Giovane Impresa – Il futuro è sostenibile (Roma, 17 giugno 2009) – Resoconto convegno

22.06.2009

Roma, 17 giugno 2009

Tempio di Adriano – Piazza di Pietra

Si è svolto a Roma, il 17 giugno 2009, presso il Tempio di Adriano a Roma il Convegno “Giovane Impresa – il futuro è sostenibile”.
L’evento proposto, promosso dall’Associazione Clorofilla, rientra in un Progetto più ampio denominato Cento Idee per l’Ambiente, il quale intende esplorare i risultati dell’innovazione applicata in campo ambientale per capire come da essa possono derivare effetti importanti per la promozione dello sviluppo sostenibile.

Apre i lavori il Presidente dell’Associazione Clorofilla, Giovanni Hausmann, che spiega come l’Associazione nasca allo scopo di facilitare il miglioramento della qualità della vita dei cittadini ed educarli all’applicazione dei principi dello sviluppo sostenibile in tutte le attività quotidiane. Tali obiettivi vengono perseguiti attraverso la promozione, la sperimentazione e la diffusione della capacità di creare sviluppo economico, sociale, culturale e ludico-sportivo compatibile con i criteri di conservazione, salvaguardia e valorizzazione dell’ambiente sociale e naturale nell’ambito urbano e rurale, basato su principi di libertà, solidarietà, convivenza civile, partecipazione e pluralismo attraverso il contributo e la capacità di tutti quelli che si riconoscono in tali principi. Tra le adesioni al Manifesto di Clorofilla per lo Sviluppo Sostenibile compaiono quelle di rappresentanti della Regione Lazio, della Provincia e del Comune di Roma, dell’Università La Sapienza, dell’Associazione Culturale Luiss Sostenibile. Il Presidente Hausmann ricorda come l’ambiente è uno degli elementi che ci può portare fuori dalla crisi. Fino ad oggi è stato considerato un vincolo, mentre oggi è uno strumento per superare la crisi. Obama si aspetta la creazione di cinque milioni di nuovi posti di lavoro nell’ambito della produzione di energie rinnovabili. Dunque l’ambiente da obbligo diventa un’opportunità. I green jobs prevedono la realizzazione di un’attività economica nell’ambito dell’ambiente. Si possono, in questo senso, individuare tre categorie di aziende:
1) Aziende che già operano nell’ambiente e che cercano di salvaguardarlo;
2) Aziende che producono nell’ambiente per migliorarlo (ad es. sui biocarburanti, sull’efficienza energetica…);
3) Aziende che “sfruttano” l’ambiente per migliorarlo (ad es. nel campo del turismo nelle aree parco).

Prende poi la parola l’Assessore alle Politiche del Lavoro e Formazione della Provincia di Roma, Massimiliano Smeriglio. L’Assessore Smeriglio parte dalla constatazione che attualmente ci sono tre crisi che si sovrappongono: una crisi economica, una crisi ambientale (che per la prima volta permette di mettere a fuoco il dato della finitezza delle risorse del Pianeta) e una crisi del welfare europeo che sta aprendo il rischio di una sorta di crisi verticale della rappresentanza. Queste crisi contengono degli elementi di carattere sia globale che locale. In questo senso il dibattito sull’economia verde rappresenta una straordinaria occasione per ripensare complessivamente l’idea dello sviluppo sostenibile e di non intraprendere una strada di sviluppo uguale a quella precedente. In questo scenario bisogna evidenziare la straordinaria capacità di tenuta della piccola e media impresa nei confronti della crisi. La green economy deve tenere conto di questi poli. Dunque la green economy deve tener conto di due pilastri fondamentali: le piccole e medie imprese e gli investimenti in formazione e sviluppo. Questa dev’essere la grande sfida delle Pubbliche Amministrazioni. Bisogna, in conclusione, avere la capacità di ragionare non solo intorno al concetto di sostenibilità dello sviluppo ma anche sulla sostenibilità della società e dei luoghi, e della cooperazione tra ambiti territoriali.

