In materia di tutela dell’ambiente: il Codice dell’ambiente al vaglio della Corte costituzionale.Corte costituzionale, 15 luglio 2009, n. 234

15.07.2009

Corte costituzionale, 15 luglio 2009, n. 234

Giudizio di legittimità costituzionale in via principale sollevato dalle Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, Umbria, Emilia-Romagna, Puglia e Marche, con ricorsi distinti, avverso lo Stato.

Norme impugnate e parametri di riferimento:
Sono impugnate numerose disposizioni del decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006, Norme in materia ambientale, ovvero gli artt. 23, in relazione all’Allegato III alla parte seconda, 23, comma 4, 24, comma 1, lettera b), 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 39, 42, commi 1, 2 e 3, 43, 44, 45, 46, 47, 50, 51, commi 1, 3 e 5, nonché l’Allegato V, per violazione degli artt. 5, 11, 76, 77, primo comma, 117 e 118 della Costituzione, nonché dei principi di leale collaborazione e di legalità, nella misura in cui:
a) dettano una disciplina estremamente particolareggiata in materia di valutazione di impatto ambientale con la conseguente violazione delle competenze regionali; infatti, assumendo che il procedimento di valutazione di impatto ambientale tende a tutelare l’uomo, il suolo, le acque ed il paesaggio, vengono in rilievo non solo la “tutela dell’ambiente”, ma anche la materia della tutela della salute e del governo del territorio, con una prevalenza delle competenze regionali rispetto a quelle statali ( artt. da 26 a 34);
b) in ordine all’attività di valutazione di impatto ambientale sui progetti aventi impatto interregionale, prevedono una mera acquisizione di pareri non vincolanti delle Regioni interessate, laddove invece prima dell’emanazione di tali disposizioni gli interventi interregionali erano sottoposti a forme di codecisione tra le Regioni coinvolte mediante l’acquisizione dell’intesa tra tutte le Regioni interessate, con la conseguente lesione del principio di leale collaborazione di cui all’art. 118, Cost ( art. 25, comma 1, lettera a, ed art. 35, comma 1, lettera b);
c) non richiamano alcune direttive comunitarie, quali la n. 2003/35/CE, la cui attuazione era delegata al governo dalla legge delega 308/2004, determinando la violazione degli artt. 76 e 77, Cost., per inosservanza dei criteri contenuti nella legge delega la quale impone il rispetto della normativa comunitaria in materia ambientale ( art. 25, comma 1, lettera b);
d) prevedono che al fine di semplificare le procedure di valutazione ambientale strategica e valutazione di impatto ambientale, con appositi regolamenti, emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), possono essere adottate norme puntuali per una migliore integrazione di dette valutazioni negli specifici procedimenti amministrativi vigenti di approvazione o autorizzazione dei piani o programmi e delle opere o interventi sottoposti a valutazione. Tale previsione violerebbe: a) il principio di legalità del potere regolamentare dato che la sola precisione che la legge contiene – oltre al fine – è che tali regolamenti contengano norme puntuali; b) l’art. 117, sesto comma, Cost., nella parte in cui dette norme si riferiscono a procedure di VAS e VIA regionale, che rientrano nell’ambito della competenza regionale; c) in via subordinata, qualora si ritenessero sussistenti esigenze di unitarietà, il principio della leale collaborazione, non essendo stata prevista l’intesa con la Conferenza Stato-Regioni.( art. 51, commi 1, 3 e 5).

