Corte costituzionale, 12 gennaio 2012, n. 13 – Giudizio di ammissibilità sulle due richieste di referendum

13.05.2012

Corte costituzionale, 12 gennaio 2012, n. 13

Giudizio di ammissibilità di referendum popolare per l’abrogazione (totale e in parte) della legge 21 dicembre 2005, n. 270 recante “Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”.

Norme impugnate

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 13 del 2012, ha deciso in merito all’ammissibilità sulle due richieste di referendum abrogativo aventi per oggetto la disciplina delle elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica recata dalla legge 21 dicembre 2005, n. 270.

Argomentazioni della Corte

La Corte, preliminarmente, elenca i nodi problematici della legge elettorale n. 270, del 2005. La Corte ricorda che, pur rilevando alcuni profili critici della norma sopra citata, non può esprimere valutazioni su quest’ultimi. Pertanto, nel rigoroso esercizio della sua funzione, deve accertare la conformità della richiesta ai requisiti fissati in materia dall’art. 75 Cost. e dalla propria giurisprudenza.

I due referendum oggetto d’esame hanno la medesima finalità: l’abrogazione della legge n. 270 del 2005, allo scopo di restituire efficacia alla legislazione elettorale in precedenza vigente, introdotta nel 1993. Secondo la Corte: “le due richieste non soddisfano i requisiti costantemente individuati […] per i referendum in materia elettorale e sono, pertanto, inammissibili”.

– Il quesito n. 1 è considerato “inammissibile” perché “riguarda una legge elettorale nella sua interezza”. Infatti,  nel caso in cui il referendum avesse un esito positivo, “determinerebbe la mancanza di una disciplina operante costituzionalmente necessaria”. Riprendendo la propria giurisprudenza, la Corte stabilisce che “i quesiti referendari in materia elettorale non possono avere ad oggetto una legge elettorale nella sua interezza, ma devono necessariamente riguardare parti di essa, la cui ablazione lasci in vigore una normativa complessivamente idonea a garantire il rinnovo, in ogni momento, dell’organo costituzionale elettivo […]” (sentenze nn. 16 e 15 del 2008). Inoltre, gli organi costituzionali o di rilevanza costituzionale “non possono essere esposti neppure temporaneamente alla eventualità di paralisi di funzionamento, anche soltanto teorica” (sentenza n. 29 del 1987). Infine, una condizione fondamentale e decisiva affinché un referendum elettorale possa essere considerato ammissibile è “la c.d. auto-applicatività della normativa di risulta, onde consentire in qualsiasi momento il rinnovo delle assemblee rappresentative” (sentenze nn. 16 e 15 del 2008 e n. 13 del 1999). Il quesito n. 1, dunque, proponendo l’abrogazione totale della legge n. 270 del 2005, non soddisfa questa condizione.

La Corte, in particolare, non è allineata alle considerazioni del Comitato promotore nella parte in cui si afferma che “laddove l’esito del referendum fosse favorevole all’abrogazione, sarebbe automaticamente restituita in vigore (attraverso il meccanismo della reviviscenza) la precedente legislazione elettorale”. Infatti, secondo la Corte, “la tesi della reviviscenza di disposizioni a séguito di abrogazione referendaria non può essere accolta perché […] ove fosse seguìta tale tesi, l’abrogazione, non solo in questo caso, avrebbe come effetto il ritorno in vigore di disposizioni da tempo soppresse, con conseguenze imprevedibili per lo stesso legislatore […] con ricadute negative in termini di certezza del diritto”(sentenza n. 422 del 1995). In tal senso, anche con le ultime pronunce, la Corte ha affermato che “l’abrogazione, a séguito dell’eventuale accoglimento della proposta referendaria, di una disposizione abrogativa è […] inidonea a rendere nuovamente operanti norme che, in virtù di quest’ultima, sono state già espunte dall’ordinamento (sentenza n. 28 del 2011) […]”.

In merito alla possibilità di ripristino di norme precedentemente abrogate, la Corte afferma che tale fenomeno non è di regola ammesso, salvo “in ipotesi tipiche e molto limitate, e comunque diverse da quella dell’abrogazione referendaria in esame”.

– Il quesito n. 2 è considerato anch’esso “inammissibile” sia per le stesse motivazioni espresse al riguardo del primo quesito, sia per “contraddittorietà e assenza di chiarezza”.

Il quesito propone l’abrogazione dell’art. 2 della legge n. 270 del 2005 e di 71 alinea – cioè le frasi iniziali di ognuno dei commi oggetto della richiesta, che dispongono l’abrogazione o la sostituzione delle norme elettorali prima in vigore – contenuti negli artt. 1, 4, 5, 6 e 8 delle medesima legge. In particolare, la Corte rileva che sono oggetto del quesito solo gli enunciati che ordinano la sostituzione, e non i “sottotesti”, vale a dire le disposizioni che sono poste in luogo delle norme abrogate. In questo caso, l’eventuale abrogazione delle disposizioni che contengono gli “ordini di sostituzione” non implica anche l’abrogazione delle norme che sostituiscono o modificano quelle abrogate.

Il quesito n.2, dunque, secondo la Corte, “non è idoneo a realizzare l’effetto cui vorrebbe giungere perché, contraddittoriamente, non determinerebbe l’abrogazione proprio delle norme sostitutive della precedente legislazione elettorale […]”.

Conclusioni della Corte

La Corte costituzionale dichiara inammissibili le richieste di referendum popolare per l’abrogazione della legge 21 dicembre 2005, n. 270 recante “Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”.

Luca Di Donato