Corte costituzionale, 22 novembre 2011, n. 325
Giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 11, commi 3, 4 e 5, 13, commi 1 e 2, 37, 46, 51 e 54 della legge della Regione Puglia 31 dicembre 2010, n. 19 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2011 e bilancio pluriennale 2011-2013 della Regione Puglia), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Norme impugnate
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli artt. 11, commi 3, 4 e 5, 13, commi 1 e 2, 37, 46, 51 e 54 della legge regionale 31 dicembre 2010, n. 19 recante “Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2011 e bilancio pluriennale 2011-2013 della Regione Puglia”, per violazione degli artt. 3, 81, 117, commi primo, secondo, lettere h), o) e s), e terzo, Cost. Tali disposizioni ricoprono diverse settori di competenza: la salute, la tutela di aree naturali protette, la promozione della legalità e personale delle pubbliche amministrazioni nella Regione Puglia. Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, le norme impugnate violerebbero diversi parametri costituzionali, essendo in gran parte lesive delle competenze legislative dello Stato.
Successivamente al ricorso, l’art. 11, commi 3, 4 e 5, sono stati abrogati dall’art. 2 della legge regionale 8 aprile 2011 n. 5. Secondo la Corte, “non risulta che le norme censurate abbiano trovato medio tempore attuazione e il successivo intervento normativo può ritenersi satisfattivo della pretesa avanzata con il ricorso […]”.
Allo stesso modo, i commi 1 e 2 dell’art. 13 della legge censurata sono stati abrogati dall’art. 1 della legge della Regione Puglia 16 giugno 2011, n. 10. In questo caso, la norma recante “Esenzioni dal ticket per motivi di reddito”, ha verosimilmente trovato applicazione nel periodo di circa sei mesi in cui è stata in vigore, di conseguenza, la sola rinuncia all’impugnativa da parte del ricorrente, in assenza di formale accettazione, non può in questo caso consentire di dichiarare cessata la materia del contendere”.
Argomentazioni della Corte
La Corte costituzionale, a fronte del numero delle disposizioni impugnate dal ricorrente, ha diviso l’analisi delle censure in cinque gruppi, ciascuno riferito a un diverso articolo della legge impugnata.
Il primo gruppo di censure riguarda l’art. 13, commi 1 e 2, della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, che ha disposto l’estensione delle categorie di soggetti – ovvero inoccupati, lavoratori in cassa integrazione ordinaria e straordinaria, lavoratori in mobilità, con i loro rispettivi familiari a carico – esentati dal pagamento della quota di compartecipazione alla spesa sanitaria (c.d. ticket). Secondo la Corte, tale primo gruppo di norme risultano in contrasto con l’art. 8, comma 16, della legge n. 537 del 1993, che precisa (altre) categorie di lavoratori esentati dal pagamento della tassa. Infatti, le norme regionali, modificando (e aumentando) il numero delle persone esentate dal pagamento del ticket rispetto alla disposizione statale sopra menzionata, violano l’art. 117, terzo comma, Cost.
Il secondo gruppo di censure riguarda la materia “tutela delle aree protette” e, in particolare, l’art. 37 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010. Tale disposizione prevede, tra l’altro, che sia abrogata la lettera i) del comma 7 dell’art. 4 della legge regionale n. 18 del 2005, istitutiva del Parco naturale regionale “Terra delle gravine”, ai sensi della quale vigeva il divieto di “transitare con mezzi motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali, private e vicinali gravate dai servizi di pubblico passaggio […]”.
La corte, innanzitutto, muove dall’analisi del quadro normativo statale. La tutela delle aree naturali protette è regolata dalla legge n. 394 del 1991. Essa prevede l’istituzione di parchi regionali, demandando alle Regioni il compito di introdurre, con apposita legge, criteri conformi alla normativa statale. In particolare, l’art. 11, disciplina il regolamento del parco: ai sensi del comma 2, “per garantire il perseguimento delle finalità della legge di tutela delle aree naturali protette […], si disciplina, alla lettera c),il soggiorno e la circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo di trasporto”; il comma 3 stabilisce poi che “nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati […], prevedendo una serie di divieti che, ai sensi del successivo comma 4, possono essere eventualmente derogati dal regolamento del parco”. Nella ipotesi di parchi regionali, quindi, il regolamento del parco dovrà rispettare sia i principi di tutela stabiliti dalla legge statale, sia i criteri fissati dalla legge regionale.
In base a tale quadro normativo, la legge della Regione Puglia n. 18 del 2005 ha istituito il Parco naturale regionale “Terra delle gravine”, indicando una serie di attività non consentite all’interno dell’area protetta, tra cui il divieto di circolazione che, tuttavia, risulta essere abrogato proprio dalla norma impugnata.
Secondo la Corte, dunque, con l’abrogazione dei divieti previsti nella legge regionale n. 18 del 2005, la Regione Puglia ha permesso il transito di mezzi motorizzati nel parco, anche fuori dalle strade statali, provinciali, comunali, private e vicinali gravate dai servizi di pubblico passaggio, in contrasto con gli standard minimi di tutela stabiliti dalla legislazione statale, con conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Inoltre, la Corte, ripercorrendo la propria giurisprudenza in materia, ricorda che la Regione “non può prevedere soglie di tutela inferiori a quelle dettate dallo Stato, mentre può, nell’esercizio di una sua diversa potestà legislativa, prevedere eventualmente livelli maggiori di tutela, che presuppongono logicamente il rispetto degli standard adeguati ed uniformi fissati nelle leggi statali” (sen. n. 263 del 2011). A riprova di ciò, vi è anche il fatto che la Regione Puglia, con la legge regionale n. 6 del 2011, ha poi reintrodotto i divieti abrogati dall’art. 37 della legge impugnata.
