Bandi – tipo e tassatività delle cause di esclusione. L’Autorità di Vigilanza avvia la procedura di consultazione: un primo passo verso l’attuazione del Decreto sviluppo.

26.05.2011

L’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici ha avviato la procedura di consultazione delle stazioni appaltanti al fine di redigere i cd. bandi-tipo, ovvero i modelli standard di bando di gara sulla base dei quali le stazioni appaltanti dovranno predisporre i singoli bandi di gara.

Il documento di consultazione redatto dall’Autorità, oltre a costituire il primo passo verso l’attuazione dell’art. 64, comma 4 bis del Codice (introdotto dall’art. 4, comma 2, lett. h del decreto legge n. 70/2011), in quanto consentirà all’Autorità di individuare le clausole tassative di esclusione da inserire nei bandi tipo, dopo avere acquisito il parere del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti,  fornisce anche importanti indicazioni interpretative su alcuni nodi problematici posti dall’art. 4 del Decreto sviluppo.

Si riassumono di seguito i principali profili trattati.

In primo luogo, per quanto concerne il comma 1 bis dell’art. 46, l’Autorità ha chiarito che a seguito dell’entrata in vigore del decreto sviluppo l’esclusione dalla procedura di gara può essere disposta solo in caso di mancato adempimento delle prescrizioni previste dal Codice o dal Regolamento o dalla normativa vigente; in caso di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali; oppure nell’ipotesi in cui il plico contenente la domanda di partecipazione o l’offerta pervenga non integro o chiuso in modo irregolare.

A differenza della situazione che sovente si verificava secondo la normativa precedentemente vigente, le Amministrazioni non potranno più ancorare l’esclusione alla violazione di oneri meramente formali imposti dalla lex specialis, ma, ferma restando la discrezionalità nel fissare requisiti di partecipazione diversi ed ulteriori purché siano ragionevoli, logici e proporzionati all’oggetto della gara, le stazioni appaltanti potranno disporre l’esclusione nei casi codificati dai bandi-tipo, nonché in tutte le ipotesi in cui un determinato adempimento è inteso dal Codice o dal Regolamento come doveroso, pur essendo assistito espressamente dalla sanzione dell’esclusione (cfr. par. 3.3. del documento allegato). In quest’ultimo caso ben potrà il bando di gara richiedere quell’adempimento a pena di esclusione, in quanto previsto dalla normativa vigente.

Per quanto concerne la sanzione della nullità che colpisce le cause di esclusione non contemplate nei bandi tipo e che non trovano fondamento nella legge, l’Autorità ha puntualizzato che la scelta di tale sanzione, in luogo di quella classica dell’annullabilità, induce a ritenere che tali clausole siano immediatamente ed automaticamente inefficaci e possono essere disapplicate dal seggio di gara senza che sia necessario il loro annullamento.

Sempre in relazione alla nuova formulazione dell’art. 46 del Codice, il documento in commento ha chiarito che il potere accordato alle stazioni appaltanti di derogare, nella delibera a contrarre, il bando tipo, non può spingersi al punto di introdurre clausole di esclusione non derivanti dalla normativa vigente, ma può riguardare, in concreto, solo ipotesi derivanti dalla normativa vigente ma non contemplate dai bandi tipo, perché, ad esempio, introdotte dopo la loro adozione.

In secondo luogo, dopo avere definito le singole cause di esclusione che potrebbero essere inserite nei bandi tipo, l’Autorità si è soffermata sulle modifiche introdotte nell’art. 38 del Codice, sottolineando la difficoltà applicativa della nuova formulazione, dal momento che in sede di conversione alcune modifiche apportate dal decreto sviluppo sono state eliminate, con la conseguenza che le norme introdotte dalla legge di conversione sono applicabili anche retroattivamente a bandi, avvisi e lettere di invito successivi al 14 maggio 2011.

Infine, merita di essere segnalata la terza parte del documento dedicata al costo del personale e all’interpretazione dell’art. 81, comma 3 bis, del Codice.

Tale disposizione è stata subito al centro di un vivace dibattito tra gli operatori del settore, in quanto sembra porre sullo stesso piano il costo del lavoro e il costo della sicurezza, imponendo alle stazioni appaltanti di indicare nel bando di gara non solo l’importo degli oneri della sicurezza non soggetti a ribasso ma anche il costo del lavoro, calcolato sulla base dei minimi salariali definiti dai contratti collettivi di settore.

L’Autorità, evidenziando che una siffatta interpretazione poneva difficoltà pratiche non indifferenti, sia perché per molti servizi è impossibile evidenziare il costo del personale in sede di progettazione, sia perché escludendo il costo del lavoro dal confronto concorrenziale, il confronto tra le imprese si baserebbe solo sull’utile e sul costo dei materiali, ha suggerito una interpretazione alternativa della norma citata. Infatti, affermare che l’offerta migliore è determinata “al netto delle spese relative al costo del personale” implica semplicemente che l’offerta dell’aggiudicatario non può essere giustificata sulla base del mancato rispetto dei minimi contrattuali del personale impiegato, come già era previsto dall’art. 87, comma 3, del Codice. 

A cura di Filippo Lacava