La delega “taglialeggi”: I passi compiuti e i problemi da sciogliere – Resoconto convegno

09.04.2008

Roma, Luiss Guido Carli, 1° aprile 2008

Il 1° aprile 2008, si è tenuto presso la LUISS Guido Carli il seminario concernente “La delega «taglialeggi»: i passi compiuti e i problemi da sciogliere”, organizzato dal Dipartimento di studi giuridici-Centro di ricerca sulle amministrazioni pubbliche “Vittorio Bachelet” in collaborazione con il Comitato per la legislazione della Camera dei deputati.

Il seminario è stato presieduto dal prof. Gian Candido DE MARTIN, direttore del Centro di ricerca sulle amministrazioni pubbliche “Vittorio Bachelet”, il quale ha evidenziato che lo stato sull’attuazione del meccanismo si ricava dalla relazione concernente la ricognizione della legislazione statale vigente, che è stata presentata alle Camere dal Presidente del Consiglio il 14 dicembre 2007 (XV legislatura, doc. XXVII, n. 7), e in cui è confluito il lavoro svolto dall’apposito Comitato tecnico presieduto dal sottosegretario all’interno prof. Alessandro Pajno.

Il prof. Attilio ZIMATORE, direttore del Dipartimento di studi giuridici, ha esaminato innanzitutto l’incidenza del processo di semplificazione normativa sul diritto civile, sottolineando come quest’ultimo sia stato interessato da alterne vicende di codificazione, decodificazione e riassetto normativo. Il codice civile, che per oltre un secolo ha garantito organicità e stabilità all’intera disciplina dei rapporti civili, a partire dagli anni Settanta del Novecento ha visto inevitabilmente compromessa la sua centralità per effetto dell’incalzare di una legislazione speciale a carattere “alluvionale” che, di fatto, ha sottratto dalla sua “sfera d’azione” intere categorie di rapporti giuridici. Si è passati così, come illustrato dagli studi condotti da Natalino Irti, da un sistema monocentrico fondato sul codice civile ad uno policentrico imperniato sulla legislazione di settore. La proliferazione dei testi unici volti a “unificare” e consolidare la legislazione speciale, pur dando un contributo rilevante alla “causa” del riassetto normativo, si è rivelata insufficiente a completare quel processo di semplificazione avviato precedentemente: il legislatore ha cercato così di ovviare a questo problema attraverso un meccanismo drastico, il c.d. “taglialeggi”. Però, questo innovativo meccanismo, escludendo a priori l’abrogazione, tra le altre, di tutte le disposizioni contenute in testi normativi denominati “codice ovvero testo unico” anche se obsolescenti, inficerebbe il perseguimento di una delle finalità della legge n. 246 del 2005, quella del “disboscamento” della “giungla” normativa. Per tali ordini di motivi il prof. Zimatore – pur riconoscendo nell’esigenza di salvaguardare l’armonia e l’ordine interno dei codici la ratio della disposizione – ha sostenuto provocatoriamente che, non tanto di meccanismo “taglialeggi” si dovrebbe parlare, quanto più propriamente di “clausola salva-codici”.

Il seminario è proseguito con le riflessioni del on. prof. Roberto ZACCARIA, Presidente del Comitato per la legislazione, il quale, richiamando quanto già espresso in occasione del suo intervento alla Camera dei deputati il 16 settembre 2005 sul disegno di legge di semplificazione 2005, ha evidenziato le non poche criticità derivanti da un meccanismo che conferisce al Governo il potere di decidere sic et simpliciter quali leggi del Parlamento debbano essere espunte dall’ordinamento. A tal riguardo, ribadisce la necessità di garantire un adeguato coinvolgimento delle Commissioni parlamentari, e non solo di una Commissione bicamerale, nell’ottica di un’ “equilibrata” attuazione della citata legge delega. L’on. Zaccaria ha concluso il suo intervento evidenziando che l’art. 14 della legge n. 246 del 2005, non definendo in maniera puntuale i confini di alcune categorie di disposizioni da sottrarre all’abrogazione, potrebbe comportare un notevole incremento del contenzioso costituzionale.

