Giudizi di legittimità costituzionale promossi dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, dalla Regione siciliana, e dalle Regioni Puglia e Basilicata.
Norme impugnate e parametri di riferimento:
Sono impugnati l’articolo 19, commi 4 e 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, recante misure in tema di dimensionamento della rete scolastica nazionale, per presunta violazione dell’art. 117, comma 3 (relativamente alla materia di potestà concorrente “istruzione”) e comma 6 Cost., nonché degli artt. 118, 119 e 120 Cost.
Argomentazioni della Corte:
Il comma 4 dell’art. 19 prevede l’obbligatoria ed immediata costituzione di istituti comprensivi, mediante l’aggregazione della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e di quella secondaria di primo grado, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche costituite separatamente, con numero di alunni non inferiore a 1.000 (che si dimezza per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche). La Corte, richiamata la sua giurisprudenza pregressa in materia di istruzione, osserva come la disposizione impugnata incida direttamente sulla rete scolastica e sul dimensionamento degli istituti, materia che, secondo orientamento costante, non può ricondursi alle norme generali sull’istruzione, ma va ricondotta alla potestà concorrente. La formulazione della disposizione, cui è associata la previsione di una rigida soglia numerica, inoltre, rende evidente che la medesima si risolve in un intervento di dettaglio dello Stato in una sfera che invece dovrebbe rimanere affidata alle Regioni, secondo quanto previsto anche dalla legislazione antecedente alla riforma del Titolo V (art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 e artt. 2 e 3 del d.P.R. n. 233 del 1998, secondo il quale i piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche vanno definiti in conferenze provinciali).
La Corte esclude altresì che la disposizione in esame possa costituire un principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica o che la medesima possa essere considerata espressione della competenza esclusiva statale in materia di requisiti minimi che le istituzioni scolastiche devono possedere per essere definite autonome.
Il comma 5 dell’art. 19 del d.l. n. 98/2011, viceversa, prevede che alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 600 unità (ridotto a 400 per le istituzioni site in piccole isole, comuni montani e aree caratterizzate da specificità linguistiche), non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato; tali istituzioni, invece, sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni autonome.
La Corte evidenzia come la previsione non sopprima i posti di dirigente, bensì si limiti a stabilirne un diverso modo di copertura. Tenendo presente che i dirigenti scolastici sono dipendenti pubblici statali, ne deriva che il titolo di competenza prevalente è quello, di potestà esclusiva statale, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., che assume un peso decisamente prevalente rispetto al titolo di competenza concorrente previsto in materia di istruzione dal medesimo art. 117, terzo comma.
Decisione della Corte:
La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, mentre non fondata è giudicata la questione relativa al comma 5 del medesimo art. 19.
Giurisprudenza richiamata:
– Sulla differenza esistente tra le norme generali sull’istruzione – riservate alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera n), Cost. – e i principi fondamentali della materia istruzione, di cui all’art. 117, terzo comma: Corte cost., sentt. n. 200 del 2009 e n. 92 del 2011;
– Sulla riconduzione alla competenza regionale del programma di dimensionamento delle istituzioni scolastiche: Corte cost., sentt. n. 13 del 2004 e n. 34 del 2005;
– Sui limiti che le norme statali incontrano nella definizione dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica: Corte cost., sent. n. 326 del 2010.