L’art. 2103 c.c.., relativo agli effetti dello svolgimento di mansioni superiori, non è applicabile al rapporto di pubblico impiego privatizzato, dove vige il principio opposto, riconducibile agli artt. 51, comma 1, e 97 Cost., secondo cui “la qualifica spettante all’impiegato è quella conseguita al momento dell’assunzione o successivamente nei modi previsti dalle leggi o dai regolamenti”. La modifica all’art. 56, d.lgs. n. 29/93 ad opera dell’art. 25, d.lgs. n. 80/98, è intervenuta innovando l’istituto dell’attribuzione temporanea di funzioni superiori nell’ambito del lavoro pubblico, infatti “per la prima volta in un testo normativo di portata generale per il pubblico impiego si prevede che spetta al lavoratore la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore anche nel caso di assegnazione nulla per violazione delle condizioni ivi previste”. L’applicazione di tale disposizione è da ritenersi rinviata al momento dell’attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi, sicché “fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza poteva comportare il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore”. Né può attribuirsi natura retroattiva alla modifica intervenuta ad opera dell’art. 15 del d.lgs. n. 387/98, che ha soppresso le parole “a differenze retributive o”; il diritto del dipendente pubblico alle differenze retributive spettanti per lo svolgimento di mansioni superiori “può essere riconosciuto in via generale solo a decorrere dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 387/1998 (22 novembre 1998), in quanto il riconoscimento legislativo di siffatto diritto possiede evidente carattere innovativo e non riverbera in alcun modo la propria efficacia su situazioni pregresse”.
http://www.giustizia-amministrativa.it/Sentenze/CDS_200804346_SE_6.doc