Argomentazioni della Corte:
La Corte, prima di pronunciarsi nel merito delle questioni sollevate su evidenziate, ha in via preliminare segnalato che le disposizioni come sopra censurate sono state abrogate dall’art. 4, comma 2, del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale). Il medesimo art. 4, al comma 1, ha, inoltre, stabilito che ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, la VIA è in corso, con l’avvenuta presentazione del progetto e dello studio di impatto ambientale, si applicano le norme vigenti al momento dell’avvio del relativo procedimento. Inoltre, l’art. 1, comma 3, del medesimo d.lgs. n. 4 del 2008, ha introdotto nel testo del d.lgs. n. 152 del 2006 nuove disposizioni che, in alcuni punti, hanno modificato la precedente disciplina in materia di procedimento di valutazione di impatto ambientale.
A fronte del modificato quadro normativo, le Regioni Toscana, Puglia, Marche ed Emilia Romagna, hanno dichiarato cessata la materia del contendere, mentre Calabria e Valle d’Aosta hanno dichiarato, con le rispettive memorie, di avere interesse ad una decisione nel merito in relazione a tutte le disposizioni impugnate. Occorre, tuttavia, verificare se sussistano ancora limitatamente alle norme per le quali si afferma la persistenza di un interesse alla pronuncia sulle impugnazioni proposte, i presupposti per una decisione di merito.
Al riguardo, va osservato che, secondo la giurisprudenza costituzionale, ai fini della dichiarazione di cessazione della materia del contendere, è necessario che le norme abrogate non abbiano prodotto concretamente effetti durante il periodo della loro vigenza (sentenze n. 74 del 2009; 439 e 289 del 2008), non essendo, all’evidenza, sufficiente che esse siano state transitoriamente in vigore.
In seguito alle premesse iniziali, la Corte ha provveduto all’esame delle singole disposizioni impugnate, dichiarando per alcune di esse cessata la materia del contendere, dati gli interventi correttivi apportati dal d.lgs. 4/2008, ritenuti pienamente satisfattivi delle pretese regionali, in relazione alle loro competenze legislative, e per altre l’inammissibilità a fronte della genericità delle censure proposte, in modo unitario ed indifferenziato nei confronti di norme che presentano contenuti tra loro molto diversi ( artt. da 26 a 34, da 43 a 47, art. 50).
In relazione alle doglianze evidenziate dalle Regioni in riferimento alla presunta violazione del diritto comunitario e dell’art. 76, Cost., per eccesso di delega, derivante dalla previsione che esclude dalla VIA i progetti relativi ad opere ed interventi destinati a scopo di protezione civile e di carattere temporaneo, la Corte ritiene che la dedotta violazione del diritto comunitario è solo apparente, in quanto, se è vero che la direttiva comunitaria di riferimento, ovvero la n. 85/337/CEE, prevede l’esclusione della VIA per le sole opere relative alla difesa nazionale, è altrettanto vero che non è inibito allo Stato, nell’esercizio di una scelta libera del legislatore nazionale, prevedere in modo non irragionevole l’esclusione della suddetta valutazione di impatto ambientale per opere di particolare rilievo quali quelle destinate alla protezione civile o aventi carattere meramente temporaneo. Inoltre, la stessa disposizione contiene una significativa norma di raccordo tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, prevedendo che per i progetti relativi ad opere di protezione civile o disposti in situazioni di necessità e d’urgenza a scopi di salvaguardia dell’incolumità delle persone da un pericolo imminente o a seguito di calamità, nonché per opere di carattere temporaneo (ivi comprese quelle necessarie esclusivamente ai fini dell’esecuzione di interventi di bonifica autorizzati), l’autorità competente comunica alla Commissione europea, prima del rilascio dell’eventuale esenzione, i motivi che giustificano tale esenzione ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera e), della direttiva 85/337/CEE. Deve, dunque, escludersi che sia, nella specie, configurabile un vulnus alle competenze legislative delle Regioni.
Inoltre, la Corte, in riferimento alla presunta violazione delle competenze regionali in materia di tutela della salute e del governo del territorio, ha dichiarato l’inammissibilità di tale censura a fronte del fatto che la materia che viene in rilievo nella normativa sulla valutazione d’impatto ambientale è quella della tutela dell’ambiente, di competenza esclusiva dello Stato ai sensi del medesimo art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Pertanto, seppure possono essere presenti ambiti materiali di spettanza regionale, soprattutto nel campo della tutela della salute, deve ritenersi prevalente, in ragione della precipua funzione cui assolve il procedimento in esame disciplinato dalle censurate disposizioni nazionali, il citato titolo di legittimazione statale.
Il giudice delle leggi, ribadendo quanto già statuito in precedenti sentenze, ha individuato l’ambito di applicazione del principio di leale collaborazione che non può assumere rilievo nel procedimento di formazione degli atti legislativi al di là di quanto lo stesso legislatore delegante abbia espressamente previsto ( cfr. sentenze n. 159 del 2008 e n. 401 del 2007).
Infine la Corte, richiamando un principio più volte espresso, ha affermato che il diritto comunitario lascia agli Stati membri il potere di modulare, nell’esercizio della propria discrezionalità nella fase di attuazione della prescrizione comunitaria, lo svolgimento dell’iter procedimentale; e ciò in linea con la regola che demanda normalmente alle autorità nazionali il compito di disciplinare gli aspetti formali e procedimentali relativi alle specifiche competenze dei diversi livelli di governo degli Stati membri dell’Unione. Pertanto, non si può ritenere che sussista una violazione del diritto comunitario, allorquando il legislatore statale interviene per definire le autorità competenti o interessate, stante il silenzio della normativa comunitaria di riferimento Nello specifico, la Corte adotta tale motivazione per dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in merito all’art. 26, comma 3 del d.lgs. 152/2006.

Decisione della Corte:
La Corte dichiara:
a) l’inammissibilità degli interventi in giudizio dell’Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) – Onlus, della Biomasse Italia s.p.a., della Società italiana centrali termoelettriche-Sicet s.r.l., della Ital Green Energy s.r.l., della E.T.A. Energie Tecnologie Ambiente s.p.a.;
b) l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 23, 24, commi 1 e 4, , 26, commi 2,3 e 4, 27, 28, 29, 31, 32, 33, 34, 42, 43, 44, 46, 50 del d.lgs. 152/2006;
c) non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 23, comma 4, 25, comma 1, 35 e 42, commi 1 e 3, 26, comma 3 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 11, 76 e 117 Cost., dalle Regioni Emilia-Romagna e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, con i ricorsi indicati in epigrafe;
d) cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 25, comma 1, lettera b), 26, comma 3, e 51, commi 1,3 e 5 del d.lgs. 152/2006.

Giurisprudenza richiamata:
– Sulla verifica dei presupposti per la dichiarazione di cessazione della materia del contendere: Corte cost., sentt. nn. 74/2009, 439 e 289/2008;
– Sull’applicazione del principio di leale collaborazione : Corte cost. sentt. nn. 159 /2008 e 401/2007.

a cura di Valentina Lepore