Il sen. Andrea PASTORE, dopo essersi rallegrato per la decisione assunta durante la XV legislatura di proseguire il processo di attuazione del c.d. meccanismo “taglialeggi” (nonostante l’avvicendamento delle maggioranze), ha evidenziato alcune delle criticità e dei punti di forza emersi sinora nell’impiego di altri strumenti di semplificazione normativa. Il senatore ha osservato, infatti, che il ricorso alla delegificazione si è scontrato, da una parte, con la maggiore difficoltà di adottare regolamenti rispetto a decreti legislativi e, dall’altra, con la limitatezza del suo raggio d’azione, avendo essa per effetto la sostituzione della fonte di disciplina e non l’abolizione della regola. Inoltre, le leggi annuali di semplificazione, a dispetto della loro denominazione, hanno “sofferto” tradizionalmente per i tempi lunghi di attuazione, che hanno sfiorato anche la soglia dei tre anni. Rispetto ad esse, la legge n. 246 del 2005 presenta, invece, alcuni caratteri innovativi: stabilisce uno scadenzario affinchè la clausola “taglialeggi” diventi esecutiva, mostrando altresì una vocazione globale nel prevedere il ricorso contestuale a più strumenti di semplificazione. Il sen. Pastore ha concluso il suo intervento richiamando l’attenzione su due aspetti in particolare: da un lato, l’opportunità di assicurare al Governo un margine di manovra più ampio nell’adozione di codici e testi unici; e, dall’altro, l’esigenza di porre degli argini alla produzione legislativa, conferendo agli organi preposti al procedimento normativo un potere di veto nei confronti dei “provvedimenti omnibus”.

E’ intervenuto quindi il consigliere prof. Alessandro PAJNO il quale ha svolto una relazione generale sull’attuazione della delega “taglialeggi”, a metà del suo cammino. In particolare, ha sottolineato l’art. 14 della legge n. 246 del 2005 non nasce ex abrupto, ma si inquadra all’interno di un processo di semplificazione già consolidato nell’ordinamento. Dopo una breve ricostruzione storica dello stesso, il relatore, richiamandosi ad un intervento svolto da Yves Meny dieci anni or sono, ha messo in evidenza i quattro fattori di complessità che rendono il processo di semplificazione irto di ostacoli: quest’ultima, infatti, non coincide a fortiori con l’eliminazione di ostacoli legislativi e burocratici, come dimostra il caso britannico della privatizzazione dei servizi pubblici, ove la creazione di nuove Autorità di regolazione ha comportato un notevole aumento dello stock normativo (primo fattore); l’affermazione del diritto amministrativo globale ha determinato una progressiva e inesorabile dipendenza degli Stati dall’ordinamento internazionale, fenomeno, questo, di cui l’attività dell’Organizzazione mondiale per il commercio e le misure adottate contro il terrorismo internazionale hanno rappresentato lo stimolo più evidente (secondo fattore); la nascita dell’Unione europea e la riforma del Titolo V della Costituzione hanno reso più complessa l’individuazione delle competenze spettanti a ciascun livello di governo (terzo fattore); infine, l’esistenza di una pluralità dei livelli amministrativi ha comportato un appesantimento dei procedimenti nelle pubbliche amministrazioni (quarto fattore). A parere del prof. Pajno, tuttavia, in una società moderna caratterizzata da rapporti giuridici sempre più complessi, l’“ipertrofia” normativa è un “male” inevitabile a cui far fronte non tanto con una drastica riduzione quantitativa delle norme esistenti, quanto con una più marcata attenzione alla “qualità della regolazione”, sia in una prospettiva giuridico-formale (coerenza e intelligibilità delle norme) sia in senso economico e sostanziale (mediante l’AIR). Il relatore, inoltre, riferendosi alle perplessità espresse dal prof. Zimatore, ha evidenziato che la “destrutturazione” del codice civile, determinata dalla proliferazione di codici di settore, è derivata dalla necessità di adeguare regimi giuridici indifferenziati alle più complesse ed articolate esigenze di una società in continua evoluzione: a titolo esemplificativo, si può citare il passaggio dall’uniformità alla diversificazione dei regimi giuridici di proprietà. Con riguardo all’attuazione dell’art. 14, comma 12, della legge n. 246 del 2005 – concernente la ricognizione delle disposizioni legislative vigenti nonché l’individuazione delle incongruenze e delle antinomie normative relative ai diversi settori legislativi – il Governo si sarebbe dovuto avvalere della banca dati “Normattiva”, prevista all’art. 107 della legge n. 388 del 2000. La mancata attuazione di quest’ultima disposizione, pertanto, ha privato il Comitato interministeriale per l’indirizzo e la guida strategica delle politiche di semplificazione e il Comitato tecnico, istituito da questo il 30 marzo 2007, dello strumento fondamentale da cui attingere le informazioni. Si è così deciso di creare una “banca dati di missione” contenente l’insieme delle disposizioni normative esistenti, grazie all’ausilio del CNIPA (che ha predisposto il software e la scheda di domande da sottoporre alle amministrazioni) e di tutte le pubbliche amministrazioni interessate. Queste ultime sono state chiamate a censire non solo le disposizioni normative pubblicate anteriormente al 1970, ma anche quelle successive, al fine di agevolare l’opera di riassetto normativo. Da questa intensa attività è emersa la presenza di circa 9.000 norme suddivise per settori omogenei e dal loro confronto con quelle contenute nelle banche dati esistenti, è stata rilevata la sussistenza di oltre 21.000 disposizioni normative vigenti, di cui circa 5.000 costituiscono norme a fattispecie conclusa. La fase successiva, di preparazione all’ “innesco” del meccanismo di abrogazione automatica, che dovrebbe concludersi entro il 16 dicembre 2009, sembra essere più problematica. Infatti, sarà necessario “armonizzare” tra loro i diversi principi e criteri direttivi contenuti nella citata legge delega. La questione più spinosa riguarda precisamente il contenuto dei decreti legislativiattuativi: se questi debbano prevedere esclusivamente l’elenco dei singoli atti legislativi da sottrarre all’effetto abrogativo o se, invece, possano contenere altresì – con un’eventuale modifica della norma di delega – le disposizioni legislative successive al 1970, in modo tale da agevolare il riassetto della normativa di settore.

