L’emersione giuridica della società civile tra pubblico e privato – Resoconto convegno

31.03.2008

Il 22 febbraio 2008, si è tenuto presso la LUISS Guido Carli il convegno “L’emersione della società civile tra pubblico e privato”, organizzato dal Centro di ricerca sulle amministrazioni pubbliche “Vittorio Bachelet” in occasione della presentazione del libro di P. De Carli, “L’emersione della società civile tra pubblico e privato”, Giuffrè, 2006. Tale convegno si è inserito nel ciclo di lezioni del Master “ Governo e gestione del non-profit” data l’attinenza delle tematiche; infatti, l’attuale crescita del terzo settore si può sicuramente considerare una delle espressioni più significative della capacità autoorganizzativa della società civile. Al quale hanno partecipato oltre l’autore:, S. Amorosino, F. Capriglione, M.A. Cabiddu G. De Martin, G. Di Gaspare , M.R. Ferrarese, L. Franzese, M. Tamponi.
Il convegno è stato presieduto dal Prof. Gian Candido De Martin, che nel presentarlo ha sottolineato l’importanza e l’attualità del tema oggetto della discussione, l’emersione della società civile. Tale tema, che trova già una sua anticipazione nella monografia “L’amministrazione capovolta” del Prof. Giorgio Berti, ha assunto maggiore rilievo – sia dal punto di vista teorico-dottrinale sia dal punto di vista pratico – in seguito a due processi che si sono manifestati nell’ultimo decennio : da una parte, si registra il processo di liberalizzazione dell’economia e dell’attività pubblica che apre a vario titolo nuovi spazi alla società civile, in grado di poter in questo modo intervenire in ambiti tradizionali di intervento delle pubbliche amministrazioni; dall’altra il processo di riforma dell’ordinamento giuridico che si muove verso il riconoscimento formale del principio della sussidiarietà, sia al livello locale con la l. 142/1990, sia al livello amministrativo con la l. 59/1997, nonché, infine, al livello costituzionale attraverso la l. cost. 3/2001 di riforma del Titolo V, Parte seconda della Costituzione. Infatti, il novellato articolo 118 Cost., dopo aver costituzionalizzato il principio di sussidiarietà verticale in base al quale si attribuisce in via generale l’esercizio di tutte le funzioni amministrative ai Comuni, “salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”, introduce al quarto comma la sussidiarietà in senso orizzontale con cui si riconosce in capo ai soggetti costitutivi della Repubblica, ossia Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni, il compito di favorire e promuovere l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale. L’opera di De Carli, si colloca in questo quadro e costituisce un importante strumento per comprendere le dinamiche dell’emersione della società civile. In particolare, nella prima parte della monografia e’ ripercorso lo sviluppo storico del concetto di “societa’ civile” e sono individuati i principali segnali giuridici della sua emersione (nel crescere dell’importanza del contratto come fonte, nella formazione di norme transnazionali,nello svilupparsi delle forme di governance ecc.). In una seconda parte, di carattere speciale, sono presi in considerazione due campi, quello delle azioni di sviluppo economico e quello dei servizi alla persona, significativi rispettivamente della forza del mercato e di quella del privato-sociale.
