Corte di Giustizia, sentenza 13 novembre 2008 (causa C-46/07, Commissione europea, Repubblica italiana)
Nella causa in questione la Commissione europea propone un ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 TCE, contro la Repubblica italiana, ritenendo il regime pensionistico gestito dall’INPDAP un regime discriminatorio, contrario all’art. 141, in quanto fissa l’età pensionabile a 60 anni per i dipendenti pubblici di sesso femminile, mentre la stessa è fissata a 65 per i dipendenti pubblici di sesso maschile.
Ai sensi dell’art. 141, n. 1, CE, ciascuno Stato membro assicura l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. In base al n. 2, primo comma, di tale articolo, per retribuzione si intende il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo. Ne deriva che la pensione versata in forza del regime pensionistico gestito dall’INPDAP deve essere qualificata come retribuzione ai sensi dell’art. 141 CE.
L’argomento della Repubblica italiana secondo cui la fissazione, ai fini del pensionamento, di una condizione di età diversa a seconda del sesso è giustificata dall’obiettivo di eliminare discriminazioni a danno delle donne non può essere accolto. Infatti, i provvedimenti nazionali contemplati dall’art. 141 debbono, in ogni caso, contribuire ad aiutare la donna a vivere la propria vita lavorativa su un piano di parità rispetto all’uomo. Al contrario, la fissazione, ai fini del pensionamento, di una condizione d’età diversa a seconda del sesso non è tale da compensare gli svantaggi ai quali sono esposte le carriere dei dipendenti pubblici di sesso femminile aiutando queste donne nella loro vita professionale e ponendo rimedio ai problemi che esse possono incontrare durante la loro carriera professionale.