Il seminario è proseguito, quindi, con la relazione del consigliere Raffaele PERNA, sull’origine della delega “taglialeggi” e il collegamento con la pubblicazione on line della legislazione vigente. Il relatore, pur confermando che la normativa in esame non è priva di criticità, soprattutto sotto il profilo tecnico (dato l’utilizzo di un criterio meramente quantitativo), si è concentrato sull’analisi dei punti di forza della stessa. In particolare, ha sottolineato come la legge in esame, a differenza delle altre leggi di semplificazione, prevedendo un termine perentorio di due anni per l’emanazione dei decreti legislativi, ha rappresentato un forte stimolo per le amministrazioni coinvolte a provvedere rapidamente a quanto richiesto. Ha evidenziato, inoltre, l’intrinseca forza che connota la normativa in questione, il cui carattere “sistemico” la rende quasi immune da possibili future abrogazioni. Un altro elemento positivo, derivante dal meccanismo disposto dalla legge n. 246 del 2005, è stato quello di “rompere” il monopolio della semplificazione in capo alle amministrazioni di settore: la necessità da parte di queste ultime di dover motivare di fronte al Governo o al Parlamento l’essenzialità del mantenimento in vigore di una norma ritenuta obsoleta ha fatto sì che vi siano stati un adeguato controllo e una fattiva collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti. In particolare, con riguardo alla prima fase di attuazione dell’art. 14 della legge n. 246 del 2005, il relatore ha focalizzato l’attenzione soprattutto sugli effetti positivi che essa ha prodotto nell’ambito del sistema: innanzitutto ha attivato le amministrazioni ad avviare una ricognizione della propria “dispensa normativa”; in secondo luogo, la mancanza di una banca dati di tutta la normativa in vigore, derivante dall’inattuazione dell’art. 107 della legge n. 388 del 2000, ha garantito quel necessario coinvolgimento delle amministrazioni di settore, imprescindibile per un’effettiva valutazione della obsolescenza delle disposizioni normative; in terzo luogo, date le recenti proposte di estendere il meccanismo de quo anche alle disposizioni normative successive al periodo considerato nell’art. 14 della legge n. 246 del 2005, il censimento di tutte le fonti legislative, anche di quelle entrate in vigore successivamente al 1970, si è rivelata una scelta lungimirante, funzionale al completamento del processo di semplificazione. Infine il consigliere Perna non ha mancato di sottolineare il forte legame tra il meccanismo “taglialeggi” e l’art 107 della legge n. 388 del 2000: il primo, infatti, potrebbe essere il volano per rimettere in moto l’attuazione del secondo. L’art. 107, di fatto, soffre di un’intrinseca debolezza dovuta, da una parte, alla complessità dell’operazione che dispone e, dall’altra, alla sua scarsa articolazione politica. Al fine di assicurare una compiuta attuazione dello stesso è quindi necessario un maggiore coinvolgimento politico, tale da garantire continuità all’azione svolta dalla burocrazia parlamentare, a cui effettivamente è affidata la realizzazione del “progetto”. Bisogna evitare di sovraccaricare le politiche di semplificazione di troppi interventi normativi non sempre del tutto coerenti: la “ricetta” più appropriata a garantire un’ organica ed effettiva semplificazione dell’ordinamento consiste nell’accontentarsi di obiettivi limitati e nel procedere per passi successivi.

