Consiglio di Stato, Ad. Plen., 30 luglio 2007, n. 9 – Identificazione della giurisdizione sulle controversie in materia di procedimenti di esproprio per pubblico interesseConsiglio Stato, Ad. plen.

30.07.2008

Nella decisione n. 9 l’Adunanza Plenaria è tornata sul tema della identificazione della giurisdizione sulle controversie in materia di procedimenti di esproprio per pubblico interesse. La Plenaria ha ritenuto che debba essere ribadita la sussistenza della giurisdizione amministrativa esclusiva in relazione a liti che abbiano ad oggetto diritti soggettivi la cui lesione tragga origine, sul piano eziologico, da fattori causali comportamentali riconducibili all’esplicazione del pubblico potere e ciò pur se in un momento nel quale quest’ultimo, per la sopraggiunta inefficacia disposta dalla legge o per la mancata conclusione del procedimento, risulta ormai privo della sua forza autoritativa. Il Consiglio di Stato ha analizzato la questione sia in termini attuali, identificando una soluzione relativa all’attuale quadro normativo, sia in relazione al sistema normativo vigente al momento dei fatti oggetto del giudizio. La Plenaria ha infatti rilevato che per effetto dell’entrata in vigore del t.u. sulle espropriazioni n. 327 del 2001 il procedimento ablatorio prende avvio con l’imposizione, in virtù della pertinente previsione urbanistica o degli altri strumenti individuati all’art. 10, del vincolo preordinato all’esproprio, cui deve conseguire – entro cinque anni – la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera nonché – entro il successivo quinquennio di efficacia legale di questa – il decreto di esproprio; quindi, attualmente, l’esercizio della funzione pubblica emerge dalla fase di apposizione del vincolo, la quale apre e qualifica originariamente – col necessario riflesso semplificante in termini di giurisdizione – l’intero procedimento nel cui alveo i successivi segmenti si innestano in chiave tendenzialmente attuativa. Quanto alla vicenda generatrice della questione decisa con la pronuncia in parola, invece, essa si colloca anteriormente all’entrata in vigore del t.u. sulle espropriazioni n. 327 del 2001 ed alla stregua del procedimento bifasico disegnato dalla legge fondamentale n. 2359 del 1865. Sulla base di tali disposizioni ed ancor più dopo le innovazioni in tema di dichiarazione implicita introdotte dalla l. n. 1 del 1978, la dichiarazione di pubblica utilità era cardine dell’attività ablatoria, poiché costituiva l’atto autoritativo che faceva emergere il potere pubblicistico in rapporto al bene privato e, al tempo stesso, l’origine funzionale della successiva attività, giuridica e materiale, di utilizzazione dello stesso per scopi pubblici. Tale circostanza comportava che la mancata adozione del provvedimento traslativo, entro il prescritto termine, non determinava una dequotazione della valenza giuridica dell’attività espletata nel corso e in virtù di un procedimento “funzionalizzato” ab origine a scopi di pubblica natura o utilità e che l’omessa conclusione del procedimento, mediante tempestiva pronuncia del decreto di esproprio, se faceva connotare la precedente attività dispiegata dall’amministrazione in termini materiali o comportamentali, impedendo la formalizzazione dell’acquisizione al patrimonio pubblico del bene realizzato (determinando cioè l’illegittimità dell’impossessamento e dell’irreversibile modifica del bene altrui), non determinava la sua irriconducibilità all’esercizio di un pubblico potere. Alla luce di queste considerazioni l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha stabilito che sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie relative ai procedimenti di esproprio per pubblico interesse nelle quali si faccia questione, anche ai fini della tutela risarcitoria, di attività di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità e con essa congruenti essendo irrilevante se il procedimento all’interno del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo atto traslativo, ovvero, sia caratterizzato dalla presenza di atti poi dichiarati illegittimi. Nessun onere di previa impugnazione del provvedimento dannoso può essere posto a carico del suo destinatario ove l’atto sia stato rimosso in sede amministrativa, in autotutela o su ricorso di parte, oppure se il danno non è prodotto dalle statuizioni in esso contenute ma è stato materialmente causato dalle particolari modalità della sua esecuzione (nella specie, era stato ritenuto non sussistere nessun rapporto di necessaria pregiudizialità tra l’annullamento della dichiarazione di p.u. e la domanda risarcitoria per l’ intervenuta irreversibile trasformazione del bene, iniziata nell’arco temporale concesso dalla dichiarazione di p.u., ma portata a compimento senza la necessaria emanazione di decreto d’esproprio).

a cura di Laura Lamberti