L’intervento successivo è quello di Giuseppe Roma, Direttore della Fondazione Censis. Secondo Roma, a livello di principio c’è accordo sulle possibilità offerte dalla green economy, ma a nella pratica non si riesce a concretizzare effettivamente queste possibilità.
Alcune teorie economiche propongono un’economia alla ricerca di nuovi valori- simbolo (ad esempio l’economia della felicità). Dunque c’è una relazione tra l’economia verde e il tentativo di identificare l’economia tout court con qualcosa di diverso. Queste teorie ci portano a rivedere i parametri attraverso cui rivedere gli approcci, ci indicano la necessità di riappropriazione dei valori fondamentali, del valore della convivialità, della socialità, dei valori relazionali… E’ attraverso questi valori che si capisce il senso dell’economia verde. In questo modo si creano nuove aree dove investire e realizzare nuove professionalità, in una logica in cui il dibattito non dev’essere sterile ma deve tradursi in un vero e proprio laboratorio di idee. L’occasione della crisi porta a dire che questo è il momento per intervenire in maniera molto precisa. Il Direttore Roma sottolinea come nel Lazio ci sia un vero e proprio “divorzio” tra ricerca e utilizzazione della ricerca. Roma è la città che risponde meglio alle necessità di formazione e tuttavia non si coglie la grande presenza di ricerca nel Lazio. La produzione di brevetti, ad esempio, è molto inferiore rispetto alle regioni del Nord. La ricerca per diventare industria ha bisogno di finanziamenti. Per quanto riguarda le imprese verdi, queste sono in controtendenza con le altre imprese del Lazio che hanno bassa capacità di relazionarsi con l’esterno e di internazionalizzarsi. Attualmente c’è molto a livello di tecnologia, ma il settore dei servizi è tutto da sviluppare. Roma è una città da trasformare radicalmente sotto questo punto di vista. Dunque questo mondo, questi nuovi settori, vanno comunicati fortemente e vanno fatti conoscere. Se l’industria verde ha una nuova frontiera basata sulla ricerca e sull’innovazione bisogna sforzarsi di rimuovere tutti gli ostacoli legati ai finanziamenti e agli aspetti logistici. Il Direttore Roma osserva come manchi un luogo fisico dove ci si possa effettivamente incontrare e far conoscere le imprese e le attività di ricerca. Si potrebbe lanciare un luogo, una “Casa della green economy” e dare spazio alle idee.

L’intervento successivo è di Antonio Cianciullo, che ricorda come 25 anni fa il settore dell’industria verde fosse un settore di nicchia, mentre oggi l’eccezione è non conoscere queste realtà. Per definire la green economy si può fare riferimento a tre concetti:
1) il “quanto”: è stato stimata una somma di 750 miliardi di dollari ogni anno per far fronte alle emergenze, per rallentare il cambiamento climatico e per riparare alle catastrofi ambientali. Tuttavia questa logica, presa da sola, non è sufficiente;
2) Il “perché”: la green economy tocca anche la sfera etica (basti pensare ai settori del no-profit e del Terzo settore);
3) Il “come”: non basta più fare le cose in maniera più “verde”, ma è necessario riformare le logiche nella produzione.
Dunque si può delineare uno scenario molto forte, caratterizzato dal fatto che le industrie più verdi hanno una maggiore capacità di creare brevetti e una maggiore capacità di internazionalizzazione.

Prende la parola successivamente Michele Civita, Assessore delle Politiche del Territorio e della Tutela Ambientale della Provincia di Roma. L’Assessore parte dal presupposto che c’è bisogno di una buona ricerca e di un intervento deciso nel campo degli investimenti pubblici. Quando si parla di green economy, ormai, non si parla più di un settore residuale. Sono stati avviati una serie di programmi pubblici imponenti per fronteggiare la crisi economica globale, che per la prima volta si intreccia con un’emergenza climatica ed energetica. E’ fondamentale sviluppare la competitività attraverso investimenti in formazione e in tecnologie avanzate. Attualmente la Provincia di Roma ha avviato tre importanti iniziative concrete: un importante investimento per il rifacimento del sistema fognario, idrico e di depurazione; un investimento per la raccolta differenziata e per creare un sistema di compostaggio di medie dimensioni; un bando rivolto alle imprese più energivore per fare in modo che quelle imprese possano migliorare sull’aspetto dell’efficienza energetica.

