Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale, con riferimento agli articoli 117, 3 e 97 della Costituzione, degli artt. 4, comma 1, e 5, comma 2, della legge della Regione Marche 29 aprile 2008, n. 7 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 10 agosto 1988, n. 34 “Finanziamento delle attività dei gruppi consiliari”), nella parte in cui consentono il conferimento di incarichi e l’instaurazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa presso i gruppi consiliari e le segreterie della Giunta regionale a personale esterno all’amministrazione regionale, indipendentemente dal possesso dei requisiti fissati dall’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), come da ultimo modificato dall’articolo 3, comma 76, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008).
La Corte costituzionale ha dichiarato fondate le questioni sollevate con riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione e ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 4, comma 1, e 5, comma 2, della legge della Regione Marche n. 7 del 2008, nella parte in cui, dette norme, consentono il conferimento di incarichi a personale esterno all’amministrazione regionale e l’instaurazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, indipendentemente dal possesso dei requisiti fissati dall’articolo 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001.
Il riconoscimento, a favore dei gruppi consiliari – e, per analogia di situazioni, delle Giunte regionali –, di un certo grado di autonomia nella scelta dei propri collaboratori esterni (v. sentenze n. 187 del 1990 e n. 1130 del 1988), non esime la Regione dal rispetto del canone di ragionevolezza e di quello del buon andamento della pubblica amministrazione.
«La previsione dell’assunzione (sia pure a tempo determinato) di personale sfornito dei requisiti normalmente richiesti per lo svolgimento delle funzioni che è destinato ad espletare determina l’inserimento nell’organizzazione pubblica di soggetti che non offrono le necessarie garanzie di professionalità e competenza».
L’articolo 7, del d.lgs. n. 165 del 2001, non comprime affatto l’autonomia delle Regioni, ma si limita a stabilire dei criteri oggettivi di professionalità, che non mettono in discussione il carattere discrezionale della scelta dei collaboratori. La Regione, per accentuare tale carattere, ben può derogare ai criteri statali, purché preveda, però, in alternativa, altri criteri di valutazione, ugualmente idonei a garantire la competenza e professionalità dei soggetti di cui si avvale ed a scongiurare il pericolo di un uso strumentale e clientelare delle cosiddette esternalizzazioni.
La Regione Marche, nel disciplinare in modo autonomo le modalità di selezione del personale esterno destinato a collaborare con i gruppi consiliari e le segreterie della Giunta, non ha previsto alcun criterio selettivo alternativo a quelli dettati dalla legge statale. È consentito così l’accesso a tali uffici di personale esterno del tutto privo di qualificazione, in modo irragionevole e in violazione del canone di buon andamento della pubblica amministrazione.
La pronuncia di illegittimità deve essere estesa, in via consequenziale, alle disposizioni sopravvenute (art. 1, comma 1, della legge regionale n. 22 del 2008 e dall’art. 7, comma 4, lettera b), della successiva legge regionale n. 27 del 2008), nella parte in cui – per il ricorso da parte dei gruppi consiliari alla collaborazione di esterni – prevedono la deroga al possesso dei requisiti soggettivi stabiliti dall’art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001.
La Corte ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4, comma 1, e 5, comma 2, della legge della Regione Marche n. 7 del 2008, sollevate, in riferimento all’art. 117 della Costituzione.