La disciplina statale del bene complessivo ambiente prevale su quella dettata dalle Regioni o dalle Province autonomeCorte Costituzionale, 14 novembre 2007, n. 378

14.11.2007

Corte Costituzionale, 14 novembre 2007, n. 378

Nell’articolata sentenza n. 378 del 14 novembre 2007, la Corte costituzionale ha avuto modo di chiarire, sulla falsariga di una consolidata giurisprudenza precedentemente elaborata, come, nel rapporto di competenze tra Stato ed Enti ad autonomia speciale (nel caso di specie, la Provincia autonoma di Trento), nell’ambito dei principi ridisegnati a seguito della riforma del Titolo V, debba in ogni caso considerarsi centrale quanto disposto dall’articolo 117 della Costituzione, che inserisce la “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” nell’elenco delle materie di competenza esclusiva dello Stato (art. 117 Cost, secondo comma, lettera s)). Sul punto, in numerose pronunce la Corte costituzionale (da ultimo nella pronuncia n. 108/2005) ha chiarito come la tutela dell’ambiente di cui alla lettera s), secondo comma, dell’articolo 117 si configuri come una competenza statale non rigorosamente circoscritta e delineata, ma connessa e intrecciata con altri interessi regionali concorrenti. Non potendosi parlare, quindi, di “tutela dell’ambiente” come materia in senso “tecnico” affidata esclusivamente alla competenza dello Stato, giacchè si configura come valore costituzionalmente protetto, in quanto la disciplina unitaria e complessiva del bene “ambiente” inerisce ad un interesse pubblico di valore primario (sent. n. 151/1996) ed assoluto (sentenza n. 210/1987) ed investe competenze che ben possono essere regionali, spetterebbe allo Stato il compito di fissare standard di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale (sentenze n. 307/2003 e 407/2002), con la conseguenza che la suddetta competenza statale non risulterebbe incompatibile con eventuali interventi specifici da parte delle Regioni o delle Province autonome. L’ambiente è per tale ragione indicato come “materia trasversale”, nel senso che sullo stesso oggetto insistono interessi diversi: quello alla conservazione dell’ambiente, inteso come “bene della vita” e bene giuridico in senso unitario a cui, come prescrive l’ordinamento comunitario, va garantito un elevato livello di tutela, e quelli inerenti alle sue utilizzazioni, ossia interessi diversi, comunque giuridicamente tutelati, legati ad altri beni giuridici aventi ad oggetto componenti o aspetti del bene ambiente. In questi casi, la Corte, nel corso della pronuncia n. 378/2007, afferma che la disciplina unitaria del bene complessivo ambiente, rimessa in via esclusiva allo Stato, viene a prevalere su quella dettata dalle Regioni o dalle Province autonome, in materie di competenza propria, ed in riferimento ad altri interessi. Pertanto la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 14, della legge della Provincia autonoma di Trento 15 dicembre 2004, n. 10 (Disposizioni in materia di urbanistica, tutela dell’ambiente, acque pubbliche, trasporti, servizi antincendi, lavori pubblici e caccia), in quanto in contrasto con le previsioni di cui all’art. 17 del d.lgs. n. 36/2003 (ossia disposizioni che, in ogni caso, attuano direttive comunitarie che la Provincia autonoma è tenuta ad osservare), in quanto si dispone un regime alternativo a quello predisposto dallo Stato in attuazione di direttive comunitarie: la norma dispensa infatti sia dalla data di scadenza (31 dicembre 2006) per l’utilizzazione delle discariche già autorizzate, sia dal piano di adeguamento dello discariche stesse. La materia dei rifiuti non può che ricadere nella competenza dello Stato, ex art. 117, comma 2, lettera s), Cost.: non potrebbe infatti rientrare nella nozione di urbanistica e piani regolatori, né in quella di igiene e sanità, di cui allo statuto della Provincia autonoma di Trento. Tale competenza esclusiva non esclude naturalmente che lo Stato possa anche attribuire alla Provincia funzioni al riguardo. A tal proposito, già l’art. 85 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), ripreso poi dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), attribuiva alle Regioni le competenze concernenti la gestione dei rifiuti, e che le norme statali di attuazione delle direttive comunitarie, per quanto attiene alla Provincia di Trento, non fanno eccezione a questo principio (ad esempio per quanto concerne i piani di adeguamento delle discariche). La Corte costituzionale dichiara invece non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 15, della legge della Provincia autonoma di Trento n. 10 del 2004: la dizione usata dal legislatore provinciale deve considerarsi impropria, poiché, in riferimento all’ipotesi del rinvenimento di una discarica o di uno stoccaggio di rifiuti abusivi, nella parte in cui si prevede che si può procedere alla bonifica del sito e che «per l’esecuzione delle operazioni di messa in sicurezza si prescinde dalla prestazioni delle garanzie finanziarie, nonché dagli adempimenti previsti dagli artt. 11, 12 e 15 del decreto legislativo n. 