Direttiva Servizi: prime riflessioni dopo il voto in prima lettura al Parlamento europeo

28.02.2008

L’esito del voto parlamentare sulla direttiva Bolkestein (unificazione del mercato dei servizi) chiude la prima fase di un percorso tormentato e complesso. Evidenzia soprattutto i connotati di una condizione politica complessiva dello stato dell’Unione e del progetto politico comunitario, all’interno del quale luci ed ombre si bilanciano, con il rischio evidente di uno stallo non positivo
La proposta di direttiva muoveva da una esigenza reale: rimuovere incrostazioni, barriere protezionistiche e corporative, ostacoli burocratici che ancora impediscono una sostanziale unificazione del mercato dei servizi, con relativa possibilita’ di circolazione dell’offerta per garantire un vantaggio competitivo all’interno dei singoli paesi e nel sistema europeo nel suo complesso.
Perché il vantaggio competitivo sia reale, però, è anche necessario che i suoi presupposti siano legati a fattori qualitativi ed al superamento delle nicchie corporative, che nascondono sotto l’etichetta di un presunto “interesse nazionale” vantaggi speculativi a scapito della efficienza del sistema e degli interessi dei consumatori
L’impostazione iniziale della proposta di direttiva, invece, era condizionata dall’ambiguita’ di una possibile soluzione diversa. Con il rischio di aprire varchi per una offensiva competitiva drogata dalla esportazione del dumping sociale, dalla ricerca di vantaggi d’impresa legati solo alla riduzione dei diritti e delle tutele sociali, dalla possibilita’ di aggirare regole e condizioni imposte a tutela dei servizi di interesse generale
Presunti o reali che fossero tali rischi, cosi’ sono stati vissuti da settori diffusi delle societa’ europee, soprattutto a causa di una formulazione non felice del principio del “Paese d’origine”, cui hanno fatto da contrappeso esclusioni dalla base applicativa e previsioni di deroga, dilatate oltre ogni ragionevolezza
Cosi’ e’ avvenuto che sin dalla prima battuta del dibattito parlamentare si siano esclusi dalla portata applicativa della direttiva proprio i settori che piu’ di altri avrebbero bisogno di una salutare iniezione di stimoli competitivi: dai servizi bancari, finanziari e assicurativi, alla attivita’ professionali e via dicendo
Il voto del Parlamento non ha superato tali limiti, ma ha piuttosto cancellato il rischio che in altri ambiti l’unificazione del mercato si risolvesse in una minaccia alle regole piu’ elementari di rispetto del del diritto del lavoro o a quelle che caratterizzano i cosiddetti servizi di economici di interesse generale, sotto il profilo della garanzia dell’universalita’ dell’offerta e della tutela politica degli interessi comunitari, al di sopra delle semplici coordinate di mercato
In conclusione questa prima fase del dibattito e le decisioni adottate hanno evidenziato i limiti di un processo di allargamento ed integrazione europea, in cui diffidenza e paure prevalgono nelle esigenze di rilancio competitivo e omogenizzazione in un contesto di regole e priorita’ condivise
Ancora una volta si dimostra che il futuro dell’Europa ed il successo di un progetto ambizioso e irrinunciabile di integrazione non passano attraverso il salto nel buio della competizione fuori da un modello politico, sociale e democratico condiviso, ma dalla sua adozione coerente. Solo a questa condizione sara’ possibile un passo ulteriore di investimento strategico e di lungimiranza, per non ripiegare sotto la tettoia sempre piu’ debole del rifugio protezionistico e della miope invocazione dell’interesse nazionale ridotto a tattica di sopravvivenza e di navigazione a vista.

Il testo della Direttiva cosi come emendata dal Parlamento europeo nella sessione pleanaria di febbraio è disponibile sul sito: www.europarl.eu.int

a cura di Luigi Cocilovo