I temi di riflessione sono stati introdotti da Sandro Amorosino che ha formulato quattro notazioni sull’argomento. La prima concerne l’evoluzione del rapporto tra lo Stato e la società civile; si è passati, infatti, da un rapporto dicotomico caratterizzato dal predominio dello Stato monista e dominus ad un rapporto improntato alla collaborazione tra i due soggetti nella soddisfazione dell’interesse generale. Il superamento della natura dicotomica del rapporto tra Stato e società civile è evidente nella formulazione del novellato art. 118 della Costituzione e, quindi, nella costituzionalizzazione della sussidiarietà orizzontale, in base alla quale non solo viene riconosciuta la possibilità per i privati di intervenire in spazi tradizionalmente di competenza dei pubblici poteri, ma si chiamano le istituzioni territoriali anche a favorire la libera iniziativa dei privati nello svolgimento di attività di interesse generale. La seconda considerazione va a riguardare la funzione di coesione della società frammentata assunta dal fenomeno dell’emersione del sociale. La terza notazione assume profili problematici; l’interventore, infatti, si sofferma sul problema della compatibilità da un punto di vista giuridico di queste nuove forme che si costituiscono nella società civile e che svolgono attività di rilevanza economica con i principi comunitari di tutela della concorrenza. Si segnala in proposito che nel nostro ordinamento le forme organizzative della società civile che svolgono attività economicamente rilevanti, qualificate come imprese sociali, godono di un trattamento giuridico differenziato e maggiormente favorevole rispetto agli altri soggetti che operano nel sistema economico per l’assenza del fine di lucro. Sarebbe, pertanto, opportuno riformare il trattamento giuridico di tali forme in modo da renderlo più conforme a quello previsto per le strutture a carattere commerciale. Si pone, cioè, il problema di bilanciare due principi fondativi dell’Unione Europea, la tutela della concorrenza e la coesione e solidarietà sociale. La quarta considerazione concerne il ruolo fondamentale assunto dalle forme organizzative della società civile e la natura sussidiaria dell’intervento dei pubblici poteri nello svolgimento di finalità di interesse pubblico.
Il convegno è proseguito con l’intervento di Maria Agostina Cabiddu che ha evidenziato come il fondamento del ruolo “istituente” della società civile debba essere ravvisato nell’art. 118, comma 4, Cost, ossia nel principio della sussidiarietà. È significativo, secondo la relatrice, che il legislatore costituzionale non abbia qualificato la sussidiarietà in senso verticale e orizzontale, opera questa della dottrina, a dimostrazione del fatto che, indipendentemente da come sia declinato tale principio, debba essere interpretato come garanzia della centralità del cittadino sia singolo che associato nel nostro ordinamento. La costituzionalizzazione del principio di sussidiarietà ha una portata rivoluzionaria nell’assetto giuridico del nostro sistema dato il rovesciamento dell’ottica che ne consegue. Infatti, si delinea un obbligo in negativo in capo allo Stato che non solo deve favorire l’intervento dl privato, ma non deve fare ciò che potrebbero fare i cittadini chiamati ad esercitare la propria autonomia privata. Da ciò ne consegue che non è più il privato che deve ritagliarsi spazi di intervento in un sistema caratterizzato dalla forte presenza della mano pubblica, come accadeva precedentemente, ma è lo Stato che, in virtù del principio di sussidiarietà, deve giustificare la sua presenza sul campo. La riforma del Titolo V della Costituzione, data la centralità riconosciuta al cittadino attraverso la formalizzazione della sussidiarietà, consente da una parte di superare la diversità e la contraddizione insita tra i principi fondamentali della Repubblica, di cui agli articoli 2, 3, 4, e 5 della Costituzione e la Parte II, Titolo V; dall’altra attribuisce al nostro ordinamento una natura policentrica, pluralistica, relazionale e paritaria nei rapporti tra pubblico e privato in quanto entrambi possono partecipare allo svolgimento di finalità pubbliche. Ne consegue il superamento della soggettività del servizio pubblico, dato che per qualificare come tale un’attività non bisogna più soffermarsi sull’aspetto soggettivo, ma sull’oggetto e sulla finalità.
L’emersione dell’iniziativa privata nella gestione di servizi pubblici e la possibile fuoriuscita del pubblico dinanzi la presunta autosufficienza del privato acquistano connotati problematici alla luce del principio di eguaglianza sostanziale, di cui all’art. 3, comma 2 della Costituzione che richiama lo Stato ad assicurare l’effettività di alcuni diritti fondamentali attraverso la rimozione degli ostacoli economici e giuridici. Ciò significa che la società civile non deve sostituirsi interamente ai pubblici poteri, ma deve collaborare con essi sin dal momento della definizione dei servizi pubblici, oltre che nella loro gestione ed attuazione. Pertanto, in questo quadro giuridico riformato la sovranità statale non si sostanzia nel dominio sulla società civile, ma nel perseguimento delle finalità pubbliche in cooperazione con il privato.
