Corte Costituzionale, sentenza 4 giugno 2010, n. 195 – Illegittimità costituzionale della legge Regione Lazio, 16 aprile 2009, n. 14, in materia personale pubblico

12.05.2010

Corte Costituzionale, sentenza 4 giugno 2010, n. 195.

È costituzionalmente illegittima la legge della regione Lazio 16 aprile 2009, n. 14 (Disposizioni in materia di personale), la quale stabilisce, in particolare, che «è fatta salva la qualifica o categoria già attribuita al personale alla data di entrata in vigore della presente legge per effetto dell’applicazione dell’articolo 22, comma 8, della legge regionale 1° luglio 1996, n. 25 (Norme sulla dirigenza e sull’organizzazione regionale) e successive modifiche, purché lo stesso abbia svolto le funzioni o mansioni corrispondenti alla predetta qualifica o categoria, conferite con atto formale ed effettivamente esercitate per almeno un triennio».

Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato la legge della regione Lazio 16 aprile 2009, n. 14 (Disposizioni in materia di personale), la quale si porrebbe in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione. La disciplina impugnata – che concerne i meccanismi di inquadramento dei dipendenti regionali provenienti da altre amministrazioni – ad avviso del ricorrente, nel far salvi gli effetti di provvedimenti di reinquadramento di dipendenti regionali adottati in applicazione del regolamento della Giunta regionale 10 maggio 2001, n. 2 (Regolamento di attuazione dell’art. 22, comma 8, della legge regionale 1° luglio 1996, n. 25), eluderebbe la pronuncia con cui il Tribunale amministrativo del Lazio ha annullato il predetto regolamento n. 2 del 2001 e, dall’altro lato, consentirebbe l’accesso dei dipendenti a funzioni più elevate in deroga alla regola del pubblico concorso.   

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge regionale, la quale nel riconoscere nel riconoscere ad un vasto numero di dipendenti regionali (ivi compresi molti dirigenti) l’accesso ad un livello superiore di inquadramento, acquisito in base ad un procedimento di «perequazione» esclusivamente ad essi riservato, rappresenta una deroga al principio del concorso pubblico. Il concorso pubblico, quale «forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni», è infatti necessario non soltanto nelle «ipotesi di assunzione di soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni, [ma anche…] nei casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio (ciò che comunque costituisce una “forma di reclutamento”)».

La natura delle «peculiari e  straordinarie esigenze di interesse pubblico» che consentono al legislatore di derogare al principio costituzionale del concorso pubblico devono essere ricollegabili alle peculiarità delle «funzioni» che il personale da reclutare è chiamato a svolgere, devono riferirsi a specifiche necessità «funzionali» dell’amministrazione, devono essere desumibili dalle «funzioni» svolte dal personale reclutato. È da escludere che ragioni giustificative della deroga al concorso pubblico possano essere ricollegate ad un particolare interesse degli stessi beneficiari della deroga o, comunque, ad esigenze strumentali dell’amministrazione, connesse alla gestione del personale.

A cura di Giovanna Perniciaro