Regione: Bolzano
Estremi: legge n.7 del 16-03-2012
Bur: n. 7 del 20-03-2012
Settore: Politiche infrastrutturali
Delibera C.d.M. del: 11-05-2012 / Impugnativa
Motivi dell’impugnativa: Si premette, in via generale, che la Provincia autonoma di Bolzano, ai sensi dell’art. 8, comma 1, punti nn. 3, 4, 5, 9, e 12 del D.P.R. n.670/1972 recante lo Statuto speciale per il Trentino Alto Adige ha competenza primaria in materia di tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e culturale, usi e costumi locali, urbanistica, artigianato, fiere e mercati. Ai sensi delle citate norme statutarie dette competenze legislative devono svolgersi con i limiti esplicitati negli articoli 4 e 5 dello stesso Statuto di autonomia, ovvero in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali nonché delle norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica e, per le competenze di tipo concorrente, nei limiti dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato. Inoltre, considerato che lo Statuto speciale per il Trentino Alto Adige, all’articolo 9, punto 3) riconosce alla Provincia Autonoma potestà legislativa di tipo concorrente, in materia di commercio, in applicazione della clausola di equiparazione di cui all’art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001, ai sensi della quale le disposizioni del nuovo Titolo V della Costituzione si applicano anche alle Regioni ad autonomia speciale per le parti in cui prevedono “forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite”, alla Provincia autonoma deve ritenersi attribuita la competenza residuale in materia di commercio in base all’articolo 117, comma 4, della Costituzione. Il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, come convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, con l’articolo 31, commi 1 e 2, detta principi in tema di liberalizzazioni degli esercizi commerciali, e, richiamando esplicitamente la competenza esclusiva dello Stato in materia di “tutela dello concorrenza”, stabilisce la totale liberalizzazione degli orari dei negozi, fatte salve esigenze di ordine e della sicurezza pubblica, e afferma che, secondo la disciplina dell’Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell’ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali. La Provincia di Bolzano, come stabilisce il comma 2, dell’art 31 in parola, deve adeguare a tali principi la propria disciplina. Inoltre il d.l. n. 1/2012, come convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27, all’articolo 1, afferma che i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni si adeguano ai principi e alle regole enunciati in attuazione del principio di libertà di iniziativa economica sancito dall’articolo 41 della Costituzione e del principio di concorrenza sancito dal Trattato dell’Unione europea, secondo cui non sono ammissibili le norme che prevedono limiti numerici, autorizzazioni, licenze, nulla osta o preventivi atti di assenso dell’amministrazione comunque denominati per l’avvio di un’attività economica non giustificati da un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l’ordinamento comunitario nel rispetto del principio di proporzionalità; né le norme che pongono divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite, nonché le disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale autoritativa con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che pongono limiti, programmi e controlli non ragionevoli, ovvero non adeguati ovvero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche dichiarate e che in particolare impediscono, condizionano o ritardano l’avvio di nuove attività economiche o l’ingresso di nuovi operatori economici ponendo un trattamento differenziato rispetto agli operatori già presenti sul mercato, operanti in contesti e condizioni analoghi, ovvero impediscono, limitano o condizionano l’offerta di prodotti e servizi al consumatore, nel tempo nello spazio o nelle modalità, ovvero alterano le condizioni di piena concorrenza fra gli operatori economici oppure limitano o condizionano le tutele dei consumatori nei loro confronti. Ciò premesso, alcune norme della legge provinciale in esame risultano eccedere dalle competenze statutarie, in quanto invasive della competenza legislativa in materia della tutela della concorrenza che l’articolo 117 secondo comma, lettera e), della Costituzione riserva in via esclusiva allo Stato. In particolare : 1) la previsione di cui all’articolo 5, con riferimento alle zone produttive, stabilisce che il commercio al dettaglio è ammesso solo quale eccezione, introducendo, al comma 2, limitazioni merceologiche all’esercizio del commercio al dettaglio, stabilendo di fatto delle tabelle merceologiche, che nello specifico saranno determinate dalla Giunta provinciale, come affermato dal il successivo comma 3. determinando quindi evidenti limitazioni all’esercizio dei commercio al dettaglio , in netto contrasto con la norma statale di cui all’articolo 31 del d.l. 201/2011, nonché con la lettera c), dell’art. 3, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248. Il comma 4 della medesima norma provinciale prevede che le strutture di vendita al dettaglio già esistenti non possano essere “ampliate, trasferite o concentrate”, ponendo vincoli all’attività economica (trasformazione, sviluppo, riorganizzazione) in contrasto con la libertà di iniziativa economica di cui all’articolo 41 della Costituzione. La stessa illegittimità si riverbera sul successivo comma 7 che stabilisce che la possibilità per tali strutture di esercitare il commercio al dettaglio decade se cessa l’attività. Dette norme, ponendo vincoli all’apertura di un esercizio commerciale, determinano restrizioni ingiustificate della concorrenza tra gli esercenti concernenti l’insediamento dell’attività commerciale e costituiscono un ostacolo all’adozione di strategie differenziate da parte degli stessi esercenti e, quindi, in ultima analisi, all’ampliamento dell’offerta a beneficio dei consumatori. 2) la norma contenuta nell’articolo 6, concernente gli orari di apertura, prevede l’emanazione di “appositi indirizzi” da parte della Giunta provinciale che debbono garantire la “tutela degli usi e costumi ai sensi” dell’articolo 8 dello Statuto speciale. La previsione, benché non introduca nell’immediato disposizioni vincolanti, favorisce l’adozione di iniziative locali idonee a re-introdurre vincoli che la normativa nazionale di liberalizzazione ha inteso abrogare. Infatti le restrizioni alla libertà degli operatori economici, in materia di orari e di giornate di apertura e chiusura degli esercizi commerciali, introducono una limitazione alla possibilità di differenziare il servizio adattandolo alle caratteristiche della domanda e sono suscettibili di peggiorare le condizioni di offerta e la libertà di scelta per i consumatori, senza che abbiano una valida giustificazione in termini di efficienza dal punto di vista degli operatori , né , tanto meno, in particolari interessi pubblici. La norma provinciale , dunque, si pone in netto contrasto con il citato articolo 31 del d.l. 201/2011, come convertito in legge n. 214 del 22 dicembre 2011 che, come detto, costituisce norma rientrante nella competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza. Per questi motivi le evidenziate norme provinciali eccedono dalle competenze statutarie della Provincia autonoma di Bolzano e devono quindi essere impugnate ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.