Corte costituzionale, 17 marzo 2010, n. 100
Giudizio di legittimità costituzionale in via principale promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri avverso la legge della Regione Campania 8 novembre 2008, n. 16 (Misure straordinarie di razionalizzazione e riqualificazione del sistema sanitario regionale per il rientro dal disavanzo).
Norme impugnate e parametri di riferimento:
Sono state impugnate, per violazione, nel complesso, degli articoli 3, primo comma, 51, 81, quarto comma, 97, primo e terzo comma, 117 e 118 della Costituzione e del principio di leale collaborazione, le seguenti disposizioni della suddetta legge regionale: gli artt. 4, comma 2 e 7.
1) L’art. 4 – dopo aver stabilito, al comma 1, la non rinnovabilità o rinegoziabilità delle consulenze in essere conferite dalle Aziende sanitarie locali- dispone, al comma 2, che, “in previsione della scadenza” delle medesime, l’Assessorato regionale possa incaricare della consulenza, se professionalmente competente, il proprio personale in servizio, prevedendo altresì che la corresponsione della remunerazione resti a carico dell’Azienda, secondo le previsioni contrattuali vigenti. In assenza di personale competente, l’Assessorato può autorizzare l’Azienda alla stipula del contratto di consulenza esterno. La disposizione di cui al comma 2, reintroducendo surrettiziamente la facoltà incondizionata delle Aziende sanitarie locali di affidare nuove consulenze o di rinnovare le consulenze in essere contrasta con il principio fondamentale espresso in materia di coordinamento della finanza pubblica dall’art. 46 del d.l. 112/2008 (convertito nella legge n. 133/2008), secondo il quale l’affidamento di consulenze è subordinato a rigorosi limiti e condizioni, che consentono di valutare l’utilità e la rilevanza degli incarichi per l’azienda sanitaria in relazione alle esigenze di contenimento della spesa pubblica. Tali presupposti legittimanti l’affidamento della consulenza riguardano: la specificità dell’oggetto dell’incarico e la sua strumentalità rispetto alle esigenze dell’amministrazione conferente; l’impossibilità oggettiva di utilizzazione di risorse interne; la temporaneità della prestazione e la sua valutazione in termini di grado elevato di qualificazione; la possibilità di prescindere dal requisito della comprovata specializzazione universitaria solo in presenza dell’accertamento rigoroso di una esperienza qualificata, maturata nel settore ove si presta attività di consulenza. Nella disposizione regionale in esame non vi è alcuna menzione di tali limiti e condizioni. Anzi per il nuovo affidamento di consulenze, sia a soggetti esterni, sia a personale in servizio presso l’Assessorato, o per il rinnovo di quelle in essere, è necessaria la sola richiesta dell’Azienda interessata. Anche sotto tale profilo la disposizione in esame eccede dalla competenza concorrente attribuita alla regione in materia di coordinamento della finanza pubblica e viola pertanto l’art. 117, comma 3, della Costituzione.
2) L’articolo 7 della legge in oggetto dispone l’obbligo per le A.S.L. e per le Aziende Ospedaliere di bandire concorsi riservati per i lavoratori che abbiano prestato servizio in modo continuativo da almeno tre anni presso strutture sanitarie private provvisoriamente accreditate, e che siano stati licenziati o posti in mobilità a seguito di provvedimento di revoca dell’accreditamento. Tale disposizione eccede dalla competenza del legislatore regionale e risulta incostituzionale sotto vari profili. – Innanzitutto la previsione in discorso viola il principio del pubblico concorso di cui agli artt. 3, 51, 97 (commi primo e terzo) della Costituzione. Tale principio è stato più volte ribadito da una copiosa giurisprudenza costituzionale, che da ultimo e specificamente in materia di procedure concorsuali riservate ha affermato come esso costituisca “la regola per l’accesso all’impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, da rispettare allo scopo di assicurare la loro imparzialità ed efficienza” (sent. n. 81/2006) e che ” La regola del pubblico concorso può dirsi rispettata solo quando le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie ed irragionevoli forme di restrizione nell’ambito dei soggetti legittimati a parteciparvi. Pertanto il principio del pubblico concorso, pur non essendo incompatibile, nella logica di agevolare il buon andamento dell’amministrazione, con la previsione per legge di condizioni di accesso intese a consentire il consolidamento di pregresse esperienze lavorative maturate nella stessa amministrazione, tuttavia non tollera – salvo circostanze del tutto eccezionali, la riserva integrale dei posti disponibili in favore del personale interno” (sent. n. 205/2004). – In secondo luogo, e subordinatamente alla possibilità che possa essere espletato il previsto concorso riservato, la norma regionale in esame, comportando, come si è detto, un impegno di spesa che non è in linea con gli obiettivi di rientro dal disavanzo derivanti dal menzionato Accordo fra Governo e Regione (adottato ai sensi dell’art. 1, comma 180, l. 311/2004, e recepito nella delibera di Giunta Regionale n. 460 del 20 marzo 2007), implica maggiori costi per il personale, privi di copertura finanziaria e risulta pertanto in contrasto con il principio costituzionale di cui all’art 81 Cost., secondo il quale ogni legge che imponga nuovi o maggiori oneri finanziari deve indicarne la relativa copertura.
