Corte costituzionale, 7 novembre 2007, n. 367
Giudizio di legittimità costituzionale in via principale sollevato dalle Regioni Toscana, Calabria e Piemonte avverso lo Stato
Norme impugnate e parametri di riferimento:
Sono impugnati diversi articoli del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157, recante disposizioni correttive ed integrative al Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) per motivi differenziati, ma tutti riconducibili alla prospettata lesione delle competenze regionali in materia di valorizzazione dei beni ambientali, di governo del territorio, nonché alla violazione del principio di leale collaborazione. Le censure evocano a parametri gli art. 76 (per eccesso di delega), 114, 117, 118, 119 e 120 Cost.
Argomentazioni della Corte:
La Corte si sofferma preliminarmente ad analizzare il concetto di paesaggio, inteso nel senso di morfologia del territorio e di ambente nel suo aspetto visivo, ribadendo che esso corrisponde ad un valore costituzionale, di carattere primario ed anche assoluto.
Tra i diversi interessi pubblici gravanti sul territorio, la tutela ambientale e paesaggistica, in quanto bene complesso ed unitario rientrante nelle competenze esclusive statali, precede e costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici gravanti sul territorio ed assegnati alla competenza concorrente regionale (il governo del territorio; la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali).
Sulla base di tale assunto generale, passando ad analizzare nel merito le censure delle ricorrenti, la Corte stabilisce che non spetta alle Regioni (neanche d’intesa) – bensì allo Stato – procedere a definire le specifiche modalità della tutela dei beni paesaggistici, rientrando nelle competenze regionali solo l’individuazione dei beni e la loro collocazione nei piani territoriali o paesaggistici; per questa ragione, la legislazione statale ha affidato alle Regioni il compito di redigere i piani paesaggistici (piani territoriali aventi valenza di tutela ambientale), vincolandoli all’osservanza delle norme di tutela paesaggistica poste dallo Stato.
Ne consegue la legittimità delle disposizioni statali che, ai fini della redazione dei nuovi piani paesaggistici o della modifica di quelli preesistenti, fanno rivivere vincoli paesaggistici antecedenti alla riforma del Titolo V della Costituzione. Analogamente, assolutamente legittima appare la previsione di un potere di annullamento dell’amministrazione statale (attraverso le Sovrintendenze) sulle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate dalle competenti amministrazioni, in quanto tale potere è finalizzato ad un controllo di mera legittimità che può riguardare tutti i possibili vizi, incluso l’eccesso di potere.
Decisione della Corte:
La Corte costituzionale giudica in parte inammissibili e in parte infondate le censure sollevate dalle ricorrenti.
Giurisprudenza richiamata:
– sui criteri di impugnazione dei decreti legislativi correttivi ed integrativi: Corte costituzionale, sent. n. 206 del 2001;
– sul paesaggio come valore costituzionale primario: Corte costituzionale, sent. n. 151 del 1986, sentt. n. 182 e 183 del 2006;
– sul paesaggio come valore costituzionale assoluto: Corte costituzionale, sent. n. 641 del 1987.