Disciplina della concorrenza e diritto amministrativo – Resoconto convegno (Roma, 20 ottobre 2008)

28.10.2008

Presentazione del volume di Angelo Lalli, edito da Editoriale Scientifica, 2008.

Lunedì 20 ottobre 2008 presso la sede dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato si è tenuto un incontro per la presentazione del libro di Angelo Lalli “Disciplina della concorrenza e diritto amministrativo”.
La discussione è stata introdotta dal Presidente dell’Autorità, Antonio Catricalà, che ha esordito affermando come appaia necessario abbandonare l’idea della necessità di difendersi dal mercato mentre si dovrebbe pensare a difendersi nel mercato. In proposito, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato non ha mai mostrato un atteggiamento intransigente poiché, fin dalle sue origini, in molti settori le situazioni di passaggio da condizioni di monopolio ad altre di concorrenza hanno richiesto politiche di solidarietà nazionale e misure transitorie, il che, tuttavia, non ha prodotto alcuna violazione dei principi comunitari.
Tuttavia, soprattutto a fronte della crisi finanziaria ed economica che si va prospettando nelle ultime settimane e della conseguente nostalgia per il monopolio che va consolidandosi in alcuni settori dell’economia, sembra necessario ribadire con forza i principi di libera circolazione dei beni, dei servizi e dei capitali nonché i principi di concorrenza, in quanto indispensabili per il superamento di fasi economicamente difficili. In tal senso, è necessario essere più attenti alla disciplina della concorrenza per evitare che in un mercato, già di per sé instabile, si vada diffondendo la convinzione che la mancanza di regole produca risultati positivi. Per le ragioni illustrate, presentare un libro sulla concorrenza in un periodo come questo è quanto mai importante.
Dopo la presentazione del Presidente, ha preso la parola il prof. Marco D’Alberti, richiamando l’attenzione sulla parte storica che apre il volume e che evidenzia il nesso importante che esiste tra diritto privato e concorrenza, ma con un approccio nuovo.
Nella tradizione dell’Europa continentale, infatti, il diritto della concorrenza nasce all’interno del diritto commerciale. Eppure l’Autore dimostra come, oltre ad una situazione di continuità tra diritto privato originato dalla common law e il nascente diritto della concorrenza, vi sia anche una condizione di antitesi. Questo avviene perché con lo Sherman Antitrust Act del 1890 si tutelano non solo i singoli ma anche la collettività.
Percorsi di sviluppo analoghi si hanno in Europa, dove sorgono autorità amministrative per la cura del nuovo diritto della concorrenza. Di questo rilievo pubblicistico del diritto antitrust si sono accorti prima i privatisti dei pubblicisti e, invero, il diritto della concorrenza nella sua veste originaria consta di poche norme privatistiche seppure di carattere imperativo, come quelle relative al divieto di intese, agli abusi di posizione dominante ed alle concentrazioni. Ad essere pubblicistico è, invece, il modo di farle applicare ed è in questo solco che si inserisce l’Autorità antitrust.
In una recente sentenza, il Consiglio di Stato ha qualificato l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato come un’autorità indipendente, cioè svincolata dal potere politico e neutrale, cioè equanime rispetto agli interessi in gioco. L’Agcm non esercita, dunque, discrezionalità amministrativa ma svolge un’attività simile a quella del giudice, in quanto applica norme astratte alle varie fattispecie concrete. Inoltre, la sua attività è di tipo processuale poiché non è volta all’acquisizione di interessi, bensì di prove. Si tratta di un’attività procedimentalizzata, destinata a concludersi con un provvedimento finale, che si configura come decisione amministrativa. In questo contesto, l’Autore ricostruisce il provvedimento dell’Autorità come una sentenza più che come un provvedimento in senso stretto e mette in rilievo alcuni elementi, fra i quali l’analiticità e l’accuratezza della motivazione.
Inoltre, la tecnica applicata dall’Autorità è simile a quella utilizzata dai giudici di common law, perché basata massimamente sui precedenti giurisprudenziali, con un enorme vantaggio per la certezza del diritto. Di discrezionalità amministrativa se ne ravvisa soltanto in poche decisioni, fra le quali spiccano le autorizzazioni delle operazioni di concentrazione, sotto il vincolo della sussistenza di talune condizioni.
Il prof. D’Alberti ha poi posto attenzione sulla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sugli atti dell’Autorità, giurisdizione che può spingersi fino al merito della sanzione, mentre con riferimento ai presupposti dell’infrazione si arresta alla legittimità degli stessi. In tal senso, l’Autore auspica che il controllo giurisdizionale del giudice amministrativo diventi pieno anche in ordine alla valutazione dei presupposti delle infrazioni.
Il prof. D’Alberti ha, quindi, sottolineato come la parte più importante del volume che si presenta sia quella che analizza, da un lato, la disciplina antitrust come regola generale e, dall’altro, la regolazione di alcuni settori. In merito, la soluzione maggiormente preferita dalla dottrina è a favore del primato della disciplina della concorrenza sulla regolazione dei settori. D’altronde, la concorrenza deve essere un principio, poiché il Trattato istitutivo della Comunità europea, consente di contravvenirvi solo in casi eccezionali ossia per le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale (v. art. 86).
