Seminario sull’implementazione del principio di sussidiarietà – Resoconto

26.05.2008

Presentazioni e dibattito sulla pratica del controllo della sussidiarietà e quanto previsto dal Trattato di Lisbona
Bruxelles, Comitato delle Regioni – 19 maggio 2008

Lunedì 19 maggio 2008 si è svolto presso il Comitato delle Regioni un seminario organizzato dal CALRE dal REGLEG – le conferenze che riuniscono, rispettivamente, gli organi assembleari regionali dei Paesi membri dell’UE e le Regioni con competenze legislative – incentrato sui temi dell’applicazione del principio di sussidiarietà alla luce del Trattato di Lisbona attualmente in via di ratifica. È significativo segnalare che, oltre ai rappresentanti degli Esecutivi e delle Assemblee regionali dei Paesi dell’Unione, vi abbiano preso parte anche esponenti di organi substatali di Paesi candidati all’adesione, come la Croazia, e di Paesi terzi, come la Svizzera.
Le novità apportate dal Trattato che sembrano assumere maggior rilievo per l’ambito regionale sono essenzialmente due, entrambe contenute nello specifico protocollo sulla sussidiarietà: la possibilità di accesso da parte del Comitato delle Regioni alla Corte di giustizia nelle materie in cui è richiesta la sua consultazione; e la previsione di una consultazione delle Assemblee legislative regionali da parte dei parlamenti nazionali in sede di esame preliminare dei progetti di normazione comunitaria. Su quest’ultimo tema, in particolare, si è sviluppato il dibattito tra i rappresentanti delle Assemblee regionali dei vari Paesi, riportando ognuno le procedure che sono state ipotizzate o identificate in ciascuna esperienza nazionale.

Successivamente al saluto di benvenuto dell’on. Koen VERLAECKT, ministro degli esteri del Governo delle Fiandre, i lavori sono stati aperti dall’on. Izaskun BILBAO, presidente del Parlamento basco ed attualmente Presidente del CALRE, la quale ha voluto innanzitutto ricordare l’attentato terroristico che aveva avuto luogo nei Paesi baschi la settimana precedente, esprimendo una dura condanna delle forme di violenza che ancora si manifestano nella sua Regione e auspicando una soluzione che permetta di tornare ad una convivenza serena.
Entrando nel merito dei temi da affrontare, ha sottolineato come il principio di sussidiarietà si ponga ormai come un passaggio fondamentale del processo decisionale comunitario, alla cui partecipazione le Regioni con poteri legislativi sono espressamente chiamate dal protocollo annesso al trattato. Da questo quadro emerge la necessità di uno sforzo comune da compiersi congiuntamente (e non in contrapposizione) tra Parlamenti nazionali e regionali, nonché tra Parlamenti ed Esecutivi regionali: non solo sul versante della fase ascendente, ma ancor di più per quanto concerne l’attuazione della normativa comunitaria.

Successivamente ha preso la parola l’on. Geert BOURGEOIS, Ministro della politica estera delle Fiandre e Presidente del REGLEG, il quale ha voluto da subito rimarcare l’importanza dell’appuntamento, definendolo un benchmark event nella definizione del livello di cooperazione tra le Regioni aventi poteri legislativi. Il principio di sussidiarietà non dev’essere percepita come contrario allo spirito di integrazione, ma anzi come strumento per permettere una sua miglio realizzazione dal basso. Quanto alla possibilità di adire la Corte di giustizia da parte del Comitato delle Regioni, ha voluto precisare come questo costituisca una responsabilità ulteriore per la cooperazione tra Regioni, per la quale si deve essere capaci di bilanciare gli interessi diversi dei vari componenti.

La sessione mattutina è stata dedicata all’analisi del ruolo dei Parlamenti e delle Regioni con poteri legislativi riguardo al principio di sussidiarietà, ed è stata introdotta dal prof. Frank DELMARTINO, dell’Istituto di politica internazionale ed europea dell’Università Cattolica di Leuven. Ripercorrendo la strada seguita dal principio di sussidiarietà nell’UE, ha ricordato come esso non risalga a più di vent’anni fa e la sua analisi abbia avuto fasi non proprio lineari. La sua introduzione non sembra aver incontrato molti ostacoli anche a causa di una sua accezione piuttosto vaga che, forse, non ne identificava sin da subito le potenzialità. Nel corso degli anni, tuttavia, esso è stato introdotto nelle Carte costituzionali di diversi Stati membri (tra cui l’Italia) e richiamato nella legislazione ordinaria e regionale. A questa “espansione” della dimensione territoriale del principio deve però accompagnarsi una sua concretizzazione, che sia capace di spostare l’asse dalla sua iniziale indeterminatezza ideale alla identificazione di specifiche responsabilità tra i livelli di governo. Questa operazione, tuttavia, non può riguardare il solo ambito nazionale, ma anche quello regionale, favorendo l’autonomia e lo sviluppo degli enti locali. Anzi, sono proprio le Regioni ad essere chiamate ad un ruolo di primaria rilevanza, costituendo lo snodo cruciale tra la dimensione “macro” degli Stati e quella “micro” dei comuni e delle collettività locali.

