Corte costituzionale, 11 marzo 2011, n. 78
Giudizio di legittimità costituzionale in via principale sollevato dallo Stato avverso la Regione Molise
Norme impugnate e parametri di riferimento:
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale degli articoli 31, commi 2, 3 e 8, lettera c); 32 e 33 della legge della Regione Molise 22 febbraio 2010, n. 8 (Disciplina sull’assetto programmatorio, contabile, gestionale e di controllo dell’Azienda sanitaria regionale del Molise), per violazione dell’articolo 120 della Costituzione. Premesso che il Presidente della Regione Molise è stato nominato commissario ad acta per il rientro dal deficit nel settore sanitario, le norme impugnate dispongono che: è la Giunta ad esercitare il controllo su tutti gli atti del Direttore generale dell’Azienda sanitaria regionale (art. 31, comma 2); gli atti adottati dalla Giunta nell’esercizio della funzione di vigilanza non sono soggetti a controllo (art. 31, comma 3); la Giunta può deliberare la risoluzione del contratto con il Direttore generale e la sua contestuale sostituzione, qualora questi non provveda nei termini all’adozione del bilancio e/o alla proposta per la copertura della perdita d’esercizio (art. 31, comma 8, lettera c).
Tali disposizioni violerebbero alcune delle prerogative fondamentali del commissario ad acta, e quindi l’art. 120 Cost.
Argomentazioni della Corte:
La Corte richiama preliminarmente la sua precedente sent. n. 2 del 2010 che ha dichiarato costituzionalmente illegittima una normativa legislativa della Regione Lazio che riservava esclusivamente agli organi ordinari della Regione la modifica delle disposizioni finanziarie, di bilancio e contabili, pur quando esse presentino profili di interferenza con l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario; tale disciplina, secondo la Corte, costituiva «un obiettivo svuotamento dei poteri del commissario ad acta», e si traduceva dunque in una violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost. Analogamente, la scelta del legislatore regionale del Lazio di disporre la proroga dei Direttori generali, nonché dei Direttori sanitari e amministrativi è stata ritenuta in contrasto con il potere del commissario.
Nel caso in esame, secondo la Corte, non è ravvisabile un diretto contrasto con i poteri del commissario, ma ricorre comunque una situazione di interferenza sulle funzioni commissariali, idonea ad integrare la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost. L’operato del commissario ad acta, incaricato dell’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata sopraggiunge, infatti, all’esito di una persistente inerzia degli organi regionali. Tale rilievo giustifica l’esigenza – coerente con la necessità di assicurare la tutela dell’unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto alla salute – – di porre al riparo da ogni interferenza degli organi regionali le funzioni amministrative del commissario, fino all’esaurimento dei suoi compiti di attuazione del piano di rientro.
Decisione della Corte:
La Corte dichiara costituzionalmente illegittime le disposizioni contenute nell’art. 31, commi 2, 3 e 8, lettera c), e negli artt. 32 e 33 della legge regionale impugnata, nella parte in cui non escludono dall’ambito della loro operatività le funzioni e le attività del commissario ad acta nominato dal Governo per l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo regionale in materia sanitaria.