Corte Costituzionale, sentenza del 20 maggio 2008, n. 161.
Il Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 159 e 161, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286, per violazione degli artt. 97 e 98 della Costituzione. Il comma 159 – modificando il comma 8 dell’art. 19 del d.lgs. n. 165/01 – prevede l’applicazione del c.d. spoils system, anche agli incarichi di funzioni dirigenziali conferiti a personale «non appartenente ai ruoli di cui all’articolo 23» che cessano «decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo». Il comma 161 stabilisce, invece, che i suddetti incarichi, in sede di prima applicazione della nuova normativa, conferiti prima del 17 maggio 2006, «cessano ove non confermati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore» dello stesso decreto-legge n. 262 del 2006. L’A.G.O ritiene che tale normativa si ponga in contrasto con gli artt. 97 e 98 Cost., in quanto determina in modo automatico la interruzione del rapporto di lavoro senza alcun momento valutativo.
La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 161, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286, nella parte in cui dispone che gli incarichi conferiti al personale non appartenente ai ruoli di cui all’art. 23 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 «conferiti prima del 17 maggio 2006, cessano ove non confermati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto».
La norma, prevedendo la immediata cessazione del rapporto dirigenziale alla scadenza del sessantesimo giorno dall’entrata in vigore del decreto-legge n. 262 del 2006, salvo riconferma, configura un meccanismo di spoils system automatico e una tantum illegittimo, in quanto viola i principi costituzionali di buon andamento e imparzialità e «il principio di continuità dell’azione amministrativa che è strettamente correlato a quello di buon andamento dell’azione stessa».
La cessazione anticipata ex lege del rapporto impedisce infatti la verifica della responsabilità dirigenziale sulla base di una valutazione dei risultati che il dirigente deve perseguire, “nel rispetto degli indirizzi posti dal vertice politico, avendo a disposizione un periodo di tempo adeguato, modulato in ragione della peculiarità della singola posizione dirigenziale e del contesto complessivo in cui la stessa è inserita».
Né può salvare la norma dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale la tipologia di incarico conferita che nel caso in esame riguarda gli “incarichi conferiti a personale dipendente da “altre” amministrazioni pubbliche (il ricorrente è dirigente «di seconda fascia» appartenente al personale della carriera prefettizia). La natura “esterna” dell’incarico “non costituisce un elemento in grado di diversificare in senso fiduciario il rapporto di lavoro dirigenziale, che deve rimanere caratterizzato, sul piano funzionale, da una netta e chiara separazione tra attività di indirizzo politico-amministrativo e funzioni gestorie”. Anche per i dirigenti “esterni”, infatti, il rapporto di lavoro instaurato con l’amministrazione che attribuisce l’incarico deve essere «connotato da specifiche garanzie, le quali presuppongono che esso sia regolato in modo tale da assicurare la tendenziale continuità dell’azione amministrativa e una chiara distinzione funzionale tra i compiti di indirizzo politico-amministrativo e quelli di gestione».
Testo della sentenza su: www.giurcost.it;