riguarda l’appello proposto dall’ente ecclesiastico che gestisce un ospedale pugliese avverso la sentenza del Tar Puglia, sede di Bari, con cui veniva rigettato il ricorso contro la delibera di Giunta regionale della Puglia che, in attuazione della legislazione regionale, aveva approvato la metodologia e i criteri per la definizione delle tariffe e del calcolo del valore dei ricoveri utilizzati per quantificare economicamente le risorse impegnate e remunerare ciascun episodio di ricovero a carico del servizio sanitarioTale pronuncia affronta due nodi problematici di particolare rilevanza in materia di sanità pubblica.In primo luogo, il Consiglio di Stato, nell’esaminare la questione della remunerazione delle prestazioni sanitarie erogate al di là dei tetti di spesa sanitaria, stabilisce l’inderogabilità, in via generale, di tali di tali tetti, a prescindere dalla natura pubblica o privata dell’operatore sanitario.In particolare, Il Consiglio fissa il principio per cui, a partire dalla riforma del 2009, tutte le strutture operanti in campo sanitario, a prescindere dalla loro natura pubblica o privata, devono sottostare ai tetti di spesa fissati nel rispetto dei criteri di legge (nello stesso senso si vedano anche vedano le sentenze n. 697 e 735 del 2013 della stessa III sezione).Alla stregua di tale principio, quindi, la remunerazione delle prestazioni eccedenti i tetti di spesa preventivamente determinati non può essere riconosciuta neppure alle aziende ospedaliere. Fanno eccezione a tale principio i soli casi previsti da ciascuna Regione con norme di rango primario, mentre non rilevano a questo fine gli accordi di natura contrattuale.Il secondo profilo di particolare rilievo affrontato dalla sentenza in esame concerne i limiti entro i quali il legittimo affidamento può essere tutelato nel caso di fissazione retroattiva dei tetti di spesa sanitaria ad esercizio finanziario già iniziato.In quest’ultimo caso, secondo la giurisprudenza amministrativa (in particolare si veda l’Ad. Plen. n. 3/2012), l’operatore sanitario è tenuto a programmare la propria attività confidando sull’ultrattività dei tetti già fissati per l’anno precedente, salve le decurtazioni imposte dalle successive norme finanziarie, le quali dovranno essere contenute, salvo congrua istruttoria e adeguata esplicitazione all’esito di una valutazione comparativa, nei limiti imposti dai tagli stabiliti dalle disposizioni finanziarie conoscibili dalle strutture private all’inizio e nel corso dell’anno.Secondo il Consiglio di Stato, infatti, la determinazione di tetti di spesa da parte delle Regioni nel corso dell’esercizio finanziario – che produca i propri effetti anche sulle prestazioni già erogate – non può considerarsi di per sé affetta da illegittimità, in quanto, in un sistema nel quale è fisiologica la sopravvenienza dell’atto determinativo della spesa in epoca successiva all’inizio di erogazione del servizio, gli operatori privati che erogano prestazioni per il SSN, possono aver riguardo – fino a quando non risulti adottato un provvedimento – all’entità delle somme contemplate per le prestazioni dell’anno precedente, diminuite, ovviamente, della riduzione della spesa sanitaria effettuata dalle norme finanziarie dell’anno in corso.La tutela del legittimo affidamento è garantita, perciò, nella misura in cui la riduzione dell’ammontare delle prestazioni erogabili risulti corrispondente alle minori risorse derivanti dall’applicazione delle norme finanziarie relative all’anno in corso, conoscibili dalle strutture sanitarie sin dall’inizio dell’anno.Ove, invece, i tagli effettuati alla spesa sanitaria vadano al di là dei limiti derivanti dall’applicazione delle norme finanziarie appena citate, la tutela del legittimo affidamento richiede lo svolgimento di una congrua istruttoria ed una chiara motivazione delle ragioni che hanno determinato la misura del taglio alla spesa sanitaria, anche alla luce di una attenta valutazione comparativa degli interessi contrapposti.

Filippo Lacava


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