Il terzo gruppo di censure riguarda l’art. 46, ai sensi del quale si prevede l’istituzione dell’ “Agenzia regionale per la promozione della legalità e della cittadinanza sociale”, i cui compiti e funzioni sono definiti con legge regionale. Per finanziare le attività dell’agenzia, “è istituito nel bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2011, nell’ambito della UPB 05.06.01, il capitolo di spesa 721071, denominato “Spese per la promozione della legalità nell’ambito della cittadinanza sociale e delle politiche della salute”, con una dotazione finanziaria, in termini di competenza e cassa, di euro 20 0mila”.
La Corte giudica “illegittima” l’istituzione della suddetta Agenzia perchè rientra nella materia dell’ordine pubblico e sicurezza, riservata alla competenza legislativa statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. La Corte, nel valutare l’Agenzia regionale, ricorda di aver già dichiarato illegittime disposizioni simili a quella impugnata: una norma della Regione Marche diretta a regolare la partecipazione di magistrati e prefetti a un comitato di indirizzo dell’Osservatorio regionale per le politiche integrate di sicurezza (sen. n. 134 del 2004) e una della Regione siciliana istitutiva di un Comitato regionale per la sicurezza (sen. n. 55 del 2001). Inoltre, nonostante le denominazioni dell’unità previsionale di base e del capitolo di spesa previsti per la copertura finanziaria delle spese dell’Agenzia regionale per la promozione della legalità e della cittadinanza sociale, il contesto in cui tale organismo è stato ideato è riconducibile ad ambiti di intervento parzialmente sovrapponibili con le competenze statali in materia di sicurezza e di amministrazione di beni sequestrati.
Il quarto gruppo di censure riguarda l’art. 51 della legge impugnata. Tale articolo dispone che, in attesa del completamento dell’installazione del sistema automatico di rilevazione delle presenze, al personale regionale possa essere erogato il compenso per il lavoro straordinario fino al 31 dicembre 2010, e non più fino al 30 giugno 2010, come previsto dall’art. 34 della legge regionale 31 dicembre 2009, n. 34.
La Corte individua il parametro normativo statale di riferimento nell’art. 3, comma 83, della legge n. 244 del 2007 il quale stabilisce che “le pubbliche amministrazioni non possono erogare compensi per lavoro straordinario se non previa attivazione di sistemi di rilevazione automatica delle presenze”. Esso, prosegue la Corte, “rappresenta un principio fondamentale di contenimento della spesa e di buon andamento della pubblica amministrazione, la cui applicazione non prevede alcuna proroga”.
Invece, come ricordato anche dallo stesso ricorrente, la Regione Puglia “ha ritardato l’introduzione di un sistema automatico di rilevazione delle presenze dei dipendenti pubblici regionali, prevedendo, sin dal 2008, una serie di proroghe della erogazione del compenso straordinario […]”. Il rinvio stabilito dalla norma impugnata ritarda ulteriormente l’applicazione della disposizione della legge statale, in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica, comportando altresì una disparità di trattamento con il personale delle altre pubbliche amministrazioni, in violazione dell’art. 3 Cost.
Il quinto gruppo di censure concerne l’art. 54 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, il quale prevede che ai componenti esterni della Giunta regionale si applichino, dalla data di nomina e per l’intera durata dell’incarico, le disposizioni “concernenti i consiglieri regionali relativamente al collocamento in aspettativa senza assegni per l’espletamento di cariche pubbliche”.
La Corte stabilisce che “solo lo Stato può estendere l’ambito soggettivo di applicazione di disposizioni che rientrano in ambiti di competenza legislativa esclusiva statale, tra cui quello in oggetto, ovvero quello della previdenza sociale”. Non spetta alla legislazione regionale, dunque, disporre una equiparazione del trattamento previdenziale degli assessori regionali non consiglieri con quello degli assessori che ricoprano la carica di consigliere. Infatti, continua la Corte, “ove tale equiparazione fosse effettuata con legge regionale, come nel caso in esame, non solo si avrebbe una lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato, ma si determinerebbero difformità nella disciplina del trattamento previdenziale dei dipendenti pubblici da una regione all’altra”. L’art. 54 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010 – oggetto di valutazione – è in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera o), Cost., che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di previdenza sociale, e con l’art. 3 Cost., per disparità di trattamento tra le cariche elettive.
Conclusioni della Corte
La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 13, commi 1 e 2, 46, 51 e 54 della legge della Regione Puglia 31 dicembre 2010, n. 19.
La corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 37 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, nella parte in cui abroga la lettera i) del comma 7 dell’art. 4 della legge della Regione Puglia 20 dicembre 2005, n. 18 (Istituzione del Parco naturale regionale “Terra delle gravine”).
La Corte dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale, in via consequenziale, dell’art. 13 della legge della Regione Puglia 6 luglio 2011, n. 14. (Assestamento e prima variazione di bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2011).
Inoltre, la Corte dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, l’illegittimità costituzionale, in via consequenziale, dell’art. 37 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, nella parte in cui abroga la lettera d) del comma 7 dell’art. 4 della legge della Regione Puglia n. 18 del 2005.