La pesca marittima tramite l’uso di materiale esplodente configura un danneggiamento del mare territorialeCorte di Cassazione, sezione III Penale, 15 novembre 2007, n. 42109

15.11.2007

Corte di Cassazione, sezione III Penale, 15 novembre 2007, n. 42109

La Suprema Corte pone a presupposto di tale pronuncia la qualificazione del mare territoriale e del fondale marino quali res communes omnium, soggetti all’applicazione del diritto internazionale nonché alla sovranità dello Stato tutore della sua integrità e delle risorse naturali. Su questa base, l’attività della pesca esercitata tramite materiale esplodente (che provochi, ad esempio, la frantumazione di scogli sotterranei per pescare specie ittiche che vivono al loro interno, ad esempio datteri) integra, in primo luogo, il reato di danneggiamento aggravato del mare territoriale e del fondale marino. In concorso formale con tale delitto vi sarebbe inoltre la contravvenzione di detenzione di materiale esplodente che, laddove presenti il carattere della “micidialità”, ossia laddove il detentore di tale materiale sia consapevole della sua potenzialità lesiva, è idoneo a configurare un vero e proprio delitto di detenzione di esplosivi. Da ciò ne consegue che colui che acquista il pescato proveniente da cattura mediante esplosivi, oltre che da danneggiamento di risorse marine, risponde anche del delitto di ricettazione, in quanto conseguito tramite (e sul presupposto della) commissione di altri delitti (dotazione di esplosivi o danneggiamento aggravato).

* Segnalazione giurisprudenziale dell’unità di ricerca costituita presso il Centro di ricerca sulle amministazioni pubbliche “Vittorio Bachelet” nell’ambito dell’incarico affidato dal FORMEZ per la realizzazione di un Osservatorio giurisprudenziale in materia di diritto ambientale

a cura di Eugenio Falcone