Contratti integrativi e flessibilità regolativa nel lavoro pubblico riformato – Resoconto convegno

12.10.2007

Roma 8 ottobre 2007

Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione
Aula Magna “Giovanni Marongiu”

L’8 ottobre 2007, si è tenuto, a Roma, presso la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, il convegno su “Contratti integrativi e flessibilità regolativa nel lavoro pubblico riformato” organizzato in occasione della presentazione della pubblicazione della ricerca curata da Lauralba Bellardi, Umberto Carabelli ed Antonio Viscomi.

Saluto:

· Valeria Termini – Direttrice della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione;

Presentazione:

· Umberto Carabelli – Docente di Mercato del lavoro e relazioni sindacali alla SSPA e Professore di Diritto del lavoro Università degli studi di Bari.

Relazioni:

· Lorenzo Bordogna – Professore di Sociologia dei processi economici e del lavoro nell’Università degli studi di Milano;
· Renato Ruffini – Professore di Economia Aziendale Università “Carlo Cattaneo” di Castellana;
· Lorenzo Zoppoli – Professore di Diritto del Lavoro nell’Università degli studi Federico II di Napoli.

Tavola rotonda – La contrattazione integrativa nella nuova tornata: quali prospettive?

Coordina:

· Antonio Viscomi – Professore di Diritto del Lavoro Università degli studi “Magna Grecia” di Catanzaro.

Partecipano:

· Enrico Matteo Ponti– Segretario Nazionale UIL-PA;
· Massimo Massella Ducci Teri – Presidente ARAN;
· Antonio Naddeo – Capo Dipartimento della Funzione Pubblica;
· Rino Tarelli – Segretario Generale CISL-FPS;
· Carlo Podda – Segretario Generale FP –CGIL.

Il metodo della ricerca (Carabelli):

La ricerca è stata effettuata tenendo presenti tre chiavi di lettura: quella economica, quella delle relazioni industriali e quella giuridica. I comparti di contrattazione analizzati sono stati: a) Regioni ed Autonomie locali; b) Ministeri ; c) Università; comparti che presentano proprie caratteristiche funzionali

La ricerca ha verificato se la contrattazione integrativa si è adeguatamente sviluppata nei tre comparti oggetto d’analisi e se i contratti integrativi hanno rispettato il sistema delineato dal CCNL o si sono occupati di materie che non erano di loro competenza. L’indagine ha analizzato anche come si sono sviluppati gli istituti della partecipazione (informazione, consultazione e concertazione), ognuno dei quali ha una intensità di coinvolgimento differenziata del sindacato.

Per poter ragionare su queste tematiche, è stato prioritariamente necessario verificare quali erano le clausole di rinvio di ciascun CCNL di Comparto, classificarle e verificarne l’attuazione nella contrattazione integrativa in relazione alle materie e agli istituti della partecipazione.
L’aspetto più difficile della ricerca è stato certamente il reperimento dei contratti integrativi; in particolare, con riferimento:
– al Comparto Ministeri non è stato possibile recuperare un numero congruo di contratti integrativi di 2° livello, tanto da poter costituire un campione valutabile;
– al Comparto Università si è avuta una disponibilità quasi integrale dei contratti integrativi grazie alla collaborazione dei Rettori;
– al Comparto Regioni ed Autonomie locali, l’analisi ha avuto ad oggetto un elevato numero di contratti integrativi relativi al quadriennio 1998-2001 (l’indagine si è accavallata anche l’analisi della riforma costituzionale del 2001).

Le relazioni e la successiva tavola rotonda hanno fatto emergere innanzitutto l’importanza di effettuare questa tipologia di ricerche, in quanto le eventuali e successive riforme si devono basare sui dati emersi da queste analisi (Bordogna). E’ stato però sottolineato un limite della ricerca in questione laddove la tornata contrattuale analizzata è quella del 1998 –2001, mentre sarebbe stato interessante verificare cosa sia successo nella tornata contrattuale 2002-2005 (Bordogna). Si è però ricordato che quando si analizza la contrattazione del lavoro pubblico non può non tenersi conto delle “fasi” in cui si colloca la contrattazione stessa e che, in tempi recenti, c’è stata una paralisi della contrattazione nazionale (Zoppoli).

Volendo schematizzare le diverse tornate contrattuali, che si sono susseguite dell’inizio della riforma del lavoro pubblico, è possibile affermare che la prima tornata contrattuale aveva una conformazione funzionale molto simile alla legge, con pochi spazi per la contrattazione integrativa (Zoppoli, Bordogna). Nei fatti, dunque, la seconda tornata contrattuale (1998-2001) è la prima ipotesi di vera contrattazione (Zoppoli) ed ha dato un maggiore spazio alla contrattazione integrativa (Bordogna).

