Sul rapporto tra Commissioni parlamentari di inchiesta e autorità giudiziaria nell’esercizio dei poteri di indagine

13.02.2008

Corte costituzionale, 13 febbraio 2008, n. 26

Tipo di giudizio:

Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Roma nei confronti della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin

Oggetto del conflitto di attribuzione e argomentazioni delle parti:

Oggetto del giudizio è la richiesta di declaratoria di non spettanza alla Commissione parlamentare di inchiesta del potere di interferire nell’esercizio delle attribuzioni demandate dalla Costituzione alla ricorrente autorità giudiziaria, in particolare precludendole lo svolgimento congiunto degli accertamenti tecnici non ripetibili sulla vettura a bordo della quale la Alpi e il Hrovatin si trovavano in occasione dell’attentato nel quale persero la vita.
La ricorrente, promuovendo un conflitto da menomazione, assume che il predetto organismo parlamentare abbia interferito nell’attività ad essa istituzionalmente demandata e consistente nel «raccogliere tutti gli elementi necessari ai fini delle proprie determinazioni in ordine all’esercizio dell’azione penale», con palese violazione del principio della obbligatorietà della stessa sancito dall’articolo 112 della Costituzione, oltre che di quelli di indipendenza ed autonomia della magistratura; su tali basi chiede pertanto l’annullamento degli atti con i quali la Commissione parlamentare ha rifiutato di acconsentire alla partecipazione della ricorrente agli accertamenti tecnici da espletarsi sull’autovettura.
La resistente assume che, dopo la richiesta della Procura della Repubblica di archiviazione del procedimento penale relativo all’individuazione dei mandanti del duplice omicidio, l’eventuale annullamento degli atti impugnati sarebbe inutiliter datum, posto che il giudizio per conflitto di attribuzione deve riguardare «conflitti non astratti o ipotetici, ma attuali e concreti» e che la Commissione parlamentare di inchiesta ha comunque messo a disposizione della ricorrente le risultanze dell’espletata consulenza; eccepisce infine l’inammissibilità del ricorso in ragione di una presunta «contraddizione del petitum e della causa petendi», atteso che la ricorrente «svolge argomenti e, nel merito, formula domande che avrebbero senso solo in un conflitto da vindicatio potestatis» e non da menomazione, come lo stesso è stato invece espressamente qualificato nel ricorso.

Argomentazioni della Corte:

In relazione alla prima eccezione sollevata dalla resistente, la Corte osserva che, costituendo oggetto del conflitto proprio il riconoscimento della non spettanza alla Commissione parlamentare di inchiesta di interferire nelle funzioni di indagini istituzionalmente spettanti all’autorità giudiziaria, le vicende successive all’assunzione di tale determinazione da parte dell’organo parlamentare si presentano prive di rilevanza rispetto al thema decidendum. In particolare, è irrilevante la circostanza per cui la Commissione parlamentare di inchiesta avrebbe messo a disposizione della Procura le risultanze dell’indagine tecnica autonomamente disposta, posto che attraverso il presente conflitto la ricorrente si duole di essere stata privata proprio del potere di partecipare allo svolgimento dell’accertamento tecnico disposto dalla Commissione stessa. L’atto con cui la Commissione parlamentare di inchiesta ha rifiutato di accogliere la richiesta della ricorrente conserva pertanto inalterata la sua idoneità a menomare le attribuzioni della ricorrente.
In relazione alla presunta inammissibilità del ricorso eccepita dalla resistente, a parere della Corte non sussiste alcuna contraddizione tra petium e causa petendi del ricorso, dal momento che la Procura della Repubblica di Roma non mira né a contestare la competenza della Commissione di inchiesta né a rivendicare per sé una competenza esclusiva, bensì solo a far accertare la menomazione delle proprie attribuzioni costituzionali derivante dalla scelta della Commissione parlamentare di negarle qualunque forma di partecipazione allo svolgimento di accertamenti tecnici che (anche) la ricorrente avrebbe potuto effettuare ai sensi dell’articolo 360 del codice di procedura penale.
Nel merito del ricorso, la Corte rileva che la Commissione di inchiesta, certamente legittimata a disporre lo svolgimento di accertamenti tecnici non ripetibili (in quanto potendo esercitare nell’espletamento delle indagini e degli esami ad essa demandati gli stessi poteri dell’autorità giudiziaria, ai sensi dell’articolo 82, comma 2, della Costituzione), avrebbe però dovuto salvaguardare le prerogative della ricorrente autorità giudiziaria, titolare di un parallelo potere di investigazione costituzionalmente rilevante. Nel caso di specie, la Corte sostiene che sarebbe stato doveroso l’espletamento congiunto dell’atto di indagine, nel rispetto del principio di leale collaborazione e anche alla luce dell’articolo 371 del codice di procedura penale (il quale prevede, in caso di indagini collegate svolte da uffici diversi del pubblico ministero, la possibilità di «procedere, congiuntamente, al compimento di singoli atti»), cui è da riconoscersi «valenza di principio generale» e quindi, come tale, applicabile ben oltre l’ambito specifico suo proprio.
In aggiunta a ciò – osserva la Corte -, l’espletamento congiunto dell’atto di indagine avrebbe costituito l’unica soluzione conforme alla diversità di ambiti e di funzioni che caratterizza i poteri di indagine delle Commissioni parlamentari di inchiesta e degli organi giudiziari, posto che compito delle prime non è quello di giudicare, ma quello di raccogliere notizie e dati necessari per l’esercizio delle funzioni delle Camere. È pertanto la diversità degli scopi propri dei poteri di indagine spettanti ai due soggetti – conclude la Corte – che impone di ritenere che l’esercizio degli uni non possa mai avvenire a danno degli altri, con la conseguenza che «?il normale corso della giustizia (…) non può essere paralizzato a mera discrezione degli organi parlamentari».

Decisione della Corte:

La Corte dichiara che non spettava alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin adottare la nota con la quale è stato opposto il rifiuto alla richiesta, avanzata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Roma, di acconsentire allo svolgimento di accertamenti tecnici congiunti sull’autovettura corpo di reato, ed annulla pertanto tale atto.

Giurisprudenza richiamata:

– Sulla finalità dei poteri di indagine delle Commissioni parlamentari di inchiesta: Corte costituzionale, sent. n. 231 del 1975
– Sul rapporto tra l’esercizio dei poteri delle Commissioni parlamentari di inchiesta e l’esercizio delle funzioni degli organi della magistratura requirente: Corte costituzionale, sent. n. 13 del 1975
– Sul contenuto del principio di leale collaborazione: Corte costituzionale, sent. n. 50 del 2005

a cura di Chiara Aquili