È stata quindi presentata l’analisi di una caso concreto, ossia l’implementazione del principio di sussidiarietà effettuata nelle Fiandre, di cui ha riferito l’on. Marleen VANDERPOORTEN, Presidente del Parlamento fiammingo. L’approccio alla tematica è stato estremamente critico, come testimonia la provocazione iniziale costituita dall’interrogarsi sul se l’applicazione del principio di sussidiarietà possa in qualche modo “salvare” l’Unione europea. L’efficace attuazione del principio è stata ritenuta dipendere innanzitutto dall’organizzazione interna degli Stati e dalla capacità di concludere accordi tra gli organi centrali e regionali, in particolare sull’attuazione del diritto comunitario, che molto spesso travalica i riparti di competenze interni agli Stati. In questa prospettiva, la soluzione belga è consistita nell’attivare un canale diretto di comunicazione e di informazione tra Governo nazionale e Parlamenti regionali, dedicato in particolare alle tematiche comunitarie (per il cui monitoraggio il Parlamento fiammingo ha attivato un apposito dipartimento). Ciononostante, non si ignora che il Parlamento nazionale costituisca un indefettibile punto di comunicazione con il processo decisionale comunitario e, in questa ottica, va visto con favore l’ampliamento della “finestra” temporale per l’attivazione dell’early warning da parte dei Parlamenti nel processo decisionale comunitario, estesa dal Trattato di Lisbona a otto settimane, due in più rispetto a quanto aveva previsto il Trattato costituzionale.

È quindi intervenuto, sul tema del coordinamento interna e della cooperazione tra Assemblee e Esecutivi regionali, con particolare riferimento all’esperienza austriaca, il dott. Andreas KIEFER, Capo dell’Ufficio affari europei del Land di Salisburgo. Il cammino percorso dall’Austria si dimostra di particolare interesse in quanto non si tratta (al contrario del Belgio) di un membro fondatore dell’Unione europea, ma di un Paese entrato nell’Unione solo nel 1995, e quindi in un contesto di integrazione già alquanto avanzata. Dinanzi alla devoluzione verso l’ “alto” di alcuni dei propri poteri, i Länder hanno richiesto una “compensazione” al Governo federale, che è stata individuata in un organo (la cd. “Conferenza per l’integrazione”), che però non ha sortito gli effetti effetti, essendosi riunito solo 2 volte in 13 anni.
Nonostante l’esistenza del Bundesrat (i cui membri, in Austria, vengono nominati dalle Assemblee dei Länder), emerge l’esigenza di una più efficace forma di coordinamento tra le Assemblee regionali: il funzionamento del Bundesrat austriaco, infatti, non risulta diverso da una Camera politica, nella quale difficilmente le posizioni dei territori vengono in rilievo. Un esempio lampante di questo scarso coordinamento è dato dall’inattuazione della previsione che permetterebbe ai Parlamenti regionali di sollecitare il Governo federale a presentare ricorso presso la Corte di giustizia avverso atti comunitari che si ritengono violare il principio di sussidiarietà: questo percorso non è mai giunto a conclusione, perché è richiesta l’unanimità tra i Parlamenti regionali che, senza una sede comune di confronto, è assai difficile da raggiungere.
Infine, un dato interessante è che, benché esistano forti differenziazioni tra i diversi Länder, un dato comune a molti di essi è l’esame del programma legislativo della Commissione, al fine di individuare in via preliminare gli interventi della normativa comunitaria sugli ambiti di competenza del Land.