Oggi ci si chiede se il sistema contrattuale, attualmente in vigore, sia pienamente coerente e se la flessibilità dell’impianto si riflette sull’efficienza e sull’efficacia dei risultati. Si può riscontrare che la flessibilità regolativa non è di per sé indice di flessibilità organizzativa; occorre, infatti, verificare in concreto come opera la contrattazione integrativa ed in certi casi la flessibilità regolativa ha prodotto un irrigidimento dell’organizzazione, con una ulteriore iper-regolazione dell’amministrazione (Bordogna, Carabelli); sicchè si è ottenuta una rinnovata centralizzazione del sistema contrattuale (Viscomi).
In particolare:
– con riferimento alla “flessibilità regolativi” è stato osservato che i contratti integrativi sono contratti a “libertà vigilata”; si prevede in fatti la nullità delle clausole difformi (rispetto al CCNL). A livello centrale si riscontra una tendenza del legislatore, ed in parte dei negoziatori, ad interpretare i CCNL come strumento di indirizzo politico e di controllo. Esiste inoltre un vizio “manualistico” nel definire gli istituti. Di fronte a queste tipologie di regolazione dei CCNL, le amministrazioni hanno cercato tutti gli spazi possibili per perseguire i loro interessi. Si è constatato che in comparti con una maggiore autonomia dal punto di vista costituzionale, (si pensi ad es. al Comparto Regioni ed Autonomie locali), hanno scritto una serie di clausole nulle (Ruffini);
– con riferimento alla “flessibilità gestionale”, è stato osservato che il CCNL è il perno del sistema, il problema è capire come raggiungere la flessibilità a livello organizzativo e gestionale (Ruffini).

La contrattazione integrativa ha avuto molti problemi applicativi, si veda il problema legato al “cattivo utilizzo” delle progressioni orizzontali e dei premi di produttività (Bordogna). Non per questo occorre demonizzarla. La vera scommessa della Riforma è proprio la contrattazione integrativa, far arrivare il meccanismo sin dentro le amministrazioni (nella consapevolezza che la contrattazione non può non debordare, perché ha una dimensione dinamica ed è incompatibile con le regole formali) (Zoppoli). Per il futuro si deve scommettere nella capacità degli enti di riuscire a gestire il personale in modo efficiente, efficace ed economico. Alcuni vincoli vanno ripensati, occorre essere rigidi sui budget, spesa e qualità dei servizi (Zoppoli), perché il contratto non può essere la sola leva del cambiamento (Ruffini). Forse però occorre anche ragionare sulla possibilità di prevedere forme di “aggregazione” per il secondo livello di contrattazione (Viscomi), perché potrebbe anche essere un modo per “spendere meglio” (Viscomi).

La riforma del lavoro pubblico si giocherà inoltre sulla riforma della dirigenza. E’ necessario che il dirigente agisca realmente con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro (art. 5, comma 2, d.lgs. n. 165/01) (Zoppoli, Bordogna, Ruffini). Attualmente, infatti, manca, specialmente a livello locale, la capacità della dirigenza di contrattare, manca la contrapposizione degli interessi dell’amministrazione (Naddeo). Tale carenza è stata sottolineata dal Memorandum del lavoro pubblico (Massella), ed è essenziale capire che un buon contratto nasce dal confronto di due parti forti (Naddeo).

Oggi non è più certo solo un problema di tipo regolativo, occorre far funzionare le norme in un circuito virtuoso tra politica, dirigenza e parte sindacale (Zoppoli). Un punto di riferimento è certamente il Memorandum, che è frutto di un grande sforzo per risolvere i problemi del pubblico impiego, e che deve essere tenuto in grande considerazione, anche perché poggia sul concetto di responsabilità (Tarelli). Certamente occorrerà lavorare per migliorare alcuni istituti esistenti intervenendo:

– sugli attuali sistemi di valutazione, da cui oggi emerge che la maggior parte dei dirigenti raggiunge tutti i risultati ottenendo la retribuzione di risultato (Naddeo); ed in quest’ottica, a monte, occorrerà dare alla dirigenza degli obiettivi reali (Tarelli);
– sull’autonomia della dirigenza, anche nella gestione del personale, ed occorrerà inserire degli elementi che non la facciano dipendere dal potere politico (Zoppoli), si propende dunque per superamento dello spoils system (Podda, Ponti);
– su alcuni istituti contrattuali (si vedano le progressioni di carriera) al fine di garantirne un corretto utilizzo (Podda). Sul punto non è mancato chi ha provocatoriamente proposto di tornare agli scatti di anzianità per i livelli più bassi ed impegnarsi per assicurare una reale selezione per le fasce alte (Bordogna).

Si ritiene inoltre importante tenere in considerazione la percezione dell’efficienza dei servizi che hanno i cittadini (Podda) (si è ricordato a tal proposito l’art. 101 del codice del consumo afferma che occorre garantire la qualità dei servizi, con la collaborazione dei cittadini (Zoppoli) ed in tal senso si muove anche il Memorandum sul lavoro pubblico.


Daniela Bolognino