Il prof. Marcello CECCHETTI, svolgendo una relazione su “I contenuti dei decreti legislativi: elenco, abrogazione o riordino?”, ha puntualizzato inizialmente che il c.d “meccanismo taglialeggi” si differenzia da altri strumenti di semplificazione (quali testi unici e codici) sia per l’approccio di tipo “generalista” (e, dunque, non per settori) che contraddistingue la delega, sia per il limite temporale di riferimento ai fini dell’inclusione o dell’esclusione delle disposizioni legislative statali interessate ad esso (quello della loro pubblicazione anteriormente al 1° gennaio 1970). Il relatore ha proceduto, quindi, all’identificazione delle due funzioni che la delega al Governo dovrebbe assolvere. La prima funzione, da considerarsi non preminente, a suo giudizio, consiste nella riduzione dello stock normativo esistente e, pertanto, in una semplificazione formale. La funzione precipua della delega, invece, riguarda, a parere del prof. Cecchetti, la codificazione di settore e il riordino normativo. Per quanto concerne tale opera di semplificazione sostanziale, che interesserà anche la legislazione statale successiva al 1970, tuttavia, il relatore ha segnalato l’inopportunità di procedere al riassetto normativo adoperando la delega. Ciò sarebbe sconsigliabile principalmente per tre ordini di ragioni (sebbene la Corte Cost. nella sentenza n. 280 del 2004 abbia avallato il conferimento al Governo di deleghe meramente ricognitive). In primo luogo, si potrebbe porre il problema della novazione delle disposizioni legislative pubblicate prima del 1970, poiché la loro riproduzione nei decreti legislativi, renderebbe necessario considerare tutta la legislazione di settore: le esclusioni previste al comma 17, dunque, sono ontologicamente incompatibili con il processo di riassetto. In secondo luogo, non sarebbe del tutto condivisibile il rinvio operato nella delega all’art. 1 della legge n. 131 del 2003. A tal proposito, non appare convincente la tesi addotta dal Consiglio di Stato nel parere n. 2024 del 2007 sul “Piano di azione per la semplificazione”, secondo cui le disposizioni di dettaglio statali anteriori al 1970 che disciplinano una materia divenuta oggetto di potestà legislativa concorrente dopo la riforma del Titolo V Cost., se considerate ancora attuali dal legislatore delegato e, pertanto, da “salvare”, avrebbero carattere cedevole. La Corte costituzionale, infatti, non ha mai confermato la riproponibilità delle norme cedevoli nelle materie oggetto di potestà legislativa concorrente. In terzo luogo, la delega al riordino e al riassetto di tutta la normativa statale esistente sarebbe costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 76 Cost. con riferimento al requisito della definitezza degli oggetti. Riguardo alla delega contenuta nell’art. 14, commi 14 e 15, della legge n. 246 del 2005, i decreti legislativi di attuazione, secondo il relatore, dovrebbero comprendere tre categorie di elenchi: il primo di questi, avente natura esclusivamente notiziale, dovrebbe includere tutte le disposizioni vigenti escluse dal c.d “meccanismo taglialeggi” accorpate per settori, sia perché il Governo ne reputa indispensabile la permanenza in vigore, ai sensi del citato comma 14, sia perché rientranti tra le eccezioni tassative (art. 14, comma 17 della suddetta legge delega); il secondo elenco, con efficacia ricognitiva, dovrebbe contenere le disposizioni che non vengono “risparmiate” dal meccanismo abrogativo; nell’ultimo elenco, infine, dovrebbero essere raccolte tutte le disposizioni non interessate alla c.d. “seconda fase”, quella successiva all’individuazione di tutte le disposizioni legislative esistenti. A chiusura della sua relazione il prof. Cecchetti, considerata l’entità della svolta ordinamentale che conseguirebbe alla completa applicazione del c.d “meccanismo taglialeggi”, ha invitato a utilizzare con cautela tale strumento. In particolare, si è rinviato al nodo problematico dell’abrogazione delle disposizioni legislative pubblicate prima del 1970 e successivamente oggetto di modifiche, che non sono salvate in virtù delle clausole contenute nella legge delega. È stata caldeggiata, da ultimo, la convenienza ad estendere l’opera di riassetto anche alla normativa regolamentare, almeno nei settori ritenuti più strategici, non essendo necessaria l’adozione di una delega e portando a compimento in questo modo il riordino di tutto il diritto vigente.

