Disposizioni in materia di outlet ed obbligo di regolarità contributiva nel settore del commercio sulle aree pubbliche. Modifiche alla legge regionale 7 febbraio 2005, n. 28 (Codice del Commercio. Testo unico in materia di commercio in sede fissa, su aree pubbliche, somministrazione di alimenti e bevande, vendita di stampa quotidiana e periodica e distribuzione di carburanti).
Regione: Toscana
Estremi: legge n.63 del 28-11-2011
Bur: n. 56 del 30-11-2011
Settore: Politiche infrastrutturali
Delibera C.d.M. del: 20-01-2012 / Impugnativa
Motivi dell’impugnativa:
La legge regionale, che detta disposizioni in materia di outlet ed obbligo di regolarità contributiva nel settore del commercio sulle aree pubbliche, nonché modifiche alla legge regionale 7 febbraio 2005, n. 28 (Codice del Commercio. Testo unico in materia di commercio in sede fissa, su aree pubbliche, somministrazione di alimenti e bevande, vendita di stampa quotidiana e periodica e distribuzione di carburanti) è censurabile relativamente alla disposizione, contenuta nell’articolo 6, che inserisce l’articolo 29 bis nella l.r. n. 28/2005. La nuova norma regionale stabilisce che, ai fini delle norme regionali sul commercio in aree pubbliche di cui si occupa il capo IV della l.r. n. 28/2005 “non trova applicazione l’articolo 16 decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno), per motivi imperativi di interesse generale ascrivibili, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera h), del medesimo decreto legislativo, all’ordine pubblico, alla sicurezza pubblica, all’incolumità pubblica, al mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, alla tutela dei consumatori”.
L’articolo 16 del d. leg.vo n.59/2010, che costituisce attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, riproducendo l’articolo 12 della stessa direttiva stabilisce:
«1. Nelle ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili, le autorità competenti applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali ed assicurano la predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai propri ordinamenti, dei criteri e delle modalità atti ad assicurarne l’imparzialità, cui le stesse devono attenersi.
2.Nel fissare le regole della procedura di selezione le autorità competenti possono tenere conto di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell’ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d’interesse generale conformi al diritto comunitario.
3. L’effettiva osservanza dei criteri e delle modalità di cui al comma 1 deve risultare dai singoli provvedimenti relativi al rilascio del titolo autorizzatorio.
4. Nei casi di cui al comma 1 il titolo e rilasciato per una durata limitata e non può essere rinnovato automaticamente, né possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre persone, ancorché giustificati da particolari legami con il primo».
La norma regionale, nel definire l’ambito di applicazione dell’articolo 16 del d. lgs. n. 59/2010, escludendovi la disciplina delle autorizzazioni al commercio su aree pubbliche e delle connesse concessioni di posteggio, invade la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza.
Inoltre, costituendo la norma statale puntuale applicazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno (in particolare dell’art. 12), la legge regionale finisce per violare anche il diritto dell’Unione europea. Infatti, l’art. 16 del citato decreto richiede, in caso di numero limitato delle autorizzazioni disponibili, una procedura selettiva che garantisca imparzialità e trasparenza, con un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo completamento e con espressa esclusione del rinnovo automatico e della concessione di vantaggi al prestatore uscente.
Tali modalità sono prescritte al fine di tutelare la libertà di stabilimento, la parità di trattamento, la non discriminazione dei partecipanti; principi tutti contemplati e salvaguardati nei Trattati europei e ascrivibili alla materia della concorrenza, attribuita, nell’ordinamento interno, alla competenza esclusiva del legislatore statale, al quale è demandato il compito di garantire il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché dì assicurare standard minimi ed uniformi di condizioni di accessibilità ai servizi sui territorio nazionale (in tal senso è l’art. 1, comma 2, del d. lgs. n.59/2010).
L’illegittimità della disposizione regionale discende ulteriormente dal fatto che la deroga con essa introdotta sarebbe fondata sull’assenta sussistenza di motivi imperativi di interesse generale, i quali, tuttavia, nel quadro della disciplina statale ed europea sull’esercizio del commercio su aree pubbliche, sono richiamati solo in quanto motivi di cui tenere conto nel fissare le regole per la procedura di selezione tra i. candidati, fermo restando, in ogni caso, il rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione tra i richiedenti.
In altri termini, i motivi imperativi di interesse generale – ove pure ricorrano nel caso concreto – non solo non fanno venir meno l’obbligo di rilasciare le autorizzazioni in parola all’esito di una procedura selettiva, ma neppure consentono alle autorità competenti di fissare, nell’ambito dì tali procedure, criteri di scelta che si risolvano. anche indirettamente, nella concessione di vantaggi al prestatore uscente, in quanto risulterebbe cosi violata la parità di trattamento tra i candidati. Né potrebbe obiettarsi che rimangono comunque impregiudicate le disposizioni contenute nella legge regionale a. 28/2005, alle quali va concretamente ricondotto l’effetto pregiudizievole per la concorrenza.
Queste disposizioni, in realtà, devono oggi essere valutate alla luce del nuovo parametro normativo introdotto con la “direttiva servizi”, che definisce, assieme alla normativa interna di recepimento, un assetto della materia tale da far ritenere superato e, dunque, non più applicabile, il quadro regolatorio delineato dalla citata legge regionale del 2005.
Infine, è utile richiamare per completezza espositiva l’ 84 del d. lgs. n. 59/2010, recante la ci clausola di cedevolezza, secondo cui le disposizioni contenute nel decreto “si applicano fino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione della direttiva 2006/123/CE adottata da ciascuna regione “, tenuta, pertanto, fino ad allora, a disapplicare le proprie norme contrastanti. La norma regionale dunque viola la potestà legislativa dello Stato in relazione all’art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione (“Tutela della concorrenza”), nonché in relazione all’art. 117, comma 1, della Costituzione, quanto ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.
Per questi motivi la legge deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.