Sulla prospettiva di cooperazione interparlamentare regionale è intervenuto l’on. Ernest BENACH, Presidente del Parlamento catalano e coordinatore del gruppo di lavoro sulla sussidiarietà del CALRE, il quale ha rimarcato con forza la valenza politica e non meramente amministrativa del principio di sussidiarietà. Inoltre, ha segnalato il ritardo non trascurabile con cui si stanno muovendo le Assemblee legislative regionali, con cui già il Trattato di Amsterdam del 1997 aveva avviato un dialogo importante. Ha di seguito richiamato i risultati del gruppo di lavoro da lui coordinato, nei quali si è sottolineata la priorità di una informazione immediata delle Assemblee regionali sui procedimenti decisionali comunitari e la necessità di una loro dotazione di strutture e di personale che sia in grado di gestire questa ingente massa di informazioni. Infine, ha proposto tre linee per avviare uno sviluppo in queste tematiche:
– rafforzare i rapporti tra CALRE e COSAC;
– costruire cataloghi di esperienze comuni da far circolare tra i Parlamenti regionali e, soprattutto, tra i loro presidenti;
– promuovere incontri tra Assemblee regionali e eurodeputati.

L’ultimo intervento della sessione mattutina è stato dell’on. Anton KOKALJ, deputato del Parlamento sloveno e Presidente della COSAC, che ha illustrato i progetti pilota promossi dalla COSAC al fine di effettuare test sulla sussidiarietà relativamente a atti comunitari. Dopo i referendum francese e olandese del 2005, se è certamente vero che la costruzione europea ha avuto in generale una battuta di arresto (o almeno un secco rallentamento), al contrario si può dire che essi hanno generato un buon clima per lo studio e lo sviluppo dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità.
Nei test di attuazione delle procedure di verifica della sussidiarietà organizzati dalla COSAC sono intervenuti su base volontaria i Parlamenti degli Stati membri in merito ad alcuni progetti di atti comunitari individuati dalla COSAC. È significativo notare che i test sono stati effettuati sia prima che dopo la conclusione del trattato di Lisbona, e l’estensione da 6 a 8 settimane per il test di sussidiarietà ha positivamente influenzato il numero di risposte (e quindi la partecipazione dei Parlamenti nazionali). L’esperienza dei test ha dimostrato l’importanza della costruzione di una rete informale di relazioni che, al di fuori dei canali di comunicazione ufficiale, sappia individuare i nodi più problematici, anche al fine di assicurare una maggiore coerenza tra i rilievi sollevati. A questo scopo, si è proposta la creazione di una serie di checklists.

Al termine degli interventi programmati per la sessione mattutina ha preso la parola nuovamente l’on. Izaskun BILBAO, che in un breve ma accorato intervento ha sottolineato come le Assemblee regionali abbiano un chiaro problema da risolvere: non spetta a loro redigere il trattato (che è già scritto), ma muoversi all’interno dei meccanismi già predisposti al fine di non tramutare in lettera morta la parte che le riguarda direttamente. Per questo, l’unico cammino possibile appare un sempre più stretto rapporto tra CALRE e COSAC, rafforzando i raccordi interparlamentari per non essere schiacciati dalla maggiore esperienza e dalla maggiore funzionalità delle relazioni tra gli esecutivi.
Infine, in un vivace scambio di battute tra il dott. Luk VAN LOOY (rappresentante del Governo delle Fiandre) e un esponente della rappresentanza del Parlamento catalano a Bruxelles è emerso uno dei principali nodi problematici sul versante applicativo del test di sussidiarietà: l’esponente fiammingo ha sostenuto che, nel caso in cui la approvanda normativa comunitaria ricadesse negli ambiti di competenza del Parlamento regionale (dotato di vaste competenze esclusive) non avrebbe senso un intervento del Parlamento nazionale in sede di espressione del voto per l’early warning, ma si dovesse rimettere in sostanza la decisione direttamente ai Parlamenti regionali. Anzi, a suo avviso, anche di fronte a un disaccordo tra le (tre) Assemblee regionali belghe (delle Fiandre, della Vallonia, di Bruxelles capitale) l’esistenza una sola Assemblea regionale contraria sarebbe idonea a determinare una opposizione in sede comunitaria.

