Società multiculturale e Stato democratico – Resoconto convegno

05.06.2007

Paestum, 18-19 maggio 2007

Il tema del multiculturalismo attraverso le forme di riconoscimento e tutela adottate da diversi ordinamenti statali, secondo un approccio di diritto comparato, ha rappresentato l’oggetto del convegno Società multiculturale e Stato democratico, tenutosi a Paestum il 18-19 maggio 2007. L’incontro, che si è tenuto in occasione della riunione annuale dei membri dell’Associazione Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, è stato organizzato dalla medesima insieme alla Fondazione Giambattista Vico, alla Seconda Università degli Studi di Napoli – Facoltà di Studi Politici per l’Alta Formazione Europea e Mediterranea “Jean Monnet”, al Consorzio Universitario Cilento Vallo di Diano, ed ha ricevuto il patrocinio della Presidenza della Repubblica, del Ministero della Solidarietà Sociale e dell’Assessorato alle Politiche Regionali Regione Campania.
Lo studio del multiculturalismo “dalla tutela delle minoranze al riconoscimento delle diversità culturali”, come recita il sottotitolo dell’incontro, è stato scandito da tre momenti di approfondimento ed una tavola rotonda finale, tenutisi in due diverse location: le prime due sessioni all’interno dello splendido scenario del Museo del Complesso monumentale di Sant’Antonio di Capaccio, la terza sessione e la tavola rotonda presso Villa Salati, all’interno dell’Area Archeologica di Paestum.
La prima sessione, presieduta dal prof. Giuseppe Franco Ferrari (Università Bocconi Milano) ha trattato il tema degli ordinamenti “geneticamente” multiculturali, intendendo evidenziare l’essenzialità del multiculturalismo negli Stati Federali, quali ad esempio il Canada, l’India, gli USA ed il Sudafrica. La seconda e la terza sessione, presiedute rispettivamente dal prof. Giuseppe de Vergottini (Alma Mater Studiorum Università di Bologna) e dal prof. Alfonso Di Giovine (Università degli Studi di Torino), hanno approfondito il tema del multiculturalismo mediante un’analisi delle “nuove” e “vecchie” minoranze in Europa, siano esse ricompresse in Stati Unitari, Regionali e Federali. La discussione della tavola rotonda conclusiva, presieduta dal prof. Luigi Volpe (Università degli Studi di Bari), ha affrontato più in generale la definizione del concetto di cittadinanza e la configurazione dei diritti nella società multiculturale.
Entrando nel dettaglio dei lavori, che avevano l’obiettivo di esaminare con attenzione diversi ordinamenti, alla luce della tutela e del perseguimento di una società aperta e multiculturale (fornendo contestualmente gli elementi di comparazione più rilevanti), è possibile evidenziare sinteticamente i concetti più rappresentativi espressi dagli illustri relatori.
La prima sessione, che come si è detto, intendeva analizzare alcuni ordinamenti considerati essenzialmente multiculturali per ragioni storiche o, appunto, culturali, è stata avviata dalla prof.ssa Tania Groppi (Università degli Studi di Siena), che ha commentato il modello canadese, focalizzandosi principalmente su due questioni: la negazione di un genetico multiculturalismo in Canada; e la disciplina costituzionale della multiculturalità, anche alla luce di alcune pronunce della Corte suprema. Riguardo al primo tema la prof.ssa Groppi ha evidenziato con forza il carattere volontario del multiculturalismo canadese, che è frutto di una vera e propria scelta politica.
Il prof. Domenico Amirante (Seconda Università degli Studi di Napoli) ha analizzato l’ordinamento indiano, sistema complesso e solitamente poco studiato. Il multiculturalismo in India è declinato in un’ottica di alterità e le forme di tutela delle minoranze – in particolare delle classi svantaggiate – sono spesso affidate ad azioni positive, quali, ad esempio, le riserve di seggi in Parlamento o le quote riservate in ambito universitario. Dopo aver esposto la tripartizione delle cd. classi svantaggiate in “comunità tribali”, “caste svantaggiate” e “altre classi svantaggiate”, che si fonda su criteri economici, il prof. Amirante ha poi sottolineato come il modello indiano possa essere considerato parametro di comparazione e punto di riferimento, in virtù della sua totale assenza di “complessi” nei confronti dell’Occidente.
Il prof. Guerino D’Ignazio (Università della Calabria) ha analizzato gli Stati Uniti d’America, facendo risaltare come il concetto di identità americana non sia connesso alla nascita ma ad un ideologic commitment, che ha portato nei secoli moltissime persone a credere nell’american dream.
Inoltre si è discusso inevitabilmente delle ripercussioni che l’11 settembre ha avuto sul multiculturalismo (in particolare sul concetto di “nemico esterno”), delle principali sentenze della Corte suprema in materia e dell’inarrestabile espansione della minoranza ispanica.