D’altro canto, anche l’ordinamento italiano, quale derivante dalla Costituzione novellata nel 2001, ribadisce con vigore il primato della disciplina della concorrenza: in base all’articolo 117, primo comma, della Carta costituzionale la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto, fra l’altro, anche dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario tra cui, appunto, spicca la tutela della concorrenza; peraltro, questa funzione è stata inserita tra le materie di potestà legislativa esclusiva dello Stato ed è stata definita dalla Corte costituzionale quale materia trasversale, come tale idonea ad incidere anche su materie di spettanza residuale regionale.
Alla luce di queste considerazioni, in linea con quanto esposto nel volume, la soluzione da prospettarsi risiede nella possibilità di tollerare aiuti di Stato o limitazioni alla concorrenza nel campo dei servizi pubblici, ma solo nell’eventualità che si tratti di vicende temporanee e di breve durata.
Segue l’intervento del Prof. Marcello Clarich, che illustra come negli Stati Uniti gli aiuti di Stato siano vissuti come interventi eventuali, temporanei, come cioè una sorta di estrema ratio; in Europa invece non è così e le tensioni a favore del liberismo registrano un andamento altalenante. L’Autore del volume sottolinea, infatti, come proprio nel vecchio continente le spinte in favore della creazione di una disciplina concorrenziale siano sempre state appannaggio di un’elite non molto consistente. La legge n. 287 del 1990, che tale disciplina contiene, è arrivata in ritardo rispetto agli altri paesi occidentali e, ciò nonostante, non si è inserita in un contesto di totale condivisione dei principi antitrust.
Negli anni, anche grazie all’attività dell’Autorità Garante la situazione ha avuto un certo sviluppo: il principio in questione si è gradualmente fatto strada nei diversi settori e ciò è quanto mai evidente se si pensa ai risultati raggiunti dalla disciplina degli appalti pubblici.
Visto il crescente peso assunto dal principio di concorrenza, la preoccupazione di parte della dottrina si è spostata sulla verifica della possibilità di una sua implosione. Gli amministrativisti, infatti, sono abituati a pensare al potere di conformazione dei diritti privati da parte dei poteri pubblici, mentre invece l’Autore fa notare come il potere pubblico possa incidere in questo ambito solo per restituire all’autonomia privata la propria libertà d’azione. Il diritto pubblico diventa così uno strumento di supporto del diritto privato e, in quest’ottica, la regolamentazione pubblica deve essere pro-competitiva ossia deve andare ad ampliare l’autonomia di mercato laddove ciò non avviene in modo naturale.
Il relatore ha affermato poi di condividere l’auspicio dell’Autore circa l’estensione della giurisdizione di merito del giudice amministrativo anche alla valutazione dei presupposti delle infrazioni, ma non ha tralasciato di evidenziare la sua preoccupazione in ordine alla possibilità di sovrapposizione dell’autorità giudiziaria all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. In chiusura, il prof. Clarich, riprendendo il discorso del prof. D’Alberti, ha sottolineato come attualmente la disciplina della concorrenza non sia più tanto lontana dal diritto amministrativo quanto negli anni Novanta, periodo nel quale è stata elaborata la legge n. 287 ed ha affermato come questo si debba anche all’importante operato dell’Agcm. Pertanto, le componenti del diritto antitrust sono l’economia, il diritto comune dei contratti ed anche il diritto amministrativo.
L’ultimo intervento è stato del prof. Alberto Romano, il quale ha messo in luce come il libro che si presenta contenga un insieme di valutazioni critiche tali da renderlo configurabile come lavoro monografico ma, allo stesso tempo, sia talmente completo da essere assimilabile ad un libro di natura pluralistica, poiché fornisce una molteplicità di risposte a diversi problemi concreti. L’ampia scorrevole ricostruzione storica è fondamentale, soprattutto nell’analisi del rapporto tra mercato e Costituzione. Secondo il relatore, l’Autorità antitrust italiana deve essere qualificata come autorità amministrativa vera e propria, anche quando non gode di discrezionalità nell’adottare i propri provvedimenti e nonostante la considerazione dell’esistenza, nel diritto amministrativo, della categoria dei provvedimenti vincolati.
Il prof. Romano ha poi aggiunto che la disciplina del mercato è un ordinamento, rispetto al quale l’amministrazione è certamente subordinata. Tuttavia, se solo si pensa alla normativa sugli appalti o a quella sui servizi pubblici, si rinviene come pure la Pubblica Amministrazione operi all’interno del mercato. Non si tratta, però, di una scelta vincolata, il che vuol dire che se l’amministrazione decide di entrare nel mercato, allora deve essere subordinata alle regole che lì vigono, senza attendersi eccezioni e, quindi, anche a quelle relative alla tutela della concorrenza.
Rimane comunque da vedere come conciliare l’esigenza di tutela della concorrenza con la necessità di preservare l’autonomia della Pubblica Amministrazione, soprattutto in tema di organizzazione. Per questo, sarà importante attendere che si producano gli effetti dell’articolo 23-bis della recente legge n. 133 del 2008, da cui deriva una deroga al regime dell’affidamento in house.
L’incontro è stato concluso da un brevissimo ulteriore intervento del Presidente Catricalà, che riprendendo la questione della giurisdizione del giudice amministrativo sugli atti dell’Autorità da lui presieduta ha affermato che non si deve temere il giudizio della magistratura: si può apprezzarlo e condividerlo oppure contestarlo, ma ciò non toglie che il legame tra Autorità antitrust e magistratura sia fondamentale.

Barbara Neri