Consiglio di Stato, sez. III, 3 luglio 2013, n. 3572, sulla previsione di tetti massimi sulla spesa sanitaria da parte delle Regioni e delle Asl e sui limiti alla sindacabilità giurisdizionale dei relativi atti.

03.05.2013

La decisione con cui l’amministrazione stabilisce i tetti di spesa deve assicurare un adeguato equilibrio tra le diverse articolazioni, pubbliche e private, del sistema di erogazione del servizio sanitario, ma non impone affatto una incondizionata e assoluta equiparazione tra soggetti pubblici e privati ( fra le tante: Cons. Stato, Quinta Sezione, 22 aprile 2004, n. 2296; 5 maggio 2010, n. 2577; 28 febbraio 2011, n. 1259 ).

È poi giurisprudenza pacifica quella, secondo cui gli atti di programmazione, pur essendo ampiamente discrezionali, non si sottraggono al sindacato del giudice amministrativo, ma tale sindacato non può impingere nel merito delle scelte effettuate dalla p.a. e può riguardare solo vizi che ictu oculi appaiano di eccesso di potere (…). In questo ambito acquista valore l’adeguatezza della motivazione, consentita anche per relationem a tutti gli atti del procedimento, ma, stante la natura ampiamente discrezionale del provvedimento, è ovvio che essa non deve convincere della “opportunità” della scelta effettuata, bensì solo dell’assenza dei vizi su elencati.

Quanto alla dedotta violazione dell’art. 8-quinquies del D. Lgs. n. 502/1992 per la asserita mancata previsione negli atti oggetto del giudizio della remunerazione delle prestazioni eccedenti i tetti di spesa, la stessa non sussiste, atteso che, se si muove dalla premessa che i tetti di spesa sono in via di principio indispensabili date le insopprimibili esigenze di equilibrio finanziario e di razionalizzazione della spesa pubblica e che la veduta matrice autoritativa vincolante delle determinazioni regionali in tema di limiti alle spese sanitarie si collega alla già sottolineata necessità che l’attività dei vari soggetti operanti nel sistema sanitario si dispieghi nell’alveo di una seria ed effettiva pianificazione finanziaria, legittimamente nella fattispecie gli atti di programmazione e di pianificazione della spesa hanno stabilito “tetti massimi di spesa” corrispondenti ad un volume massimo di prestazioni remunerabili, oltre i quali le prestazioni eccedenti non sono remunerate; non si può invero dubitare della legittimità sostanziale di tetti di spesa corrispondenti a tetti di prestazioni, con conseguente facoltà della struttura privata o del professionista accreditato, in caso di esaurimento delle prestazioni preventivate, in alternativa, di negare la prestazione richiesta, ovvero di erogarla informando il paziente della non riconducibilità della prestazione stessa a quelle imputabili al S.S.R. e senza perciò in tal caso poter in alcun modo pretendere la relativa remunerazione dallo stesso; ciò a differenza delle strutture pubbliche, le quali, invece, da parte loro, sono tenute comunque a rendere le prestazioni essenziali loro richieste, anche al di là del tetto di spesa alle stesse assegnato.

Carmela Salerno


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