In seguito è intervenuto il prof. Nicola LUPO, il quale ha incentrato la sua relazione (“Le materie escluse e i decreti legislativi ‘correttivi’”) su due questioni problematiche: quella concernente le materie escluse dal meccanismo “taglia-leggi” (art. 14, comma 17) e quella relativa ai decreti legislativi integrativi o correttivi (art. 14, comma 18). In via preliminare ha evidenziato, in continuità con quanto affermato dal prof. Cecchetti, come la persistenza di un limite temporale alle norme oggetto del meccanismo taglia-leggi (ovvero quello della loro pubblicazione delle disposizioni legislative precedenti al 1° gennaio 1970) – probabilmente ineliminabile dal punto di vista politico e anche sul piano della legittimità costituzionale, visto che la sua scomparsa aggraverebbe gli attuali dubbi circa la conformità della delega contenuta nella legge n. 246 del 2005 rispetto all’art. 76 della Costituzione – fa sì che il contenuto dei decreti legislativi non possa che consistere in meri elenchi della normativa da salvare rispetto al meccanismo “taglialeggi”. In base alla legge citata è possibile distinguere due categorie di disposizioni legislative escluse dall’effetto “ghigliottina”: 1) quella contenente le norme individuate discrezionalmente dal Governo di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore (art. 14, comma 14); 2) quella “vincolata” (art. 14, comma 17), che però solo in parte corrisponde a disposizioni legislative espressamente individuate (sussistono infatti formule generiche, quali le disposizioni in «materia previdenziale ed assistenziale» o quelle in «materia di bilancio», da cui non è possibile identificare chiaramente le norme di riferimento). I decreti legislativi delegati, dunque, per evitare il prodursi di gravi incertezze, potrebbero contenere un unico elenco delle norme da escludere dal meccanismo “taglialeggi”: sia quelle individuate sulla base del comma 14, sia quelle riconducibili al comma 17, in modo da assicurare un quadro certo delle norme vigenti nell’ordinamento. Del resto, dalla lettura del comma 17, lettera g), la connessione tra le due categorie appena menzionate sembrerebbe evidente. A parere del relatore, dunque, per l’efficacia del meccanismo “taglialeggi” è fondamentale l’individuazione di tutte le eccezioni, anche di quelle vincolate, entro il termine fissato dalla delega per l’emanazione dei decreti legislativi “principali”. Con riguardo alla delega contenuta all’art. 14, comma 18, concernente l’adozione dei decreti integrativi o correttivi di quelli “principali”, la giurisprudenza costituzionale ( Corte Cost., sent. n. 126 del 2001) e amministrava (Consiglio di Stato, parere n. 1750 del 2007) sono concordi nel ritenere la prassi delle “deleghe integrative o correttive” pienamente conforme al disposto costituzionale. Tuttavia tale strumento, seppur usato assai intensamente nelle ultime legislature, in alcune circostanze sembra aver deviato dalla finalità per cui è stato introdotto, consentendo al legislatore delegato di operare delle vere e proprie “controriforme”. Nel caso di specie, la delega contenuta al citato comma 18 appare pericolosa e inutile. Il meccanismo “taglialeggi”, infatti, producendo un effetto abrogativo istantaneo, limita il contenuto dei decreti correttivi/integrativi a due possibili alternative: quella di abrogare disposizioni legislative salvate; o, viceversa, quella di “riesumare” leggi abrogate. Se così fosse, dunque, si andrebbe ben oltre la prefigurazione originaria della delega, con inevitabili effetti negativi in termini di certezza del diritto. In conclusione, a giudizio del prof. Lupo, la terza fase del “taglialeggi” (comma 18) potrebbe essere letta non tanto come strumento integrativo o correttivo, ma come occasione, mediante una riformulazione della norma di delega, per procedere ad un riordino complessivo delle disposizioni legislative oggetto dei decreti legislativi attuativi dell’art. 14 della legge n. 246 del 2005, sulla base delle conoscenze e alle certezze che si sono ottenute grazie al meccanismo “taglialeggi”.

