L’efficacia dei Piani di zona di cui alla legge 167/1962 non è sottoposta a valutazione discrezionale della P.A. ovvero dell’Ente, dovendosi ritenere operante l’istituto della decadenza qualora, scaduto il termine diciottennale previsto ex lege, non sia intervenuta la proroga della Regione su richiesta del Comune interessato, ai sensi dell’art. 9 della legge 167/62.
Al riguardo, va considerato l’art. 1 bis del d.l. 901/84 che prevede un termine semestrale per i piani in scadenza entro il 31 dicembre 1987, così salvando i piani suddetti qualora entro il predetto termine siano adottati atti o iniziati procedimenti preordinati all’acquisizione delle aree o all’attuazione degli interventi. Esso va interpretato nel senso di sottrarre i beni privati a procedure ablative di durata indeterminata o, comunque, rimesse alla discrezionalità della P.A. Pertanto, non basta una generica attività da parte del concedente o del concessionario ai fini della proroga dell’efficacia del piano di zona dovendo essa consistere in comportamenti inequivoci e fattivi, a nulla rilevando la compatibilità del piano di zona con la variante urbanistica ad esso posteriore.
Qualora nessuna procedura ablativa sia perfezionata ovvero qualora non venga in concreto realizzato nessun immobile, non può nemmeno ritenersi sussistente un diritto di superficie ovvero la sua cessione, da parte del consorzio preesistente, in capo alle cooperative edilizie. Infatti, l’acquisizione del diritto di superficie in capo ai soggetti menzionati sorge solo al perfezionarsi di una duplice condizione: l’espletamento delle espropriazioni e la realizzazione degli immobili. Se il piano scade, viene meno la posizione differenziata di queste rispetto ad uno strumento urbanistico.