22 del 1997 (di attuazione della direttiva 91/156/CE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), tranne che per i rifiuti allontanati dal sito» (paragrafo 1-ter, lettera c), non si tratta di disapplicazione di norme statali, come farebbe ritenere l’espressione «si prescinde», ma di semplice loro non pertinenza al caso. La disposizione impugnata, se interpretata nel senso che per le operazioni di messa in sicurezza si procede soltanto alla “movimentazione” in sito dei rifiuti, e non alla loro “raccolta e trasporto”, come fa pensare l’inciso «tranne che per i rifiuti allontanati dal sito», non presenta profili di lesività. Le norme statali di cui agli artt. 11, 12 e 15 del d.lgs. n. 22 del 1997, si riferiscono infatti solo alla “raccolta ed al trasporto” dei rifiuti e non alla loro movimentazione all’interno di un’area privata. Lo conferma, del resto, l’art. 193, comma 9, del successivo decreto legislativo n. 152 del 2006, secondo il quale «la movimentazione dei rifiuti esclusivamente all’interno di aree private non è considerata trasporto ai fini della parte quarta del presente decreto». La Consulta giudica invece costituzionalmente illegittimi i commi 2, 3 e 11 dell’art. 9 della legge provinciale n. 10 del 2004. L’art. 9, commi 2 e 3 della legge Provinciale, che recita: «La disciplina stabilita dal presente articolo si applica ai siti e alle zone ricadenti nel territorio provinciale […]. La Giunta provinciale, con proprie deliberazioni, anche sulla base degli esiti dell’attività di monitoraggio di cui al comma 7, designa i siti di importanza comunitaria di cui al comma 2, lettera a), come zone speciali di conservazione a norma dell’art. 4, paragrafo 4, della direttiva 92/43/CE» non è da ritenersi costituzionalmente legittimo in quanto la “designazione” (da intendersi adozione di speciali “misure di conservazione”) di quella particolare area protetta che è stata classificata come zona speciale di conservazione (le ZCS, come i parchi e le riserve, sono classificate come “aree protette”), non può essere effettuata unilateralmente dalla Giunta provinciale, ma deve essere effettuata dallo Stato d’intesa con la Provincia autonoma, secondo il principio di cui all’art. 5, commi 1e 2, della legge n. 349 del 1986, integrato dall’art. 8, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette): «qualora il parco o la riserva interessi il territorio di una Regione a statuto speciale o Provincia autonoma, si procede d’intesa». “Individuazione” e “designazione” esprimerebbero dunque in materia di SIC (siti di importanza comunitaria) e ZPS (zone a protezione speciale) , come si evince anche dai commi 1 e 3 dell’art. 9 della L.P. Trento n. 10/2004, due concetti diversi, consistendo l’individuazione nella pura indicazione del sito, e costituendo, invece, la “designazione” l’atto che sottopone la zona prescelta ad uno speciale statuto vincolistico, consistente nell’adozione di speciali “misure di conservazione”. In altri termini, la parola “designazione”, utilizzata nella direttiva 92/43/CEE ha lo stesso significato che l’ordinamento nazionale ha tradizionalmente attribuito all’espressione “istituzione di un’area protetta”. Pur rientrando nella competenza primaria della Provincia autonoma (che, nel procedimento in oggetto, ha dunque il compito di “individuare” i siti da considerare di importanza comunitaria), la potestà legislativa provinciale, in questa specifica materia, deve essere esercitata in armonia con la Costituzione ed i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica, nonché con il rispetto degli obblighi internazionali, degli interessi nazionali e delle norme fondamentali di riforma economico sociale della Repubblica. Nel caso di specie, le disposizioni impugnate contrastano con detti principi generali dell’ordinamento, nonché con le norme fondamentali di riforma economica e sociale invocati dallo Stato. Si tratta appunto del principio, sopra richiamato, di cui all’art. 5, commi 1e 2, della legge n. 349 del 1986, integrato dall’art. 8, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette). Infine, la Corte giudica costituzionalmente illegittimo l’art. 9, comma 11, della L.P. Trento n. 10/2004 nella parte in cui si prevede che: «I rapporti con la Commissione europea , ai sensi dell’art. 6, paragrafo 4, della direttiva 92/43/CE, sono tenuti direttamente dal Presidente della Provincia, che provvede ad informare anche il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio», in quanto contrastante con l’art. 1, c. 5 della L. n. 349/1986, pienamente ribadito dall’art. 5 della legge 5 giugno 2003, n. 131, che attribuisce al Ministro dell’ambiente il compito di rappresentare l’Italia presso gli organismi della Comunità Europea in materia di ambiente e di patrimonio culturale.

* Segnalazione giurisprudenziale dell’unità di ricerca costituita presso il Centro di ricerca sulle amministazioni pubbliche “Vittorio Bachelet” nell’ambito dell’incarico affidato dal FORMEZ per la realizzazione di un Osservatorio giurisprudenziale in materia di diritto ambientale

a cura di Maria Cantarini