Corte costituzionale, 23 maggio 2008, n. 166
Giudizio di legittimità costituzionale in via principale promosso dalla Regione Lombardia avverso lo Stato
Norme impugnate e parametri di riferimento:
La Regione ricorrente ha impugnato gli artt. 3, commi 1 e 2, 4, comma 2 e 5, comma 1, della legge 8 febbraio 2007, n. 9, recante diversi interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali. In particolare, sarebbero violati gli artt. 3, 97, 117, 118 e 119 Cost.
Argomentazioni della Corte:
Le censure esaminate dalla Corte riguardano, in particolare:
– l’art. 3, comma 1, che prevede la predisposizione da parte delle Regioni, in base alle proposte dei Comuni interessati, di un piano straordinario finalizzato ad identificare il fabbisogno di edilizia residenziale pubblica, con particolare riferimento alle categorie di soggetti più deboli (nucleo familiari a basso reddito e con persone ultrasessantacinquenni, portatori di handicap o malati terminali) individuate dalla stessa legge. Secondo la Corte, la norma censurata rispetta i confini di intervento della legislazione statale, che a seguito della riforma del Titolo V continua a comprendere sia “la determinazione dell’offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti” (art. 117, co. 2, lett. m), sia la fissazione dei principi fondamentali sulla programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, in quanto ricadenti nella materia di potestà concorrente “governo del territorio”. Nello specifico, con il piano in titolo lo Stato ha inteso richiedere un intervento organico, rapido e preferenziale, a favore di particolare categorie di soggetti ritenute più bisognose di assistenza, che possono pertanto vantare un diritto fondamentale alla casa, da garantirsi in modo uniforme su tutto il territorio nazionale;
– l’art. 3, comma 2, che riconosce ai Comuni la possibilità di istituire “apposite commissioni”, con durata di diciotto mesi, per l’eventuale graduazione delle azioni di rilascio, allo scopo di favorire il passaggio “da casa a casa” a favore delle categorie più svantaggiate destinatarie del piano straordinario di edilizia residenziale pubblica. Secondo la Corte, l’attribuzione ai Comuni della possibilità di istituire tali commissioni (anche se configurata in termini di mera “facoltà”) lede la competenza residuale delle Regioni in materia di politiche sociali; non spetta conseguentemente allo Stato, in quanto privo di competenza nel settore in titolo, investire i Comuni di tale funzione;
– l’art. 4, comma 2, che attribuisce ai Ministeri competenti il compito di predisporre un programma nazionale contenente gli obiettivi e gli indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica, nonché di individuare le misure, anche di natura organizzativa, dirette a favorire la cooperazione tra Stato, Regioni ed Enti locali ai fini della riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali. Tenendo presente quanto stabilito al riguardo nel d.lgs. n. 112 del 1998, recante conferimento delle funzioni e compiti amministrativi (cd. “decentramento Bassanini”), la Corte riconosce l’esigenza di un momento unitario antecedente alla programmazione regionale in materia di edilizia residenziale pubblica, nel quale devono essere coinvolti tutti i soggetti istituzionali interessati (Stato, Regioni ed Enti locali). E’ conseguentemente giustificata l’attrazione in sussidiarietà della competenza legislativa in capo allo Stato, purché nel rispetto del principio di proporzionalità e della leale collaborazione (che appare comunque garantita dalla previsione della necessaria intesa con la Conferenza unificata sul programma nazionale predisposto dai Ministri competenti);
– l’art. 5, che attribuisce ai Ministri competenti, d’intesa con la Conferenza unificata, il compito di stabilire le caratteristiche e i requisiti degli alloggi sociali esenti dall’obbligo di notifica degli aiuti di Stato ai sensi del Trattato istitutivo della Comunità europea. Anche in questo caso, la Corte evidenzia che la determinazione dell’offerta minima degli alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei meno abbienti – rientrante, come si è detto, nella competenza esclusiva statale ex art. 117, co. 2, lett. m). – non può essere solo quantitativa, ma anche qualitativa, nel senso che occorre stabilire le caratteristiche degli alloggi ricadenti nell’offerta minima.
Decisione della Corte:
La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2 della legge n. 9/2007. Le altre questioni di legittimità sollevate dalla ricorrente sono viceversa giudicate in parte inammissibili e in parte non fondate.
Giurisprudenza richiamata:
– Sull’inquadramento nella competenza esclusiva statale ex art. 117, co. 2, lett. m) della determinazione dell’offerta minima di alloggi destinata a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti: Corte costituzionale, sent. n. 94 del 2007;
Sulla programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica come ricadente nella materia concorrente del “governo del territorio”: Corte costituzionale, sent. n. 451 del 2006.