È in seguito intervenuto Lucio Franzese il quale, sottolinea l’importanza che il principio di sussidiarietà ha assunto nell’ambito dell’ordinamento: esso, infatti, sembra rappresentare l’antidoto migliore per il superamento della dicotomia tra pubblico e privato. A fronte dell’incapacità della legge di ordinare e governare i mutamenti socio-economici che stiamo vivendo, si è assistito ad una graduale emersione del ruolo della società civile, intesa come capacità di autorganizzazione del singolo, la quale ha dimostrato di essere capace di fare ciò che lo Stato non riesce più svolgere. Ciò non significa però che i pubblici poteri abbiano perso la loro ragion d’essere ma, al contrario, essi sono chiamati a svolgere un ruolo diverso nell’ambito dell’ordinamento: non è piu’ infatti il vecchio dirigismo statale che si incarna nel principio di sussidiarietà, ma è quest’ultimo che deve informare il comportamento dei pubblici poteri, i quali, data la manifesta capacità di autorganizzazione della società civile, sono chiamati a svolgere una funzione di controllo e di orientamento della società civile verso il bene comune. E’ solo in quest’ottica che è possibile superare l’antico contrasto tra pubblico e privato.
Il convegno è proseguito con le riflessioni del Prof. Michele Tamponi che ha rivolto la sua attenzione maggiormente all’individuazione delle cause del recente fenomeno dell’emersione giuridica della società civile. Fino all’inizio degli anni novanta le comunità intermedie e le formazioni sociali di sviluppo della personalità erano disciplinate solamente da poche norme del codice civile che lasciavano un ampio margine alla capacità di regolazione e di organizzazione dei privati. Oggi, invece, il legislatore promuove la formazione delle comunità sociali e la partecipazione dei privati attraverso una pluralità di interventi legislativi che disciplinano nel dettaglio il funzionamento e la struttura di queste forme. Secondo il relatore dietro questa attenzione del legislatore verso le forme organizzative della società civile a cui viene garantito un trattamento maggiormente favorevole c’è il fallimento dello Stato nello svolgimento di funzioni di interesse generale e quindi il tentativo di rimediare all’incapacità e al degrado dei pubblici poteri. Il rischio è che questa continua attività di normazione dei fenomeni sociali determini il venir meno dell’effettiva spontaneità ed autonomia dei privati e che la società civile da “anticamera” della politica si riduca a mero surrogato della politica e dei pubblici poteri. La società civile rappresenta una risorsa da valorizzare solo nella misura in cui riesca a preservare l’autonomia organizzativa che contraddistingue la dimensione del privato; proprio per questo motivo deve essere guardato con perplessità e criticità il tentativo di attrazione della società civile nell’orbita dei pubblici poteri.
In seguito è intervenuta Maria Rosaria Ferrarese che per analizzare il fenomeno dell’emersione della società civile ha adottato la prospettiva della globalizzazione sulla base della consapevolezza che tale tema è molto più affrontato e diffuso nella dimensione globale, data la presenza di molte organizzazioni non governative nel consesso internazionale, che nel contesto nazionale. La relatrice sottolinea la necessità di dover distinguere nella categoria generale di “società civile” tre diverse tipologie di attori : 1) gli “entusiasti”; 2) i burocrati, ossia coloro dotati di conoscenze tecniche; 3) gli attori economici che sono i soggetti direttamente interessati. Questa “spacchettamento” della società civile rivela l’esistenza di motivazioni e di interessi diversi che rendono impossibile una disciplina unica delle forme organizzative espressione della società civile. Al di là delle differenze insite nelle forme organizzative espressione della società civile, l’elemento unificante del fenomeno può sicuramente essere ravvisato nel principio di sussidiarietà che ne rappresenta il fondamento giuridico. Si tratta di un principio di matrice cristiana, posto alla base della costruzione dell’Unione europea, che consente di superare la rigidità del sistema istituzionale in quanto costituisce un criterio flessibile per la definizione del riparto di competenze tra i diversi livelli di governo. Si delinea, infatti, un modello di riparto di competenze, sia tra i diversi soggetti territoriali, sia tra pubblico e privato, non improntato alla logica della ratione materiae ma costruito sulla centralità del cittadino e sulla soddisfazione dei propri interessi. In questo contesto, l’intervento dei privati nello svolgimento di attività di interesse generale deve essere valorizzato; contestuale e parallela a tale valorizzazione, però, deve essere l’accentuazione della soglia dei controlli e della vigilanza da parte del settore pubblico.
