Sardegna, Sezione I, 8 giugno 2007 n. 1209. Sui presupposti e limiti dell’attività extraterritoriale svolta dalle società miste.

08.06.2007

La giurisprudenza prevalente esclude l’esistenza di un assoluto divieto per le società miste di partecipare a gare pubbliche bandite da soggetti diversi da quelli cui esse fanno riferimento (Consiglio di Stato Sezione V, 27 settembre 2004, n. 725; 9 maggio 2003, n. 2467; 25 giugno 2002 n. 3448; 3 settembre 2001, n. 4586).
Tuttavia, pur essendo pacifica l’insussistenza di un tale divieto assoluto per le società pubbliche di partecipare ad una gara, occorre, in concreto, l’effettuazione di «una previa verifica circa l’esistenza delle condizioni per la sua partecipazione». Ad avviso del Collegio, infatti, «la circostanza che il modulo organizzativo prescelto sia costituito da quello di una società di capitali o di una società a responsabilità limitata, pur comportando in capo a tale soggetto la qualità di imprenditore, che gli consente quindi di partecipare anche a procedimenti di aggiudicazione di appalti banditi da diverse amministrazioni, non fa comunque venir meno il rapporto che esiste con l’ente o gli enti  pubblici che hanno (anche indirettamente) partecipato alla sua formazione ed hanno versato il capitale sociale.
Pertanto, l’attività extraterritoriale svolta dalle società miste non è del tutto libera ma – in funzione del vincolo teleologico connesso al soddisfacimento dei bisogni della collettività locale cui fa riferimento – è subordinata alla dimostrazione che attraverso tale attività venga soddisfatta una specifica esigenza della medesima collettività (che non si traduca in un mero ritorno economico) e soprattutto sia esclusa una incompatibilità con gli interessi di tale collettività, determinata da una possibile distrazione di risorse e mezzi in grado di arrecare un pregiudizio allo svolgimento del servizio pubblico locale (Consiglio di Stato, sezione quinta, 30 maggio 2005 numero 2756; 3 settembre 2001 numero 4586; sez. sesta, 7 settembre 2004 numero 5843).
La stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato sezione quinta, n. 5196/2005), pur ammettendo una maggiore flessibilità rispetto alle aziende speciali nella valutazione del vincolo funzionale delle società miste, precisa che anche per le società miste «rimane, peraltro, ferma l’esigenza che detta attività non incida negativamente sulla gestione del servizio affidato dal Comune o Comuni interessati».
La verifica di compatibilità dell’attività oggetto della gara con le esigenze e gli interessi dell’ente pubblico di riferimento non può evidentemente essere attribuita allo stesso soggetto che intende partecipare alla gara ma diviene un presupposto (soggettivo) di ammissibilità alla gara stessa, la cui valutazione non può non essere riservata alla commissione deputata a valutare l’esistenza dei requisiti per la partecipazione alla gara (si vedano, tra le più recenti, CGARS 21 marzo 2007 numero 197; Tar Lecce sezione prima, 23 giugno 2006, numero 3533).
Deve quindi ritenersi illegittima l’ammissione alla gara di una società mista nell’ipotesi in cui non risulti che «la commissione giudicatrice le abbia chiesto i chiarimenti necessari ad evidenziare la compatibilità dell’impegno connesso alla gestione del nuovo servizio con il vincolo funzionale nei confronti degli enti pubblici di riferimento e, comunque, la stessa [società] non [abbia] fornito alcun elemento che consentisse di superare tale mancanza».
a cura di Luigi Alla


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