E’intervenuta poi la prof.ssa Melina DE CARO, la quale, dopo essersi complimentata con il comitato tecnico (ed in particolare con il prof. Pajno) per l’operoso lavoro svolto, ha sottolineato l’importanza dell’attività di ricognizione della legislazione vigente nel nostro ordinamento anche ai fini del recepimento della Direttiva comunitaria Servizi (n. 2006/123/CE), da realizzarsi entro il 28 dicembre 2009. Si tratta di una direttiva che disciplina tutte le attività di servizio prestate dietro compenso economico, rappresentanti il 70% del PIL comunitario. Data la rilevanza che riveste nell’ambito dell’ordinamento, per il suo recepimento è stato previsto un procedimento speciale articolato sostanzialmente in due fasi: una prima fase in cui il Governo italiano è chiamato a svolgere un’attività di screening di tutta la normativa esistente a livello centrale, regionale e locale in materia di libera prestazione di servizi e diritto di stabilimento di imprese; una seconda fase concernente l’individuazione delle norme discriminatorie o limitanti l’esercizio di suddette attività per i cittadini provenienti dagli altri Stati membri e quindi la loro soppressione. Si tratta dunque di verificare la conformità di suddette normative con i principi e le norme dell’ordinamento comunitario. Come l’art. 14 della legge n. 246 del 2005, anche la Direttiva Servizi prevede alcuni casi di esclusione: in particolare, non sono sottoposti al regime della libera concorrenza quelle attività già regolamentate da altre norme comunitarie o nazionali concernenti, tra gli altri, i servizi non economici di intereresse generale, servizi sanitari e le assicurazioni. Il mancato recepimento della direttiva citata comporterebbe l’apertura della procedura di infrazione da parte della Commissione europea nonché l’irrogazione di una sanzione pecuniaria (il cui valore è proporzionale al numero di giorni di inadempimento) che inciderebbe negativamente sul bilancio dello Stato. In questo quadro, dunque, il lavoro avviato dal Comitato tecnico per l’attuazione dell’art. 14 della legge n. 246 del 2005 sembrerebbe allontanare questa ipotesi. La prof.ssa De Caro ha concluso ribadendo l’importanza di tale lavoro anche ai fini di ottemperare agli obblighi derivanti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea.