La sessione pomeridiana, dedicata all’analisi del ruolo della Commissione europea e del Comitato delle Regioni nell’applicazione del principio di sussidiarietà, è stata aperta dal dott. Gehrard STAHL, Segretario generale del Comitato delle Regioni, che ha sottolineato la necessarietà di un approccio multilevel alla questione, costituendo la realizzazione del principio di sussidiarietà un impegno concreto e non solo una impostazione ideale del processo decisionale. In questo quadro, assume una posizione di rilievo anche l’Agenda di Lisbona, che appunto si è rivolta a tutti i livelli istituzionali e non ha scelto di privilegiare, come pure sarebbe stato comprensibile, un rapporto con i soli Stati membri. La concorrenza dei diversi livelli di governo richiede tuttavia una sede di coordinamento delle varie istanze e proprio a questa esigenza può rispondere il Comitato delle Regioni, che già ha attivato reti istituzionali di rapporti con partners in diversi Stati membri. Questa esperienza di cooperazione potrebbe essere sfruttata anche per le procedure di early warning, per le quali serve un modello comune di attivazione e di controllo.

Il punto di vista della Commissione è stato riportato dal dott. Panagiotis ANASTOPULOS, che si è soffermato sulle problematiche del drafting e sulla necessità che già da questo profilo tecnico emerga l’esigenza di un processo decisionale orientato al rispetto della sussidiarietà. Il confezionamento dell’atto normativo, infatti, si intreccia con il principio di sussidiarietà almeno per due profili: nella percezione di partecipazione che si riesce a trasmettere nelle pieghe del testo normativo e nella rispondenza all’obbligo di motivazione, mediante cui si deve dar conto innanzitutto della necessità di una nuova regolazione. Da questo punto di vista, il Trattato di Lisbona appare un buon compromesso, pur necessitando un ulteriore rafforzamento nell’intervento delle istituzioni regionali e locali ai fini della definizione dei contenuti dell’atto.

L’ultima relazione, molto attesa, è stata quella del prof. Koen LENAERTS, giudice della Corte di giustizia delle Comunità europee, che ha voluto innanzitutto sottolineare la natura dinamica del principio di sussidiarietà, ricordando come gli 11 anni passati dal Trattato di Amsterdam a quello di Lisbona siano stati cruciali nell’evoluzione dell’Unione europea e nella stessa interpretazione della sussidiarietà. In particolare, sono state proprio le Regioni con potestà legislativa a attirare l’attenzione della Corte di giustizia, che in una serie di pronunce ha progressivamente modificato la propria accezione del principio. Già nel 1999, in una sentenza del Tribunale di primo grado che aveva come convenuta la Regione Friuli-Venezia Giulia, si è stabilito il principio che anche le Regioni possono essere destinatarie delle decisioni della Commissione. Al contrario, per quanto riguarda i fondi comunitari sono gli Stati membri ad essere oggetto dell’attenzione della Corte, in quanto sono loro in prima battuta a ricevere i finanziamenti che solo in un secondo momento vengono riversati alle Regioni.
Un profilo che ha suscitato vivi dibattiti all’interno della Corte di giustizia è stato quello dei vantaggi fiscali derivanti una diversa tassazione a livello regionale, elemento chiave per una piena realizzazione del principio di sussidiarietà. In particolare, una recente decisione sul caso delle Azzorre ha stabilito che la selezione di categorie determinate su base territoriale non comporta una violazione del principio di concorrenza secondo quanto disposto dai trattati, poiché le differenziazioni si realizzano mediante un provvedimento che, nel suo piccolo, rimane comunque generale. Anzi, la differenziazione fiscale potrebbe entro certi limiti creare effetti benefici alla concorrenza.
In conclusione, sono state analizzate le novità introdotte dal Trattato di Lisbona aventi ad oggetto le realtà regionali. Innanzitutto è stato chiarito che il parere del Comitato delle Regioni sulle proposte di atti legislativi comunitari deve essere reso su un testo “maturo” e che quindi, qualora il Parlamento o il Consiglio adottassero modifiche sostanziali, si renderebbe necessaria una nuova consultazione. In questa prospettiva, il Comitato delle Regioni si conferma un valido canale di partecipazione alla fase ascendente per le Regioni con poteri legislativi, ma sarà necessario operare un serio ripensamento delle sue procedure interne, così come è già stato fatto dal Parlamento europeo.

Al termine dei lavori ha preso la parola Luc VAN DEN BRANDE, presidente del Comitato delle Regioni, che ha nuovamente rimarcato l’importanza delle forme di coordinamento tra Assemblee regionali a livello europeo, definendo tanto il CALRE quanto il REGLEG necessari ma non sufficienti alla costruzione comunitaria. Infine, proprio sul principio di sussidiarietà, ha dato appuntamento ad un successivo incontro, che sarà organizzato presso il Senato francese.


Giovanni Piccirilli