Con una pronuncia resa in seguito alla questione pregiudiziale sollevata dal Tar Sicilia, sede di Catania, Sez. III, con l’ordinanza 22 aprile 2008, n. 164, la Corte di giustizia affronta il tema delle condizioni di compatibilità comunitaria dell’affidamento (diretto) di un servizio pubblico effettuato in favore di una società mista pubblico-privata.
Con la richiamata ordinanza 164/2008, il Tar Sicilia, ravvisando che la relativa soluzione non potesse essere «chiaramente desunta dalla giurisprudenza della Corte», aveva chiesto ai Giudici comunitari di pronunciarsi in merito alla conformità con « [il] diritto comunitario, in particolare con gli obblighi di trasparenza e libera concorrenza di cui agli articoli 43 (CE), 49 (CE) e 86 (CE) [di] un modello di società mista pubblico-privata costituita appositamente per l’espletamento di un determinato servizio pubblico di rilevanza industriale e con oggetto sociale esclusivo, che sia direttamente affidataria del servizio in questione, nella quale il socio privato con natura “industriale” ed “operativa”, sia selezionato mediante una procedura di evidenza pubblica, previa verifica sia dei requisiti finanziari e tecnici che di quelli propriamente operativi e gestionali riferiti al servizio da svolgere e alle prestazioni specifiche da fornire».
Nel rispondere al quesito, i Giudici rilevano, in primo luogo, come da un lato risulti dalla propria giurisprudenza che «l’attribuzione di un appalto pubblico ad una società mista pubblico-privata senza indizione di gara pregiudicherebbe l’obiettivo di una concorrenza libera e non falsata ed il principio della parità di trattamento, nella misura in cui una procedura siffatta offrirebbe ad un’impresa privata presente nel capitale di detta società un vantaggio rispetto ai suoi concorrenti» e, dall’altro, che la stessa Commissione nella Comunicazione interpretativa della Commissione sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati – PPPI (in GUCE 2008, C 91, p, 4), abbia osservato che «il fatto che un soggetto privato e un’amministrazione aggiudicatrice cooperino nell’ambito di un’entità a capitale misto non può giustificare il mancato rispetto, in sede di aggiudicazione di concessioni a tale soggetto privato o all’entità a capitale misto, delle disposizioni in materia di concessioni».
Nonostante tali considerazioni, la Corte afferma – recependo, sul punto, le indicazioni espresse dall’AG Dámaso Ruiz-Jarabo Colomer nelle sue Conclusioni presentate il 2 giugno 2009 (cfr., in particolare, il para 85 delle Concl.) – che «introdurre una doppia gara sarebbe difficilmente compatibile con l’economia delle procedure cui si ispirano i partenariati pubblico-privati istituzionalizzati, come quello su cui verte la causa principale, poiché l’istituzione di questi organismi riunisce in uno stesso atto la scelta di un socio economico privato e l’aggiudicazione della concessione alla società a capitale misto da istituire a tale esclusivo scopo» (para 58).
In tale linea di ragionamento, i Giudici rilevano come «sebbene la mancanza di gara nel contesto dell’aggiudicazione di servizi risulti inconciliabile con gli artt. 43 CE e 49 CE e con i principi di parità di trattamento e di non discriminazione», sia possibile «ovviare a detta situazione [di inconciliabilità] se:
– «la scelta del socio privato [avviene] nel rispetto delle regole fondamentali del Trattato CE in generale, in particolare delle libertà previste dagli articoli 43 e 49 e dei principi di non discriminazione sulla base delle nazionalità, della parità di trattamento, della trasparenza e della concorrenza» (cfr. para 46-49), e
– «l’individuazione dei criteri di scelta del socio privato…[impongono ai candidati di] provare, oltre alla capacità di diventare azionisti, anzitutto la loro perizia tecnica nel fornire il servizio nonché i vantaggi economici e di altro tipo derivanti dalla propria offerta» (para 59).
Più precisamente, in relazione ai criteri di scelta del socio privato, la Corte afferma che questi debbano riferirsi «non solo al capitale da quest’ultimo conferito, ma altresì alle capacità tecniche di tale socio e alle caratteristiche della sua offerta in considerazione delle prestazioni specifiche da fornire, e dal momento che al socio in questione viene affidata…l’attività operativa del servizio di cui trattasi e, pertanto, la gestione di quest’ultimo, si può ritenere che la scelta del concessionario risulti indirettamente da quella del socio medesimo effettuata al termine di una procedura che rispetta i principi del diritto comunitario, cosicché non si giustificherebbe una seconda procedura di gara ai fini della scelta del concessionario».
In riferimento alle attività esercitabili dalla società mista affidataria “diretta” del servizio pubblico, la Corte ritiene opportuno precisare da un lato che essa «deve mantenere lo stesso oggetto sociale durante l’intera durata della concessione» e, dall’altro, «che qualsiasi modifica sostanziale del contratto comporterebbe un obbligo di indire una gara» (para 62)
Sulla base di tali considerazioni, la Corte, afferma che «gli artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE non ostano all’affidamento diretto di un servizio pubblico che preveda l’esecuzione preventiva di determinati lavori, come quello di cui trattasi nella causa principale, a una società a capitale misto, pubblico e privato, costituita specificamente al fine della fornitura di detto servizio e con oggetto sociale esclusivo, nella quale il socio privato sia selezionato mediante una procedura ad evidenza pubblica, previa verifica dei requisiti finanziari, tecnici, operativi e di gestione riferiti al servizio da svolgere e delle caratteristiche dell’offerta in considerazione delle prestazioni da fornire, a condizione che detta procedura di gara rispetti i principi di libera concorrenza, di trasparenza e di parità di trattamento imposti dal Trattato CE per le concessioni».