Il seminario è proseguito con le riflessioni del primo discussant, il prof. Paolo CARNEVALE, il quale, dopo aver elogiato e ringraziato il comitato tecnico per la preziosa opera di ricognizione normativa svolta nel nostro Paese, ha focalizzato la propria attenzione sul contenuto della Relazione governativa, evidenziando che essa, andando ben al di là del necessario, offre numerosi suggerimenti per lo svolgimento delle fasi successive. Questi primi due anni, infatti, hanno rappresentato la fase virtuosa di attuazione del c.d. “taglialeggi” mentre non poche perplessità emergono sull’esecuzione della fase successiva, ricca di ombre. La questione più problematica concerne il rapporto tra comma 14 e 15 dell’art. 14 della legge n. 246 del 2005, dato che la soluzione adombrata per la loro attuazione sembrerebbe prevedere che, per l’adozione dei decreti legislativi “salvifici”, si possa svolgere altresì un’operazione di riassetto della normativa incisa, considerando non solo le disposizioni legislative statali pubblicate anteriormente al 1º gennaio 1970 ma anche quelle pubblicate successivamente. La delega contenuta nella normativa citata non sembra del tutto conforme all’art. 76 della Costituzione, prevedendo al suo interno principi e criteri direttivi molto diversi, tali da far supporre prima facie l’esistenza di due deleghe distinte. A ben vedere, però, il comma 15 richiama proprio «i decreti legislativi di cui al comma 14» facendo intendere quindi l’unicità della delega. Quest’ultima, dunque, sembrerebbe “bifunzionale”: di salvataggio delle disposizioni normative, procedendo altresì al riassetto delle stesse. Data l’unicità della delega, l’oggetto non può che essere identico per cui, a parere del relatore, il riassetto deve riguardare solo le disposizioni legislative pubblicate anteriormente al 1º gennaio 1970. Anche alla luce del parere del Consiglio di Stato richiamato nella Relazione (n. 2024 del 2007) sembrerebbero emergere ulteriori profili di incostituzionalità. In esso, infatti si fa riferimento anche alla sentenza della Corte costituzionale n. 170 del 2007, nella quale si sancisce che, qualora «la delega abbia ad oggetto il riassetto di norme preesistenti, questa finalità giustifica l’introduzione di soluzioni sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente soltanto se siano stabiliti principi e criteri direttivi volti a definire in tal senso l’oggetto della delega ed a circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato». Nel caso di specie, a parere del relatore, non sembrerebbe essere soddisfatto nessuno dei due requisiti, essendo la delega priva di oggetto (si considera tutta la massa legislativa pubblicata anteriormente al 1970 senza ulteriori specificazioni) e non affatto perimetrato l’ambito di discrezionalità del legislatore delegato: quest’ultimo, infatti, data la “generalità” della delega, sarà “costretto” a valutare di volta in volta, in base alla materia in esame, quale principio o criterio direttivo adoperare. Né tale delega può essere paragonata a quella disposta nella legge n. 131 del 2003, trattandosi in quest’ultimo caso di una delega meramente ricognitiva, ben diversa da quella disposta all’art. 14 della legge n. 246 del 2005, con la quale si attribuisce al Governo la possibilità di scegliere quali disposizioni salvare e quali invece sottoporre alla “ghigliottina” normativa. Il prof. Carnevale, poi, richiamandosi a quanto già espresso precedentemente sulla possibilità di includere nei decreti legislativi anche le categorie escluse automaticamente dal meccanismo “taglialeggi” (art. 14, comma 17 della legge n. 246 del 2005), ha ritenuto non essere necessaria una modifica della delega, poiché tale procedimento non violerebbe né eccederebbe il contenuto della stessa. Infine, il relatore non ha mancato di esprimere qualche perplessità in ordine al riferimento nella delega all’art. 1 della legge n. 131 del 2003 nel quale si sancisce il principio di continuità tra legislazione statale e regionale nelle materie che, ai sensi del novellato art. 117 Cost., sono divenute di competenza delle Regioni. Nel pluricitato parere del Consiglio di Stato (n. 2024 del 2007) si afferma per le materie di legislazione concorrente il carattere cedevole delle disposizioni legislative di dettaglio statali rimettendo altresì la loro eventuale esclusione dal meccanismo “taglialeggi” ad una scelta discrezionale del Governo (comma 14). Il relatore ha sostenuto, invece, in ossequio al principio di continuità, che queste ultime dovrebbero essere interamente sottratte alla “ghigliottina” normativa, trattandosi di disposizioni funzionali ad evitare vuoti normativi e preservare la certezza del diritto.

