(Consiglio di Stato, Sezione Quinta, 16 settembre 2011, n. 5186 e n. 5194)
Con due sentenze depositate lo stesso giorno (il 16 settembre 2011), la n. 5186 e la n. 5194, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha esaminato la questione della rilevanza del requisito della regolarità contributiva prospettando due orientamenti apparentemente contrastanti.
Nella prima pronuncia il Consiglio di Stato ha accolto l’appello promosso da un operatore economico avverso la sentenza con la quale il TAR aveva respinto il ricorso avente ad oggetto il provvedimento di esclusione disposto dall’Amministrazione a seguito dell’accertamento di una pregressa situazione di irregolarità contributiva dell’impresa.
Prima di analizzare le considerazioni esposte dal Collegio a tale riguardo, non pare inopportuno richiamare l’attenzione sul passaggio della sentenza in cui è stato ben distinto l’interesse dell’appellante all’annullamento del provvedimento di esclusione, propedeutico alla successiva segnalazione all’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici – AVCP, rispetto a quello all’aggiudicazione al contratto.
In particolare, l’interesse alla rimozione del primo provvedimento sussiste anche a seguito della collocazione dell’impresa come seconda in graduatoria e, soprattutto, a prescindere dal fatto che la ricorrente non abbia contestato la mancata aggiudicazione. E’ ragionevole, del resto, non pretendere di far coincidere le due posizioni, stante la diversità dei beni sostanziali: da un lato, vi è quello dell’impresa a non vedere avviato il procedimento dell’AVCP (e, quindi, conservare la propria posizione giuridica di operatore economico); dall’altro, si rinviene quello a conseguimento dell’appalto (ossia, alla tutela di un interesse pretensivo). La mancata contestazione dell’esito della gara, oggetto di censura solo nei termini di illegittimità derivata si riflette solo sull’inammissibilità della pretesa a conseguire l’aggiudicazione del contratto e non anche su quella all’annullamento del provvedimento di esclusione.
Nel merito, il Collegio affronta il tema della rilevanza del Documento Unico di Regolarità Contributiva – DURC premettendo come anche l’orientamento più recente che riconosce l’insindacabilità del contenuto di tale documento non implica una sorta di abrogazione implicita dell’art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e s.m.i., laddove si impone la sanzione dell’esclusione nei confronti di quei soggetti che abbiano “commesso violazioni gravi, definitivamente accertate alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali”. Secondo la Quinta Sezione occorre effettuare un’opera di raccordo tra le due discipline che va individuato nella valutazione dell’incidenza di quanto attestato nel DURC rispetto alla specifica procedura di affidamento e che si esplicita in una valutazione, di natura propriamente discrezionale, riservata alla stazione appaltante.
In particolare, l’Amministrazione competente, senza certo spingersi sino a sindacare il contenuto del DURC, è comunque chiamata a verificare se le violazioni da esso certificate siano da considerarsi gravi e definitivamente accertate in relazione all’oggetto e alle modalità di svolgimento della gara.
In questa prospettiva, il Consiglio di Stato ha ritenuto di dover annullare la sentenza di primo grado in quanto il TAR, pur avendo correttamente inquadrato la sfera di operatività dell’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, aveva erroneamente ritenuto insufficienti le giustificazioni fornite dall’impresa nel corso della gara.
In particolare, non erano state prese in considerazione alcune circostanze invero rilevanti, come quella relativa all’esiguità delle somme non versate, quella relativa all’origine del mancato versamento, da considerarsi frutto di un mero disguido non imputabile all’impresa e, quella, infine, relativa al mancato avvio di un procedimento sanzionatorio nei confronti della stessa.
Aderendo ad un’acritica interpretazione del dato normativo, la stazione appaltante si era limitata a rilevare il fatto dell’omesso versamento, senza considerare la fattispecie nel suo complesso. A tale riguardo, la Sezione Quinta ha sottolineato l’errore in cui era incorsa l’Amministrazione, rilevando che “un conto è la regolarità contributiva formale, che è un dato oggettivo, rimessa al potere di accertamento dell’istituto previdenziale, un conto è la gravità della violazione contributiva e previdenziale, ai fini della partecipazione ad una gara, la cui valutazione è rimessa all’Amministrazione appaltante che, in concreto e al di fuori di ogni automatismo, deve verificare la presenza di indici sintomatici della gravità dell’infrazione, tali da giustificare l’estromissione dalla gara”.