L’ordinamento sudafricano è stato analizzato dal prof. Romano Orrù (Università degli Studi di Teramo), il quale ha subito rilevato come il genetico multiculturalismo del Sudafrica si desuma anche da espressioni correnti che lo definiscono “nazione arcobaleno” o “il mondo in una nazione”. Il prof. Orrù ha suddiviso la sua disamina lungo tre binari, legati ad inestricabili profili del multiculturalismo, che è insieme indicatore della diversità culturale esistente nella società, ideologia ed indirizzo di politica pubblica.
La seconda sessione, che aveva lo scopo di esaminare il multiculturalismo all’interno dei singoli Stati europei, si è aperta con l’intervento del prof. Roberto Toniatti (Università degli Studi di Trento), che ha illustrato l’ordinamento giuridico dell’Unione Europea, evidenziando come la multistatualità assorba la multiculturalità e come la cultura rappresenti una concezione differenziata dei diritti fondamentali.
Il prof. Roberto Scarciglia (Università degli Studi di Trieste), parlando dell’ordinamento spagnolo, ha messo in luce il significato che la dottrina spagnola dà al multiculturalismo, intendendolo come compresenza all’interno di un medesimo spazio di singolarità culturali, religiose e linguistiche. Inoltre, il prof. Scarmiglia ha sinteticamente introdotto i limiti della Costituzione ed i principali interventi del Tribunal Constitucional.
L’esperienza tedesca è stata esaminata dalla prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni (Università degli Studi di Firenze), che approfondito il concetto di “tolleranza distaccata”, in ragione del quale in Germania si tende a parlare di stranieri e non di immigrati. Legando la sua riflessione al tema della cittadinanza, la prof.ssa Cerrina Feroni ha introdotto l’idea di “integrazione condizionata” ed ha motivato le ragioni per cui non accoglie con favore una “cittadinanza gratuita”.
La prof.ssa Susanna Mancini (Alma Mater Studiorum Università di Bologna) si è occupata della Francia, sottolineando il carattere non monolitico delle identità e la loro perenne evoluzione e, più nello specifico, la pesante incidenza della “laicità militante” nel dibattito francese.
La Russia è stata analizzata dalla prof.ssa Caterina Filippini (Università degli Studi di Milano), che ha spiegato sia il progetto di russificazione e di annullamento delle minoranze voluto da Stalin, che la politica di lotta alle diverse etnie, portata avanti da Putin con l’imposizione del primato del cirillico come unica lingua.
La prof.ssa Angela Di Gregorio (Università degli Studi di Milano) ha illustrato, al termine della prima giornata, la situazione ungherese, facendo emergere la soluzione istituzionale dell’“autonomia personale” ed il peculiare istituto del commissario parlamentare per la difesa delle minoranze.
I lavori della seconda giornata di studio sono ripresi con l’intervento del prof. Alessandro Torre (Università degli Studi di Bari), che si è occupato della crisi della società multiculturale britannica, evidenziando come il sistema risulti fondato su un coordinamento di ordinamenti, e la cittadinanza sia connessa al principio della “lealtà alla corona”, ossia sul primato del suddito rispetto al cittadino. Il prof. Torre ha poi rilevato come l’impulso verso un rinnovato multiculturalismo, testimoniato dall’istituzione nel 2000 di una Commissione ad hoc, sia stato bloccato dai tragici eventi dell’11 settembre, che hanno causato un pesante irrigidimento della tutela di determinati diritti fondamentali.
La relazione della prof.ssa Elisabetta Palici Di Suni (Università degli Studi di Torino) ha esaminato il tema delle lingue deboli e minoranze forti in Irlanda e nelle Repubbliche baltiche. Per quanto concerne l’ordinamento irlandese, si è rilevata la progressiva affermazione di forme di tutela della lingua ufficiale miranti a contrastare lo strapotere della lingua inglese; una situazione analoga è presente nelle Repubbliche baltiche, dove i diritti delle minoranze risultano residuali e sussistono nella misura in cui rafforzano la lingua ufficiale.
La prof.ssa Laura Montanari (Università degli Studi di Udine) ha illustrato, poi, il complesso scenario dei Balcani occidentali, facendo emergere che, sebbene nei testi costituzionali e, specialmente all’interno dei loro preamboli, si riscontri l’affermazione delle identità nazionali, stanno progressivamente aumentando i diritti e le garanzie per le minoranze, come nella Costituzione serba del 2006.
Alla tavola rotonda, che concludeva i lavori del convegno, hanno partecipato il prof. Lucio Pegoraro (Alma Mater Studiorum Università di Bologna), il prof. Tullio Scovazzi (Università degli Studi di Milano), il prof. Richard W. Bauman (Università dell’Alberta), il prof. Tommaso E. Frosini (Università degli Studi di Sassari); la prof.ssa Maria C. Ercolessi (Università degli Studi di Napoli l’Orientale). I principali spunti di riflessione emersi in questo importante momento di confronto hanno riguardato: l’assenza del tema della globalizzazione all’interno dei lavori; la necessità di una supplenza di altre scienze, come l’economia, nei confronti del diritto, per la definizione e l’implementazione dei concetti di base del multiculturalismo; la Convenzione dell’Unesco sulla diversità culturale (2005) e le differenti forme di integrazione.

Natalia Gusmerotti e Davide Ragone