L’Assessore alle Politiche della Casa della Regione Lazio, Mario Di Carlo sostiene, nel suo intervento, che è fondamentale aiutare la ricerca e costruire una cornice all’interno della quale la ricerca si possa concretizzare nella formazione di brevetti. Bisognerebbe, dunque, creare un “habitat” nel quale la ricerca sia legittimata a produrre brevetti e in questo senso la proposta della creazione di distretti industriali dedicati all’innovazione consentirebbe di mettere insieme i diversi attori e di collegare la ricerca alla formazione. Negli altri Paesi, ciò che fa la differenza è un sistema di regole dell’intervento pubblico, dunque da una parte bisogna creare le condizioni per mettere insieme i diversi interventi pubblici e fare in modo che chi vuole fare imprenditoria sappia di avere alle spalle questa spinta.

Successivamente viene presentato il punto di vista delle Università del Lazio, a partire dal Dipartimento ITACA (Innovazione tecnologica in architettura e cultura dell’ambiente), della Facoltà di Architettura dell’Università “La Sapienza”. Si parte dalla constatazione che per molti anni l’Università è stata o autoreferenziale o, viceversa, non è quasi mai riuscita ad avere ascolto. L’esperienza di ITACA rappresenta un’eccezione perché ha tentato di coniugare questi due aspetti. Ormai non c’è dubbio che le questioni ambientali entrino a pieno titolo nel governo del territorio, a tutti i livelli e dunque è preoccupante la situazione di “divorzio” tra Università e mondo dell’impresa. L’idea dei distretti industriali dev’essere bene interpretata nel senso di permettere a gruppi di 3-4 giovani di lavorare in un sistema internazionale. Anche la questione del piano casa e del fotovoltaico sono decisive. Bisogna, infatti, ricominciare a ricostruire a misura d’ambiente.

Il Prof. Livio De Santoli afferma che il settore dell’ambiente è emblematico di una cultura che in tutti i settori deve ancora formarsi: l’interdisciplinarietà. Si ragiona per compartimenti stagni e c’è una difficoltà di dialogo. Per quanto riguarda il discorso della sostenibilità, bisogna capire che ormai non basta più porre dei limiti allo sviluppo bisogna creare un approccio positivo. Il pericolo è di creare aspettative talmente grandi che il tutto si può risolversi in un boomerang. La prof.ssa Fioranza Taricone, docente di Dottrine politiche all’Università di Camerino, è d’accordo sul fatto che la formazione è vecchia innanzitutto per la negazione della interdisciplinarità e che ci sono tante risorse sottoutilizzate. Ad esempio si può pensare al progetto per un turismo sostenibile che dev’essere inserito in una logica di rete: il turismo è un settore che può coniugare le logiche ed uscire da una dimensione quasi “da contado”. Per concludere ci sono due nodi da sciogliere in cui l’interdisciplinarità gioca un ruolo chiave: l’insufficienza della formazione e la possibilità per i giovani di esplorare campi ancora poco conosciuti.
In conclusione della sessione mattutina vengono presentate le esperienze di successo delle piccole e medie imprese nel Lazio nel settore della sostenibilità.

La sessione pomeridiana ha visto la partecipazione, alla tavola rotonda dedicata ai green jobs e alle nuove possibilità di occupazione di : Ermete Relacci – Presidente Symbola; Gianluca Lo Presti – Direttore Generale Sviluppo Lazio; Pietro Lucisano – Responsabile progetto Soul (Sistema Orientamento Università Lavoro); Carlo Alberto Pratesi – Docente Facoltà di Economia Università Roma Tre; Massimo Gargano – Presidente Coldiretti Lazio; Andrea Toma – Responsabile Formazione, Assistenza Tecnica e Innovazione Fondazione Censis; Antonio Zanganella – Presidente CNA Lazio; Mauro Pica Villa – Vicepresidente Confesercenti Roma e Provincia; Vito Consoli – Direttore Agenzia Parchi Lazio; Valentina Sanfelice di Bagnoli – Presidente Nazionale Giovani Imprenditori Confapi; Piero Pagnotta – Direttore Generale IRFI – Istituto Romano per la Formazione Imprenditoriale. Segue il dibattit

Laura De Vito