Ha quindi preso la parola il secondo discussant, il prof. Federico SORRENTINO, il quale ha illustrato la sua posizione in merito a questioni già sollevate nel corso delle precedenti relazioni, asserendo, ad esempio, che ai fini della c.d “ghigliottina” è corretto includere, come fa la legge n. 246 del 2005, anche le disposizioni legislative anteriori al 1970 e modificate successivamente. Non darebbe adito a dubbi, poi, la sorte dei regolamenti fondati su disposizioni legislative da abrogare, i quali restano in vigore a meno che non si disponga la loro abrogazione generalizzata. Si è detto restio, invece, ad accogliere la possibilità di un’estensione dei poteri del Governo rispetto all’opera di riassetto del sistema normativo, come accadrebbe se si stabilisse un meccanismo permanente di codificazione. In seguito il prof. Sorrentino è passato ad analizzare alcuni profili problematici che il c.d. meccanismo “taglialeggi” presenta. Innanzitutto il rischio di una violazione dell’art. 76 Cost. da parte della citata legge, data la genericità delle indicazioni fornite al legislatore delegato, specie per l’adozione dei decreti integrativi e correttivi. Rispetto a questi, difatti, mancherebbe l’indicazione di specifici principi e criteri direttivi. Quindi, si è fatto riferimento al dilemma sulla natura novativa o meno degli elenchi di disposizioni da riportare nei decreti legislativi, dal momento che la sentenza n. 280 del 2004 della Corte Cost., con cui si è legittimato il conferimento di una delega dal carattere meramente ricognitivo, sinora è rimasto un caso isolato, da non potersi considerare quindi come un precedente. Un’altra questione aperta concerne il riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni, fortemente modificato tra il 1970 e il 2001: l’abrogazione di disposizioni legislative statali pubblicate anteriormente al 1970 nelle materie che, dopo la revisione del Titolo V Cost., sono state ricondotte alla potestà legislativa residuale delle Regioni o a quella concorrente, rischia di configurare una violazione del principio di continuità. In tali ambiti, infatti, sarebbe corretto garantire la permanenza in vigore della legge statale fintanto che le Regioni non eserciteranno le loro nuove competenze. Ad ogni modo, il prof. Sorrentino ha censurato la pretesa illuministica del legislatore di ordinare mediante il c.d. meccanismo “taglialeggi” il caos normativo esistente. Per rimuovere le cause di questo si dovrebbe procedere a ritroso, prima al riordino e poi, eventualmente, all’abrogazione. A conclusione dell’intervento è stata avanzata la previsione secondo cui il termine del 16 dicembre 2009 per l’adozione dei decreti legislativi, ai sensi dell’art. 14, commi 14 e 15, della legge n. 246 del 2005, con ogni probabilità sarà prorogato dallo stesso legislatore. Il prof. Gian Candido DE MARTIN ha concluso i lavori del seminario, segnalando la necessità di ponderare accuratamente se rispettare la scadenza del 16 dicembre 2009, considerata l’estensione che il meccanismo abrogativo raggiungerà una volta entrati in vigore i decreti legislativi. Il Presidente ha insistito anche sulla rilevanza pro futuro di altri strumenti di semplificazione, come l’analisi e la valutazione d’impatto della regolamentazione, e sull’esigenza di tener conto del policentrismo del sistema normativo italiano, ove anche il potere statutario e regolamentare delle autonomie locali dovrà confrontarsi con l’urgenza di riordino complessivo.


Cristina Fasone e Carmela Salerno