Argomentazioni della Corte:
In merito al primo profilo di censura, la Corte, premesso che la regolamentazione delle modalità di accesso al lavoro pubblico regionale è riconducibile alla materia dell’organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti pubblici regionali e rientra nella competenza residuale delle Regioni di cui all’art. 117, quarto comma, della Costituzione», sostiene che la norma censurata, correttamente interpretata, è da intendere nel senso che le sue statuizioni non contraddicono, ma anzi sostanzialmente si conformano alle indicazioni risultanti dalla disciplina legislativa statale prevista dal citato art. 46 del decreto-legge n. 112 del 2008.
In base a tale articolo, le amministrazioni pubbliche – per «esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio» – possono «conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria», soltanto in presenza di precisi «presupposti di legittimità». In particolare, è previsto che «l’oggetto della prestazione» – che «deve essere di natura temporanea e altamente qualificata» – non solo corrisponda «alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati», ma sia anche «coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione conferente», stabilendosi, inoltre, la necessità che siano «preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione». A tali previsioni, infine, si aggiunge quella secondo cui il «ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l’utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati» costituisce «causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti».
L’art. 4 della legge regionale in esame reca una disciplina compatibile con quella appena indicata, giacché è destinata a completarla dal momento che la presuppone e implicitamente ne recepisce il contenuto. La norma regionale censurata, infatti, stabilisce, innanzitutto, che le «consulenze in essere alla data di entrata in vigore della presente legge non sono ulteriormente rinnovabili né rinegoziabili» (comma 1). Il successivo comma 2, pur consentendo in via di eccezione l’ulteriore ricorso alle consulenze, ne subordina l’ammissibilità alla preventiva verifica della carenza, tra le «risorse umane presenti nell’organico del personale regionale» (di tutto il personale regionale), di «figure professionali compatibili con le esigenze dell’Azienda richiedente»; ciò che persino amplia la previsione di cui alla lettera b) del citato art. 46, in base al quale «l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili» esclusivamente «al suo interno». È poi da aggiungere che la stipulazione del contratto di consulenza è, in ogni caso, subordinata dal censurato comma 2 dell’art. 4 ad un provvedimento di autorizzazione del competente assessorato regionale.
Per quanto concerne la seconda disposizione, invece, la Corte, richiamando la più recente giurisprudenza, sottolinea come sia necessario, affinché «sia assicurata la generalità della regola del concorso pubblico disposta dall’art. 97 Cost.», che «l’area delle eccezioni» alla regola sancita dal suo primo comma sia «delimitata in modo rigoroso»; in particolare, da ultimo, si è affermato che la «natura comparativa e aperta della procedura è (…) elemento essenziale del concorso pubblico», sicché «procedure selettive riservate, che escludano o riducano irragionevolmente la possibilità di accesso dall’esterno, violano il “carattere pubblico” del concorso» .
Tali premesse generali, sebbene compiute con riferimento a procedure riservate a soggetti già appartenenti all’amministrazione, valgono anche quando – come nell’ipotesi in esame – la riserva integrale dei posti operi nei confronti di un limitato gruppo di soggetti estranei ad essa, giacché anche nella fattispecie in esame, risulta violata quella natura “aperta” della procedura, che costituisce «elemento essenziale del concorso pubblico», e pertanto, risultano violati gli artt. 3, primo comma, 51 e 97, primo e terzo comma, Cost.
Inoltre, l’art. 7 della legge regionale in esame viola anche l’art. 81, quarto comma, Cost, in quanto non individua in maniera credibile e sufficientemente sicura la copertura finanziaria.
Decisione della Corte:
La Corte dichiara:
l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 della legge in questione;
la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 2, della medesima legge.
Giurisprudenza richiamata:
Sul principio del pubblico concorso: Corte cost. sentt. nn. 239/2009, 215/2009, 81/2006.
Sulle riserve dei posti messi a concorso : Corte cost. sent. n. 205/2004.
Sull’accesso al lavoro pubblico regionale: Corte cost. sentt. nn. 95/ 2008, 380/ 2004.
Sull’applicabilità dell’art. 81 alla legislazione regionale: Corte cost. sentt. nn. 213/2008, 359/2007.