Il dibattito è continuato con l’intervento del Prof. Giuseppe Di Gaspare che ha sottolineato come,nel libro di P. De Carli, nella parte teorica, nella dialettica oppositiva tra Stato e società civile l’emersione di questa ultima appare effetto di una pressione sul diritto dello stato che in qualche modo la registra nella produzione del diritto positivo. Tale emersione nella ricostruzione proposta si fonda su canoni etici, quali il merito e la differenziazione. Di modo che la sovranità statale è svuotata dall’interno e rimane per così dire come meramente formale nella produzione del diritto . Questo processo è peraltro ambiguo – osserva il relatore- anche con riferimento alla ricostruzione di diritto positivo accuratamente svolta da P. De Carli, in quanto anche nel passaggio da una sovranità sostanziale ad una sovranità formale lo Stato lascia attività tradizionali con l’esternalizzazione di funzioni e servizi, ma si inserisce nel settore privato riducendone gli spazi di libertà e con meccanismi giuridici volti a frammentare la società civile e di limitarne l’autonomia. Il relatore conclude il suo intervento osservando come nell’analisi del diritto positivo l’autore rimanga lucidamente all’interno di un approccio giuridico tradizionale che lo porta a prendere le distanze da ricostruzioni tese a fondare direttamente nella società civile l’esercizio di pubbliche attività e funzioni. Tuttavia l’ispirazione valoriale ed etica di fondo, volta promuovere l’autonomia delle forme giuridiche del sociale e le sue manifestazioni , porta a volte l’autore – in particolare in alcuni settori come quello dello sviluppo economico – ad una visione poco critica di vicende legislative nelle quali si potrebbero ambiguamente riscontrare forme di sopravvivenza dello stato interventista.
L’incontro è proseguito con le osservazioni del Prof. Francesco Capriglione che ha evidenziato tre caratteristiche della società civile: la giuridicità che deve essere intesa come limite al passaggio di attività connesse all’interesse generale dall’azione statale a quella dei privati che operano nella società civile; l’eticità; il consenso- strumentalità. La battuta conclusiva dell’interventore riporta alle osservazioni contenute nella monografia di De Carli e al ruolo della sussidiarietà. Egli, infatti, recuperando la lettura “individualistica” del principio di sussidiarietà in base alla quale tale principio sancisce la centralità del cittadino nell’ordinamento, sostiene che la società civile non deve essere fine a sé stessa, ma deve essere strumento per l’esaltazione del singolo.
È intervenuto, in seguito alle relazioni programmate, il Dott. Vincenzo Antonelli che ha definito l’analisi giuridica dell’emersione della società civile una chiave di lettura troppo riduttiva del tema in questione dal momento che nell’attuale quadro internazionale in cui tutti i fenomeni sono mossi dall’economia è proprio l’economia e non il diritto lo strumento per cogliere le dinamiche sociali.
Il convegno si è, infine, concluso con le osservazioni di De Carli che, nel chiudere il dibattito, ha ribadito l’uso strumentale da parte dello Stato nei confronti della società civile attraverso la formalizzazione del principio della sussidiarietà e l’adozione di numerosi testi normativi volti al riconoscimento di un trattamento giuridico differenziato e maggiormente favorevole per queste forme organizzative. Si registra una sorta di scambio tra il soggetto pubblico e la società civile che viene integrata nel sistema degli attori predisposti al perseguimento di finalità pubbliche in cambio di vantaggi ed agevolazioni di natura giuridica ed economica. Il rischio connesso al fenomeno dell’emersione giuridica della società civile è sicuramente la perdita della autonomia e della spontaneità che l’hanno sempre contraddistinta e che ne hanno costituito il fondamento; ciò potrebbe essere evitato solo nella misura in cui la sua giuridicizzazione piuttosto che il frutto dell’intervento eteronomo della legge sia la conseguenza di un fenomeno che parta dal basso in cui lo Stato si limiti a formalizzare e a riconoscere quanto nasca spontaneamente nella società civile.

Valentina Lepore e Carmela Salerno