Corte costituzionale, 2 luglio 2008, n. 240
Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale sollevato dalla Corte di appello di Firenze
Norme impugnate e parametri di riferimento:
Il Giudice a quo dubita della legittimità costituzionale dell’art. 63, comma 1, num. 4) del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico degli Enti locali), nella parte in cui – disciplinando le ipotesi di incompatibilità alla carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale – non prevede l’incompatibilità anche per le persone titolari della rappresentanza organica di soggetti che si trovino in situazione di lite pendente con il Comune o la Provincia.
Sarebbero conseguentemente violati gli artt. 3 e 97 Cost.
Argomentazioni della Corte:
La legislazione in materia di incompatibilità degli amministratori locali, nell’ipotesi di lite pendente, ha progressivamente circoscritto l’ambito di applicazione dell’istituto, attenuando i suoi effetti limitativi in relazione al diritto di elettorato passivo. La lite pendente, infatti, è stata dapprima trasformata da causa di ineleggibilità a causa di incompatibilità e poi limitata nelle sue applicazioni, eliminando dal suo ambito alcune fattispecie (come la lite per fatto connesso con l’esercizio del mandato, la lite in materia tributaria, ecc.).
Tenendo conto di questa evoluzione normativa, il giudice rimettente chiede alla Corte costituzionale una sentenza additiva che estenda l’ambito di applicazione dell’incompatibilità per lite pendente. La Consulta, tuttavia, non ritiene possibile soddisfare tale richiesta, in quanto, nel caso di specie, l’intervento additivo non appare costituzionalmente obbligato.
L’art. 97 Cost. impone infatti al legislatore di regolare le situazioni più evidenti di conflitto di interessi, che tuttavia possono essere regolate facendo ricorso ad una pluralità di trattamenti (anche diversi dall’ineleggibilità ed incompatibilità), proporzionati in base alla gravità del conflitto. Nel caso di specie, la previsione di una incompatibilità non costituisce conseguentemente l’unica soluzione possibile per porre rimedio alla situazione di conflitto di interessi oggetto di censura.
Decisione della Corte:
La Corte dichiara inammissibile la questione sollevata dal rimettente, in quanto l’intervento sollecitato dal giudice a quo appare non costituzionalmente obbligato.
Giurisprudenza richiamata:
– Sul compito del legislatore, nel ragionevole esercizio della sua discrezionalità, di attuare l’art. 51 Cost., stabilendo il regime delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità: Corte costituzionale, sent. n. 160 del 1997.