Il silenzio della Corte sulla responsabilità del Presidente della Repubblica ex art. 90 Cost.: il caso Cossiga

17.07.2007

Corte costituzionale, 17 luglio 2007 n. 290

Tipo di giudizio:
Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal senatore Francesco Cossiga in qualità ex Presidente della Repubblica avverso la Corte di appello di Roma

Oggetto del giudizio:
Il senatore Francesco Cossiga ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in relazione alla sentenza della Corte di appello di Roma del 23 settembre 2004, n. 4024, pronunciata in seguito alla cassazione con rinvio di una precedente sentenza della stessa Corte di appello, nell’ambito di un giudizio civile di risarcimento del danno in relazione a dichiarazioni (ritenute diffamatorie) pronunciate dall’allora Presidente della Repubblica Cossiga.
La sentenza della Corte d’appello oggetto del conflitto sancisce la responsabilità del sen. Cossiga per le dichiarazioni rese il 15 marzo 1991 nei confronti del senatore Pierluigi Onorato, nel presupposto che egli abbia agito al di fuori delle funzioni presidenziali, sia tipiche che atipiche (ovvero connesse al potere di esternazione).
Secondo il ricorrente, la sentenza impugnata farebbe propria un’interpretazione dell’articolo 90 Cost. sulla responsabilità del Presidente della Repubblica contrastante con i principi sanciti dalla Corte di cassazione in sede di annullamento con rinvio.

Argomentazioni della Corte:
Secondo la Corte costituzionale, il ricorrente obietterebbe alla decisione della Corte di appello impugnata non tanto la menomazione della guarentigia presidenziale (pure in astratto configurabile) di cui all’art. 90 Cost,, bensì il mancato rispetto dei principi di diritto stabiliti dalla Corte di cassazione in sede di rinvio. In sostanza, oggetto del ricorso sarebbe l’errore di giudizio in cui sarebbe incorsa la Corte di appello.
Secondo giurisprudenza costante della Corte costituzionale, tuttavia, i conflitti intersoggettivi aventi ad oggetto atti di natura giurisdizionale non possono risolversi in mezzi impropri di censura del modo di esercizio della funzione giurisdizionale, bensì devono limitarsi a verificare che non si sia determinata una illegittima menomazione delle attribuzioni costituzionali di un altro potere.
Nel caso di specie, in particolare, non spetta alla Corte costituzionale sostituirsi al giudice di legittimità nel controllo della corretta applicazione dei principi di diritto enunciati dallo stesso giudice.

Decisione della Corte:
La Corte costituzionale giudica il ricorso inammissibile.

Giurisprudenza richiamata:
– Sui rimedi consueti riconosciuti dagli ordinamenti processuali delle diverse giurisdizioni attivabili avverso gli “errori in iudicando”: Corte costituzionale, sentt. nn. 2, 150, 222 e 223 del 2007 e n. 27 del 1999;
Sulla possibilità di sollevare un conflitto di attribuzione nei casi in cui il cattivo esercizio della funzione giurisdizionale determini una illegittima menomazione delle attribuzioni costituzionali di un altro potere: Corte costituzionale, sent. n. 154 del 2004.

a cura di Elena Griglio