Deve ritenersi illegittimo l’affidamento diretto del servizio di igiene urbana da parte di un Comune in favore di un Consorzio, distinto dall’Amministrazione aggiudicatrice, che sia proprietario delle «reti, impianti ed altre dotazioni patrimoniali» per la gestione del servizio medesimo, quando alla nozione di «reti, impianti ed altre dotazioni patrimoniali» di cui all’articolo 113, co.14, del TUEL siano ricondotti i cassonetti di raccolta dei rifiuti, i camion per il relativo trasporto e gli impianti di smaltimento.
Ad avviso del Consiglio di Stato, infatti, la previsione di cui all’art. 113, comma 14, del TUEL «è una norma sicuramente eccezionale», in quanto esula dai canoni dell’ordinarietà laddove – in deroga al principio della tutela della concorrenza, a presidio del quale sono dettate in subiecta materia proprio le disposizioni dell’113, comma 1 – consente agli enti locali di affidare direttamente, e perciò senza alcun confronto concorrenziale, la gestione dei servizi pubblici locali o di loro segmenti a soggetti da loro distinti, che abbiano la «proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali» all’uopo necessari.
La sua applicabilità al caso concreto richiede dunque «necessariamente la presenza di una fattispecie singolare, che non possa trovare adeguata disciplina negli ordinari strumenti e principi tratti dalla normativa nazionale e comunitaria che regola il settore».
In altri termini, deve trattarsi di «un’ipotesi inusuale in cui l’espletamento del servizio richieda l’utilizzazione di un complesso stabile di attrezzature e di impianti tecnologici, che siano di non agevole realizzazione, anche sotto l’aspetto economico, e che non appartengano all’ente locale, ma siano di proprietà di un soggetto estraneo all’Amministrazione».
In tale linea di ragionamento, la nozione di “rete” non «può essere genericamente identificata con tutto ciò che occorra per garantire il servizio pubblico», ma deve ritenersi che «le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali richiamati dal legislatore, vadano individuati in quelle infrastrutture fisse, complesse e non facilmente riproducibili (quali le linee ferroviarie, i gasdotti, le reti idriche, quelle telefoniche, ecc.) che attengono ai settori del trasporto, dell’energia e delle telecomunicazioni, e non siano da confondere con le attrezzature mobili, ove del caso deperibili ed agevolmente duplicabili, come sono quelle che afferiscono allo svolgimento del servizio di igiene urbana, nei suoi specifici segmenti relativi alla raccolta ed al trasporto dei rifiuti».
La previsione di cui all’articolo 113, comma 14 del TUEL dunque deve essere ritenuta riferibile ad «infrastrutture inamovibili che appartengano ad un soggetto estraneo all’ente locale e di cui quest’ultimo non possa dotarsi, se non con rilevante e non conveniente dispendio di risorse finanziarie e strumentali».
Inoltre, affermano ancora i Giudici amministrativi, anche l’attività di smaltimento, pur dovendo essere attuata con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento (art. 5, comma 3 D.Lgs., 22/1997), si colloca «al di fuori dell’ambito applicativo dell’art. 113, comma 14° giacché….neanche la proprietà degli impianti di smaltimento consente l’affidamento diretto del servizio al Consorzio, non solo perché la gestione dell’intero ciclo rifiuti non è affatto obbligatoria e neppure necessitata dalla peculiarità del servizio, costituendo essa il frutto di una scelta discrezionale del Comune, ma anche perché il Consorzio rappresenta solo un possibile gestore del servizio medesimo e l’affidamento di questo alle sue cure costituisce solo una delle opzioni possibili, non essendo il Consorzio stesso proprietario dell’unico impianto del quale il Comune resistente debba necessariamente avvalersi, a meno di volerne realizzare uno nuovo».