Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 7 aprile 2011, n. 4

28.05.2011

Con sentenza n. 4 del 7 aprile 2011 l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato si è pronunciata sulle questioni relative (non solo) alla sussistenza in capo ad ogni impresa partecipante ad una procedura un interesse alla rinnovazione della gara e (soprattutto) sulla legittimazione ad agire e sull’interesse ad agire. In particolare, con ordinanza 18 gennaio 2011 n. 351, la Sesta Sezione aveva devoluto all’Adunanza plenaria numerosi quesiti riguardanti, da un lato, l’ordine di esame del ricorso principale e di quelli incidentali, nelle controversie relative a gare di appalto, nell’ipotesi in cui tutti i concorrenti abbiano contestato – in via principale e incidentale – la procedura, rivedendo l’indirizzo interpretativo già espresso nella decisione dell’Adunanza plenaria 10 novembre 2008 n. 11; dall’altro, la precisazione dell’onere di impugnazione immediata del bando di gara e la legittimazione all’impugnazione del bando, nonché la questione riguardante i limiti di ammissibilità di un’associazione temporanea costituita da soggetti che, in concreto e nel loro complesso, presentino requisiti soggettivi di partecipazione quantitativamente molto superiori rispetto ai limiti minimi indicati nel bando di gara.

Dopo avere sinteticamente riepilogato i contenuti dell’ordinanza di rimessione ed avere precisato che il thema decidendum è circoscritto alle sole questioni di diretta rilevanza ai fini della decisione della controversia, l’Adunanza plenaria afferma di “dovere attentamente rimeditare” le conclusioni alle quali è pervenuta con la pronuncia n. 11 del 2008, anche se per ragioni non del tutto coincidenti con quelle esposte nell’ordinanza di rinvio.

L’Adunanza plenaria non rinnega le premesse sistematiche di tale pronuncia in quanto espressione di principi cardine del giudizio amministrativo, sostanzialmente confermati e sviluppati dal codice del processo, ossia il canone di imparzialità del giudice e quello di parità delle parti. Del pari, secondo l’Adunanza plenaria viene riaffermato in termini generali la necessaria tutela dell’interesse strumentale, in quanto collegato ad una posizione giuridica attiva, protetta dall’ordinamento, la cui soddisfazione sia realizzabile unicamente attraverso il doveroso rinnovo dell’attività amministrativa.

Le argomentazioni esposte nella sentenza n. 4 del 2011, si sviluppano tenendo presente alcuni punti fermi: “a) l’esame delle questioni preliminari deve sempre precedere la valutazione del merito della domanda formulata dall’attore; b) il vaglio delle condizioni e dei presupposti dell’azione, comprensivo dell’accertamento della legittimazione ad agire e dell’interesse al ricorso, deve essere saldamente inquadrato nell’ambito delle questioni pregiudiziali; c) il ricorso incidentale costituisce uno strumento perfettamente idoneo ad introdurre, nel giudizio, una questione di carattere pregiudiziale rispetto al merito della domanda; d) la nozione di interesse strumentale non identifica un’autonoma posizione giuridica soggettiva, ma indica il rapporto di utilità tra l’accertata legittimazione al ricorso e la domanda formulata dall’attore; e) salve puntuali eccezioni, individuate in coerenza con il diritto comunitario, la legittimazione al ricorso, in materia di affidamento di contratti pubblici, spetta solo al soggetto che ha legittimamente partecipato alla procedura selettiva“.

Secondo il Consiglio di Stato, la necessità di definire il giudizio muovendo dall’esame delle questioni preliminari non solo costituisce l’applicazione di un principio generale desumibile dall’art. 276 c.p.c., in quanto tale applicabile al processo amministrativo anche prima dell’entrata in vigore del codice, ma è soprattutto espressione del concetto di pregiudizialità logica che impone la verifica della legittimazione alla proposizione del ricorso.

Rispetto a tale verifica è del tutto irrilevante lo strumento processuale utilizzato per evidenziare la questione: la contestazione della legittimazione e dell’interesse al ricorso, rilevabile anche d’ufficio, non occorre particolari forme processuali, ben potendo essere formulata anche nella semplice memoria difensiva. Con il che si deduce come anche quando la questione venga prospettata in  un ricorso incidentale, al fine di contestare la legittimazione al ricorso principale, il suo esame assume carattere necessariamente pregiudiziale e la sua accertata fondatezza preclude, al giudice, l’esame del merito delle domande proposte dal ricorrente. Ed è proprio il “rapporto di priorità logica nell’ordine di decisione della controversia delle questioni prospettate dalle parti” a rendere necessario che le eccezioni suscettibili di precludere l’esame del ricorso principale siano decise con precedenza su ogni altra sollevata.

