La decisione del Consiglio di Stato, Sez. V, 13 ottobre 2010, n. 7470, consente di formulare alcune brevi considerazioni in tema di oneri di pubblicità incombenti sulle stazioni appaltanti posti a tutela del principio di trasparenza delle procedure di affidamento di contratti pubblici.
La controversia riguardava la gara indetta da una Azienda Sanitaria Locale per un appalto di servizi, a conclusione della quale una delle partecipanti impugnava tutti gli atti di gara contestando, fra l’altro, come la commissione non avesse provveduto all’apertura del plico contenente l’offerta tecnica in seduta pubblica.
Il TAR Veneto, Sez. I, con sentenza breve datata 27 gennaio 2010, n. 174, respingeva la censura della ricorrente osservando che ai fini della corretta applicazione dei limiti di applicabilità del principio di pubblicità delle sedute bisogna distinguere tra procedure che prevedono sistemi di aggiudicazione di tipo automatico e quelle che, per converso, prevedono criteri di valutazione tecnico-discrezionale volti all’individuazione dell’offerta più vantaggiosa. Nella prima tipologia di procedure l’obbligo di pubblicità è generalmente totale, così da consentire il controllo delle varie fasi di svolgimento della gara da parte dei concorrenti. Nelle seconde, in cui occorre effettuare una valutazione discrezionale sulla rispondenza delle offerte ai parametri tecnici predeterminati, la commissione è tenuta a svolgere una preliminare verifica in ordine alla regolarità dei plichi presentati contenenti la documentazione amministrativa e le offerte tecnica ed economica da svolgersi in seduta pubblica, cui segue la valutazione tecnico-qualititativa dell’offerta, la quale va effettuata, assieme all’apertura della relativa busta, in seduta riservata al fine di evitare influenze esterne sui giudizi dei membri della commissione giudicatrice.
La Sezione V conferma tale orientamento ribadendo come i principi di pubblicità e trasparenza delle sedute della commissione di gara non devono intendersi come vincolanti in senso assoluto, essendo per converso derogabili entro certi limiti dalla lex specialis.
Un caso di deroga è proprio quello di una procedura di gara da affidarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, nel corso della quale è del tutto legittimo che il bando preveda la valutazione in seduta riservata dell’offerta tecnica, ivi inclusa, per comprensibili esigenze di economicità della procedura, l’operazione di apertura delle relative buste nel corso di tale seduta.
Per converso, l’obbligo di pubblicità delle sedute delle commissioni di gara non pare derogabile relativamente alla fase dell’apertura dei plichi contenenti la documentazione e l’offerta economica dei soggetti partecipanti.
La ratio ispiratrice della decisione è quella per cui il rispetto del principio di pubblicità si rende doveroso solo nei casi in cui le attività che devono essere svolte dal seggio di gara implichino la adozione di decisioni suscettibili di riverberarsi sulla partecipazione o meno dei concorrenti alla procedura: in questo senso, si richiamano i precedenti della stessa Sezione V, 14 ottobre 2009 n. 6311 e 11 maggio 2007 n. 2355).
Il principio di pubblicità, peraltro, trova applicazione in quanto strumentale a consentire al privato di vigilare sull’operato dell’Amministrazione e, ciò, implica che tali attività siano suscettibili di essere devolute alla cognizione del Giudice Amministrativo. In questa prospettiva, se non vi è dubbio che le attività di verifica del possesso dei requisiti e quelle proprie della procedura di gara aggiudicata secondo il criterio del massimo ribasso sono pienamente valutabili in sede contenziosa, appare altrettanto indubbio come le valutazioni discrezionali relative alle offerte tecniche nelle procedure aggiudicate mediante offerta economicamente più vantaggiosa si caratterizzino per la presenza di attività consistenti in giudizi di merito (discrezionali, appunto), sottratti allo sindacato di legittimità.
Non appare irragionevole, allora, che si possa escludere l’obbligo di pubblicità in relazione alle sedute della commissione di gara qualora si tratti di formulare valutazioni discrezionali.
A tale ordine di considerazioni si aggiunge l’ulteriore notazione per cui deve tenersi conto della natura di atto pubblico dei verbali redatti dalla Commissione di gara: ogni verbale della commissione è dotato, sul piano probatorio, di una forza privilegiata tale che esso fa piena prova, fino a querela di falso, oltre che della sua provenienza e delle dichiarazioni delle parti, degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti; ne consegue che il verbale di gara non può essere oggetto di impugnazione per la materiale operazione di verifica del contenuto delle buste presentate dai concorrenti, cioè per la mera attività di verbalizzazione di fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale, attività che non consente margine di apprezzamento discrezionale e la cui contestazione non può che assumere la forma della querela di falso.