Proprio in considerazione della diversa valutazione da effettuare, coerentemente con la differente natura degli interessi tutelati, la stazione appaltante avrebbe dovuto considerare le risultanze del DURC “come meri elementi indiziari, dai quali non può prescindersi, ma che comunque non esauriscono l’ambito di accertamento circa la sussistenza di una violazione grave”. In altri termini, “una volta acquisito il DURC, spetta alla stazione appaltante valutare se le risultanze ivi contenute, oggettivamente non controvertibili, siano idonee e sufficienti anche a giustificare un giudizio in termini di gravità di una violazione che sia emersa dal DURC”.
Nella seconda sentenza, il Consiglio di Stato sembra aderire ad un’interpretazione più restrittiva, in quanto viene respinto il gravame proposto da un’impresa esclusa per irregolarità contributive fondando la legittimità di tale decisione sulle risultanze del DURC.
In particolare, la controversia verteva sulla pretesa illegittimità della revoca dell’aggiudicazione provvisoria, e della successiva aggiudicazione definitiva a favore della seconda classificata conseguente all’accertamento della situazione di irregolarità contributiva esistente in capo all’esclusa alla data di scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione (26 gennaio 2009).
Il Consiglio di Stato ribadisce, anzitutto, che la sussistenza del requisito della regolarità contributiva, necessario per la partecipazione alle procedure di gara, debba essere verificata con riferimento al momento ultimo previsto per la presentazione delle offerte, a nulla valendo una eventuale regolarizzazione successiva della posizione contributiva, “la quale, se può risolvere il contenzioso dell’impresa con l’ente previdenziale, non potrà però in alcun modo sovvertire l’oggettivo dato di fatto dell’irregolarità ai fini della singola gara”.
Tale conclusione, del resto, trova conforto nel consolidato principio secondo il quale la legittimità di un provvedimento amministrativo possa essere vagliata solo alla luce della situazione esistente quando esso fu emanato, risultando irrilevanti eventuali atti sopravvenuti.
La Sezione Quinta, inoltre, afferma che una volta accertata l’irregolarità contributiva, la “revoca dell’aggiudicazione provvisoria si presentava come un atto dovuto … e questo vuoi perché la stessa aggiudicazione era stata emessa in dichiarata attesa della verifica del possesso dei requisiti di partecipazione alla gara, vuoi perché, come si è appena esposto, una regolarizzazione postuma, ancorché sollecita, non avrebbe potuto ovviare alla mancanza del requisito di regolarità contributiva”
Non solo. Nella sentenza che qui segnala si esprime l’avviso che “anche il semplice ritardo nei versamenti contributivi possa integrare una grave violazione dei relativi obblighi, atteso che nel settore previdenziale, come opportunamente ricorda l’impugnato provvedimento di revoca, in considerazione dei gravi effetti negativi derivanti dalla inosservanza degli obblighi in materia sui diritti dei lavoratori, sulle finanze pubbliche e sulla concorrenza tra le imprese, debbono considerarsi «gravi» tutte le inadempienze rispetto ai predetti obblighi, salvo che non siano riscontrabili adeguate giustificazioni (che peraltro nel caso di specie non sono state fornite), inerenti, ad esempio, alla pendenza di contenziosi di non agevole e pronta definizione, ovvero alla necessità di verificare le condizioni per un condono o una rateizzazione”.
Il Collegio ha altresì richiamato il d.m. 24 ottobre 2007 per evidenziare che “nel disciplinare le modalità di rilascio del D.U.R.C.” il decreto ha definito autonomamente la soglia di gravità dell’inadempimento e ciò “non può non limitare sul punto anche la discrezionalità delle stazioni appaltanti (v. la Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 30/01/2008 n. 5), che al riguardo ben possono quindi limitarsi a prendere atto della certificazione espressa dal D.U.R.C.”.
Probabilmente, la contraddizione è da ritenersi solo apparente: la prima sentenza, infatti, è intervenuta in una fattispecie di carattere eccezionale, nell’ambito della quale appariva dubbia l’esistenza stessa della irregolarità, non essendo la stessa imputabile per tabulas all’impresa. Nel secondo caso, invece, il Consiglio di Stato ha riconfermato il proprio orientamento rigoroso in tema di incidenza del requisito della regolarità contributiva e, ciò, sul presupposto che nella fattispecie non era in discussione l’avvenuto accertamento della violazione di tali regole. Appare condivisibile, in particolare, la preoccupazione, seppur non espressa dal Collegio, di evitare che gli operatori possano presentare le domande di partecipazione anche in difetto di un valido DURC riservandosi di regolarizzare la loro posizione successivamente, ossia quando è certo (o, comunque, probabile) l’aggiudicazione della gara.