Per inquadrare correttamente la questione dei i presupposti in presenza dei quali un soggetto possa validamente proporre ricorso contro gli atti di gara, il Consiglio di Stato premette un’affermazione di carattere generale, secondo cui “deve essere tenuta rigorosamente ferma la netta distinzione tra la titolarità di una posizione sostanziale differenziata che abilita un determinato soggetto all’esercizio dell’azione (legittimazione al ricorso) e l’utilità ricavabile dall’accoglimento della domanda di annullamento (interesse al ricorso)” e, ciò, a prescindere dal carattere “finale” o “strumentale” di tale vantaggio.

Secondo il Consiglio di Stato “la legittimazione al ricorso presuppone il riconoscimento della esistenza di una situazione giuridica attiva, protetta dall’ordinamento, riferita ad un bene della vita oggetto della funzione svolta dall’amministrazione o da un soggetto ad essa equiparato“, con la conseguenza la mera possibilità di conseguire una “qualche utilità pratica, indiretta ed eventuale” non vale ad integrare gli estremi della legittimazione: in questo senso, l’Adunanza plenaria rivede il proprio precedente orientamento espresso nella decisione n. 11/2008, secondo la quale andrebbe comunque esaminato, nel merito, il ricorso principale, nonostante l’accertata fondatezza del ricorso incidentale in considerazione dell’utilità pratica derivante, per il ricorrente stesso, dalla caducazione dell’intero procedimento. L’interesse alla rinnovazione della gara si rivela insufficiente a dimostrare la titolarità di una posizione giuridica differenziata – e quindi meritevole di tutela processuale – rispetto a quella che potrebbe vantare qualsiasi operatore del settore, che aspiri a partecipare ad una gara che l’Amministrazione in futuro indirà. Il Consiglio di Stato non dimentica di precisare come in materia di contenzioso su procedure ad evidenza pubblica la descritta regola generale conosce alcune deroghe, riconoscendo legittimazione in capo al soggetto che: a) contrasta la scelta della stazione appaltante di indire la procedura;  in quanto operatore economico “di settore”, che intende contestare un “affidamento diretto” o senza gara; impugna una clausola del bando immediatamente lesiva.

Secondo il Consiglio di Stato “al di fuori delle ipotesi tassativamente enucleate dalla giurisprudenza, pertanto, deve restare fermo il principio secondo il quale la legittimazione al ricorso, nelle controversie riguardanti l’affidamento dei contratti pubblici, spetti esclusivamente ai soggetti partecipanti alla gara, poiché solo tale qualità si connette all’attribuzione di una posizione sostanziale differenziata e meritevole di tutela“. Tale conclusione non esaurisce però la questione controversa, in quanto resta da definire il problema riguardante i caratteri che deve assumere la partecipazione alla gara, ai fini del riconoscimento della legittimazione al ricorso.

A questo proposito, l’Adunanza plenaria,  rileva come “la mera partecipazione (di fatto) alla gara non è sufficiente per attribuire la legittimazione al ricorso” occorrendo piuttosto che il soggetto ricorrente non sia stato escluso dalla gara con provvedimento (amministrativo o giurisdizionale) definitivo, ovvero sia stato ammesso in virtù di un atto illegittimo, contestato (anche) tramite ricorso incidentale. In altri termini, l’Adunanza Plenaria mostra di non condividere “né  l’orientamento «estremo», sostenuto da una parte della giurisprudenza, secondo la quale persino il concorrente definitivamente escluso sarebbe legittimato a proporre una domanda di annullamento dell’intera procedurané l’indirizzo più «moderato», secondo cui la legittimazione al ricorso, pur non spettando al ricorrente legittimamente escluso, andrebbe riconosciuta in capo al ricorrente comunque ammesso alla gara, sebbene in modo illegittimo“.

L’Adunanza plenaria, inoltre, ritiene utile soffermarsi sul tema del rapporto tra esame del ricorso incidentale e quello principale qualora il ricorso principale si diriga contro il bando di gara, e solo in via derivata, per illegittimità consequenziale, contro l’ammissione in gara dell’aggiudicatario e gli ulteriori atti del procedimento. Secondo il Consiglio di Stato il “temperamento” prospettato dalla Sezione remittente “non presenta giustificazione sistematica“, in quanto “non è determinante il momento procedimentale in cui si collocano le dedotte illegittimità della procedura di gara, bensì la effettiva incidenza delle censure prospettate con il ricorso incidentale sulla valutazione della legittimazione al ricorso“. La questione si potranno avere giudizi diversi, sempre, però, partendo dal presupposto che “assume in ogni caso carattere pregiudiziale, rispetto alla valutazione del merito, l’esame delle questioni concernenti la legittimazione della parte attrice“. Per tale ragione il consiglio di Stato afferma che non vi è ragione di esaminare l’ulteriore, complessa, questione prospettata dall’ordinanza di rinvio, concernente l’onere di immediata impugnazione del bando di gara, atteso che  detto profilo “non rileva, nemmeno indirettamente, nella presente vicenda contenziosa, né si connette in modo significativo con la questione generale del rapporto tra il ricorso incidentale e quello principale“.Ad. Plen. 4/2011

A cura di Filippo Degni