Corte costituzionale, 24 luglio 2009, n. 237
Giudizi di legittimità costituzionale in via principale sollevati dalle Regioni Toscana e Veneto avverso lo Stato
Norme impugnate e parametri di riferimento:
Le Regioni ricorrenti hanno impugnato, tra gli altri, i commi 17, 18, 20, 21 e 22 dell’art. 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 aventi ad oggetto il riordino delle Comunità montane, nella parte in cui, rispettivamente:
– (comma 17) affidano alle Regioni, al fine di concorrere agli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, il compito di provvedere con proprie leggi, sentiti i Consigli delle autonomie locali, al riordino della disciplina delle Comunità montane, in modo da ridurre di almeno un terzo (rispetto ai dati 2007) la spesa corrente per il funzionamento di tali unioni di comuni;
– (comma 18) dettano i principi fondamentali (la riduzione del numero complessivo delle Comunità montane, la riduzione del numero e delle indennità dei componenti dei rispettivi organi rappresentativi) di cui le Regioni devono “tenere conto” in sede di adozione delle leggi regionali di riordino delle Comunità montane;
– (comma 20) stabiliscono che, in caso di mancata adozione delle leggi regionali di riordino delle Comunità montane, si producono gli effetti disciplinati dalla legge statale (tra cui la soppressione di alcune Comunità montane e la cessazione dall’appartenenza alle Comunità montane di alcuni Comuni);
– (comma 21) da un lato, prevedono un meccanismo di accertamento delle riduzioni di spesa effettivamente conseguite dalle Regioni e, dall’altro lato, determinano la caducazione delle leggi regionali di riordino delle Comunità montane ritenute inadeguate all’attuazione degli obiettivi posti dal legislatore statale;
– (comma 22) attribuiscono ad un atto amministrativo (sotto forma di d.P.C.M.) statale efficacia abrogativa delle disposizioni regionali di riordino delle Comunità montane, laddove giudicate insufficienti a garantire le riduzioni di spesa previste dal legislatore statale.
Argomentazioni della Corte:
La Corte ricostruisce preliminarmente, sulla base della sua precedente giurisprudenza in materia, la natura giuridica delle Comunità montane, confermandone la natura di “unioni di Comuni” la cui disciplina (secondo quanto previsto dallo stesso art. 27 del testo unico, d.lgs. n. 267 del 2000) è riconducibile alla competenza legislativa residuale delle Regioni ex art. 117, co. 4 Cost. (dovendosi, infatti, escludere l’applicazione nel caso in esame della competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, co. 2, lett. p), che si riferisce tassativamente ai soli enti locali ivi espressamente elencati). Conseguentemente, la Corte si sofferma a verificare se le norme impugnate possano rivenire un autonomo titolo di legittimazione nella competenza dello Stato relativa alla armonizzazione dei bilanci pubblici.
Con riferimento al comma 17 impugnato, secondo la Corte la disciplina che dispone in merito al riordino delle Comunità montane, in quanto strumento per la riduzione della “spesa corrente”, va intesa quale espressione della legislazione statale di principio in materia di coordinamento della finanza pubblica (che non comporta un’indebita invasione dell’autonomia finanziaria delle Regioni e degli Enti locali ex art. 119 Cost.).
Le disposizioni del comma 18, invece, sono interpretate come non vincolanti per le Regioni, limitandosi a fornire al legislatore regionale alcuni “indicatori” che si limitano a fornire un orientamento di massima sulle modalità con le quali deve essere attuato il riordino delle Comunità montane.
Quanto agli effetti sanzionatori previsti dal comma 20 in caso di inerzia regionale, la Corte dubita che tale disposizione, in quanto recante una disciplina di dettaglio ed autoapplicativa che non lascia spazio all’intervento regionale, possa essere ricondotta ai principi fondamentali sulla finanza pubblica.
Duplice è, invece, il giudizio della Corte sul comma 21: tale disposizione si presenta, infatti, immune da vizi di costituzionalità nella prima parte del comma che si limita a prevedere un semplice accertamento, a fini meramente ricognitivi, delle effettive riduzioni di spesa; più critica appare, invece, la seconda parte, giacché è escluso dal sistema costituzionale che il legislatore statale utilizzi la potestà legislativa allo scopo di rendere inapplicabile una legge regionale che ritenga illegittima, ovvero dannosa o inopportuna.
Infine, la Corte afferma che il comma 22 costituisce una disciplina autoapplicativa e di dettaglio che non riveste carattere di principio fondamentale della materia relativa al coordinamento della finanza pubblica.
Decisione della Corte:
La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2, commi 20, 21 (ultimo periodo) e 22 della legge 24 dicembre 2007, n. 244; le restante questioni di legittimità costituzionale sono dichiarate inammissibili.
Giurisprudenza richiamata:
– sulla natura giuridica delle Comunità montane e sulla loro riconduzione alla potestà legislativa residuale delle Regioni: Corte costituzionale, sent. n. 244 del 2005 e n. 397 del 2006;
– sulle finalità di contenimento della spesa pubblica corrente come espressione della finalità di coordinamento finanziario: Corte costituzionale, sent. n. 4 e n. 425 del 2004:
sulla possibilità per il legislatore statale, nell’adozione delle disposizioni di principio relative al contenimento della spesa pubblica e al rispetto del patto di stabilità interno, di stabilire solo un limite complessivo che lasci agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse tra i diversi ambiti e obiettivi di spesa: Corte costituzionale, sent. n. 36 del 2004, n. 417 del 2005 e n. 159 del 2008